Disastro Bhopal, 40 anni fa in India l'incidente industriale che causò migliaia di morti
MondoNella notte tra il 2 e il 3 dicembre 1984, 42 tonnellate di isocianato di metile - una sostanza tossica utile per produrre pesticidi - fuoriuscirono dallo stabilimento industriale dell’americana Union Carbide Corporation, causando la morte di oltre 3.700 persone (accertate) e danni permanenti al territorio, ancora oggi non bonificato. L’amministratore delegato dell’azienda, Warren Anderson, è stato condannato a 10 anni di prigione in contumacia per il disastro
Tra il 2 e il 3 dicembre 1984 in India si verificò uno dei peggiori disastri industriali della storia. Durante quella notte di 40 anni fa, più di 42 tonnellate di una sostanza tossica fuoriuscirono dallo stabilimento industriale dell’americana Union Carbide Corporation (UCC) a Bhopal, città del Madhya Pradesh, Stato centrale a sud della pianura del Gange. I danni furono enormi: la nube uccise in poco tempo 2.259 persone e ne avvelenò decine di migliaia. Solo in seguito il governo del Madhya Pradesh stimò in 3.787 morti il bilancio delle vittime accertate, anche se la cifra fu probabilmente molto più alta.
La UCC e il governo
Isocianato di metile. Questo è il nome della sostanza che si riversò su un'area di 40 chilometri quadrati intorno alla fabbrica: utile per i pesticidi, l'isocianato di metile veniva prodotto in loco dalla UCC, che si era stabilita nel Paese asiatico grazie alle condizioni vantaggiose promesse dal governo di Nuova Delhi agli investitori e alle compagnie estere per la costruzione di impianti nel suo territorio. A causare il disastro fu anche lo stato di incuria dello stabilimento, causato da un progressivo disimpegno dell’azienda su cui lo Stato indiano, azionista al 22% della società che controllava l’impianto, preferì non calcare la mano sperando di vedere parte della produzione ancora nel Paese.
I ritardi
Alle 23 circa del 2 dicembre, un supervisore scoprì per primo una fuga di gas metil-isocianato, un gas irritante usato come reagente del pesticida, ma decise di non intervenire, preferendo rimandare l’intervento a dopo la mezzanotte. Una riparazione che però non arriverà: infatti dopo pochi minuti, anche a causa del mancato funzionamento delle misure di sicurezza, la popolazione iniziò ad avvertire i primi sintomi. L’allarme vero e proprio scattò soltanto all’1:00 del 3 dicembre, senza però che le autorità diffondessero la direzione del vento: la nube tossica, in grado di colpire gli occhi, la pelle e le vie respiratorie, si diffuse rapidamente in direzione sud-est, verso i quartieri più poveri di Bhopal, e colpì anche coloro che cercavano di fuggire a piedi. Persino chi venne soccorso e portato in ospedale non ricevette subito le cure: dalla fabbrica non arrivarono subito indicazioni precise sulla tipologia e la pericolosità della nube tossica, ritardando così la somministrazione di antidoti utili.
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I processi
Le responsabilità della UCC erano chiare ed evidenti ma l’azienda ha sempre evitato di prendersi le responsabilità. Alle poche migliaia di vittime e persone colpite riconosciute, circa 5mila (una stima che non tenne conto delle successive, stimabili da diverse associazioni in circa 20mila) il governo indiano diede appena 25mila rupie, circa 2.200 euro. Prima di essere assorbita nel 2001 dalla Dow Chemical, la Union Carbide ha pagato 470 milioni di dollari al governo indiano come risarcimento, a fronte di una richiesta iniziale di 3 miliardi. I processi portarono alla condanna a due anni di carcere per otto ex dirigenti dell'impianto e a una condanna a dieci anni per l’allora amministratore delegato della UCC, Warren Anderson. Giudicato colpevole in contumacia, non è mai stato estradato in India dagli Stati Uniti e non ha trascorso un singolo giorno di carcere fino alla sua morte, avvenuta nel 2014.
I danni oggi
Ancora oggi il sito di Bhopal è inquinato. Come hanno svelato diverse inchieste giornalistiche, come ad esempio quelle del Guardian e della BBC, le acque vicine al sito contengono livelli tossici di solventi clorurati, motivo per cui i bambini nascono spesso deformi e gravemente malati. Vicino alle case si notano ancora fanghi tossici non depurati. Il sito non è mai stato completamente bonificato a causa del rimpallo di responsabilità: il governo del Madhya Pradesh sostiene di non avere i mezzi per la pulizia e chiede aiuto al governo federale, che a sua volta però vorrebbe 1,2 miliardi di dollari dalla Dow Chemical. Secondo Amnesty International, l’area intorno al sito è definibile come "area di sacrificio", caratterizzata da danni catastrofici e permanenti alla salute di comunità marginalizzate causati dall’inquinamento prodotto dalle imprese. Nel suo rapporto, titolato Bhopal, 40 anni d’ingiustizia, l’organizzazione suggerisce alla Dow di risarcire in modo adeguato le vittime e al governo Usa, che ha più volte cercato di nascondere le responsabilità dei suoi cittadini impegnati nell’azienda, di cooperare in tutti i procedimenti giudiziari. Inoltre, sottolinea Amnesty, il governo federale indiano e quello del Madhya Pradesh dovrebbero impegnarsi a fornire acqua pulita alle comunità colpite, facilitare la distribuzione rapida, equa e trasparente di tutti i risarcimenti che sono ancora nelle casse del governo e compensare di ciò cui hanno diritto le persone che stanno ancora soffrendo, o cui è stato erroneamente negato un indennizzo.