Congo, Ruanda e la pace che non c’è

Lo scorso settembre, all'Assemblea generale dell'ONU, il presidente americano Donald Trump ha rivendicato di aver posto fine, in pochi mesi, a ben otto guerre. Se fosse stato vero, sarebbe stato un risultato straordinario, meritevole - probabilmente - del Nobel per la pace cui il presidente tanto aspira. Il problema però è che, come dimostra anche la questione di Gaza, il presidente Trump tende a considerare come pace vera, solida e duratura anche i fragili e provvisori cessate il fuoco estorti alle parti in causa d’imperio, e senza affrontare le cause profonde del conflitto. Quello successo nelle ultime settimane tra Thailandia e Cambogia lo dimostra. E lo stesso le notizie che stanno arrivando da Congo e Ruanda, che confermano quanto fragile fosse la tregua stipulata a giugno. "I leader del Congo e del Ruanda - scrive la rivista The Economist - hanno firmato un accordo di pace concordato a giugno, che obbliga il Ruanda a interrompere il supporto al gruppo di miliziani M23 e a ritirare le sue truppe dal Congo orientale. Il Congo dovrebbe annientare le Forces Démocratiques de la Libération du Rwanda, una milizia che il governo ruandese considera una minaccia esistenziale, perché composta principalmente da Hutu responsabilità del genocidio contro i Tutsi di Kagame nel 1994. Trump ha anche stipulato accordi bilaterali con Congo e Ruanda che dovrebbero migliorare l'accesso degli acquirenti americani ai minerali di entrambi i Paesi e aprire la strada agli investitori americani nel settore minerario. In un altro accordo, Congo e Ruanda hanno concordato di rafforzare le catene di approvvigionamento e le infrastrutture transfrontaliere”. Parole rimaste su carta, perché, pochi giorni fa i combattimenti sono ripresi come prima e più di prima: all'inizio di dicembre, il gruppo ribelle M23 ha lanciato una serie di attacchi violenti, culminati nella presa della città di Uvira e in un esodo di decine di migliaia di persone verso il Burundi. A rendere più amaro e cocente il fatto che Trump avesse scambiato una pausa tra i combattimenti per una pace è che le azioni di guerra del gruppo ribelle M23 sono iniziate proprio mentre i leader di Congo e Ruanda erano a Washington per lusingare il presidente Trump con la firma di una pace che, evidentemente, non lo era. "Il 4 dicembre - scrive The Economist - [Trump] ha ospitato i leader del Ruanda e della Repubblica Democratica del Congo per celebrare gli accordi che coinvolgono i loro paesi e l'America. 'Hanno passato molto tempo a uccidersi a vicenda, e ora passeranno molto tempo ad abbracciarsi', ha detto Trump. Ha sostenuto che gli 'Accordi di Washington' avrebbero posto fine a uno dei conflitti più lunghi al mondo”. Il discorso, non sembra aver trovato riscontro nelle parole e nei gesti del presidente ruandese Paul Kagame e nel suo omologo congolese Félix Tshisekedi che hanno evitato accuratamente di incrociare lo sguardo e non si sono stretti la mano, tanto meno abbracciati. Né sembra aver impressionato l'M23, un gruppo di miliziani sostenuto dal Ruanda. In realtà quello tra Ruanda e Congo è un conflitto anomalo, che non riguarda direttamente i due Paesi ma il governo del Congo e la milizia M23, sostenuta e foraggiata dal Ruanda. Per capirne le ragioni, occorre andare indietro fino agli anni '90 e alla guerra atroce che coinvolse il Ruanda in quel periodo. In quella fase, in Ruanda, i miliziani hutu commisero enormi violenze contro il gruppo dei Tutsi . Nonostante questo, il genocidio si è concluso con l'avanzata di una forza di ribelli Tutsi, comandata da Paul Kagame, che dal 2000 è alla guida del Paese. A quel punto, temendo rappresaglie, circa un milione di Hutu fuggì oltre confine, trovando rifugio in quella che oggi è la Repubblica Democratica del Congo. Questo ha dato luogo a fortissime tensioni e scontri armati tra Ruanda e Congo, accusa non solo di nascondere gli autori del genocidio, ma anche di sostenere il loro piano di riconquista del Paese. Da allora gli scontri sono andati avanti, a fasi alterne, per decenni: “L'insicurezza della RDC - scrive Al Jazeera - è causata da fattori complessi e radicati, nonché da una moltitudine di attori. Oltre all'M23, numerosi altri gruppi armati, forze congolesi e straniere si contendono il controllo, soprattutto nella parte orientale del paese, ricca di risorse minerarie. Dal 1996 sono state uccise circa sei milioni di persone e quasi altrettante sono ancora sfollate nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo”. Una situazione troppo complessa per essere risolta da un accordo commerciale e da una stretta di mano. Che oltretutto non c’è stata.

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Luciana Grosso