Moresnet, storia di un pezzo di terra conteso in Europa per più di un secolo

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Filippo Maria Battaglia

IL LIBRO DELLA SETTIMANA Per un errore di calcolo durante il Congresso di Vienna una minuscola e ricca striscia di terreno non venne assegnata ad alcun Paese, trasformando la vita di migliaia di persone. Ora un saggio ne rievoca la storia

E' vero, "terra di nessuno" è una delle espressioni più abusate nel cicaleccio cronachistico nostrano. Ma nel caso del Moresnet, un lembo di terra venti volte più piccolo della nostra Repubblica di San Marino, risulta piuttosto azzeccata.

Moresnet (meglio: il Moresnet neutrale) è infatti una piccola zolla dell’Europa continentale vicino alla città di Aquisgrana che nel 1815 finisce nel limbo geografico per un pasticcio diplomatico durante le riunioni che ridisegnano i confini europei al Congresso di Vienna. A contendersela sono la Prussia e i Paesi Bassi che però non trovano un accordo. Anche perché, a complicare le cose, ci pensa un inventore  di un brevetto (Jean-Jacques Daniel Dony), che trasforma quelle zolle in una fruttuosa miniera di zinco.

È da quel brevetto – e soprattutto da quel pasticcio diplomatico – che Philip Dröge parte per raccontare l’incredibile storia di un piccolo terreno in balia delle grandi potenze europee e ora al centro di un saggio intitolato appunto “Terra di nessuno” (Keller editore, trad. A. Costa, pp. 284, euro 17,50).

Un errore della storia

L’atto di nascita di questo “meraviglioso errore della storia” è il 26 giugno 1816 quando gli emissari e i tecnici di Paesi Bassi e Prussia, dopo aver garbatamente dissentito sui confini (confusi) decisi a Vienna, scelgono l’unica strada possibile quando non si ha voglia né di cedere né di guerreggiare: decidono di non decidere, rinviando tutto al giudizio di una commissione che non si nominerà mai. Il Moresnet diventa neutrale.  È poco prima di questa data che inizia l’incredibile storia raccontata da Dröge. Incredibile – vale la pena dirlo subito – perché è in grado di incrociare alcuni dei protagonisti dell’Europa del XIX secolo con la vita quotidiana dei suo abitanti.

 

C’è Napoleone sconfitto a Waterloo, d’accordo, ma c’è anche Guglielmo I, il re mercante che in quei mesi si insedia sul trono del Regno unito dei Paesi Bassi. Ci sono le grandi dinastie imprenditoriali fiamminghe (a cominciare dai Mosselman) e i più astuti emissari e diplomatici su piazza (come Cristoph von Gagern). Ma ciò che rende davvero godibile il racconto di Dröge è la vita quotidiana descritta a Moresnet con le sue incredibili (e surreali) conseguenze. Come l’intuizione di Jean, il panettiere che si trasferisce dopo che la città diventa un porto franco per l’assenza di tasse sugli alimenti, per esempio; o come i dilemmi del sindaco, costretto a spiegare perché non può sposare due fidanzati nati a una distanza di una manciata di chilometri;  o, ancora, come il contrabbando e le dispute legali su quali norme applicare che portano gli amministratori a riesumare i vecchi codici napoleonici.

La fine della contesa

Moresnet come terra di nessuno resiste fino alla prima guerra mondiale, quando con il trattato di Versailles finisce dentro i confini belgi. E per quanto Dröge, con grande zelo, nelle ultime pagine si affretti a spiegare che “Moresnet non è di certo l’unico pezzo di terra che non appartiene a nessuno Stato”, la rievocazione di questa vicenda consegna al lettore un ritratto incredibilmente documentato e godibile e, insieme, la prova di quanto possa essere illuminante la cosiddetta storia minore.

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