Russia-Ucraina, le ragioni storiche di un conflitto antico

C’è una regione, ricca di materie prime, attorno alla quale girano i destini di buona parte del mondo contemporaneo: il Donbass, nella parte orientale dell’Ucraina. Questa regione, che fino a pochi anni fa in pochi avrebbero saputo indicare su una mappa, è al centro di una guerra feroce da almeno dieci anni, cioè da quando, nel 2014, dopo aver compiuto l’invasione della Crimea, per mano degli 'omini verdi', ossia soldati senza insegne, la Russia ha voluto estendere la sua area di controllo anche all’intera zona orientale dell’Ucraina. Il modo in cui questo controllo è stato perseguito è stato prima attraverso la sobillazione di rivolte da parte dei cittadini ucraini russofoni residenti nell’area, poi attraverso l’indizione di referendum sull’indipendenza delle aree di Luhansk e Donetsk e infine attraverso la fornitura di armi alle milizie separatiste della zona. Un processo che, poi, ha innescato quella che, dal 2014 al 2022, è stata nota come Guerra del Donbass. Una guerra che per otto anni è stata più che altro un conflitto locale tra le truppe indipendentiste armate e sostenute da Mosca e quelle dell’esercito ufficiale ucraino, ma che, pur avendo eco e portata limitate, ha fatto circa 15mila morti. Poi, come noto, dal 2022, la guerra del Donbass ha assunto un’altra e più estesa dimensione, trasformandosi prima in un conflitto nazionale, tra Russia e Ucraina, e poi, con il coinvolgimento della NATO, in un conflitto sovranazionale nel quale, che lo vogliano o no, che combattano o no, che compaiano ufficialmente o no, sono coinvolte anche le forze europee, statunitensi e cinesi. Quella che stiamo vivendo in questi anni, però, non è che l’ultima fase di un dissidio profondo e secolare la cui origine potremmo far risalire all’arrivo dell’Orda d’Oro di Gengis Khan, attorno al 1200. Questo perché nei secoli precedenti l’arrivo dei mongoli, la Russia di fatto non esisteva. O meglio, non esisteva per come la intendiamo oggi: non comprendeva tutte le steppe e l’enorme fetta di territorio, per lo più disabitato, che si estende dall’Europa orientale fino alle coste del Pacifico. Al contrario, quella che a cavallo tra l’800 dopo cristo e il 1200 era nota come Russia di Kiev, aveva un territorio che, grossomodo, coincideva con quelle che oggi sono Ucraina e Bielorussia. La città di Kiev, com'è facile intuire, ne era la capitale e si trovava al centro di vivaci commerci tra il Baltico a nord e il Mar Nero a Sud. Poi, a rompere l’armonia dell’area arrivarono, appunto, i mongoli di Gengis Khan, e questo portò alla fine della storia di quella che era nota come Russia di Kiev. Questa fine coincise anche con una frattura del suo territorio e della sua popolazione. La parte più occidentale, e le persone che la abitavano, presero a gravitare attorno ai grandi regni europei, mentre la parte orientale, soggiogata dai mongoli, prese a gravitare sull’Asia e ad assumerne i costumi, la cultura, le forme di governo. Questa frattura si percepisce ancora oggi, laddove l’Ucraina rivendica il proprio ruolo all’interno dell’Unione Europea, e la Russia vi si oppone. Questa divisione fattuale è andata avanti per secoli, fino a quando la Grande Russia del XVII e XVIII secolo avviò una poderosa operazione di conquista che portò l’estensione della Russia dall’Europa fino all’estremo oriente dell’Asia, e nel corso della quale vennero di fatto reinglobati i suoi antichi territori occidentali che, nei cinque secoli precedenti, avevano preso strade differenti. Nonostante questo, da quel momento in poi, la Grande Russia prese a considerare i vecchi territori che oggi chiamiamo Bielorussia e Ucraina come niente altro che proprie province. Una situazione di sostanziale tacitamento dell’identità ucraina che è durata, in buona sostanza, fino al 1917 e alla dissoluzione dell’impero russo. Dopo la caduta dei Romanov e la fine dell’impero, infatti, l’Ucraina rivendicò una propria indipendenza dando vita a uno stato autonomo, che però ebbe breve vita, venendo quasi subito assorbito dalla neonata Unione Sovietica. All’interno della cornice sovietica, da un lato, l’Ucraina riescì a sviluppare ed affermare la propria cultura. Dall’altro però subì una forte repressione da parte delle truppe comuniste, poiché la regione era una delle più fertili e ricche dell’URSS, e per questo, i suoi contadini ricchi, i cosiddetti Kulaki, finirono per essere oggetto di particolare persecuzione. È in questo quadro che si inserisce quella che gli ucraini considerano una delle peggiori ingiustizie e tragedie della loro storia, l’Holodomor, ossia la carestia indotta dalle forze di Stalin che, in base alle ricostruzioni , sequestrarono di fatto tutto il grano prodotto dalle terre ucraine, causando la morte di una cifra tra i 7 e i 10 milioni di persone. Dopo questa tragedia ogni spinta indipendentista e autonomista ucraina si spense, e di fatto il Paese divenne a pieno titolo parte dell’Unione Sovietica fino alla sua dissoluzione, all’inizio degli anni ‘90. Da quel momento in poi per il Paese è iniziato un cammino decisamente periglioso verso l’affermazione di sé, l’uscita — non sempre coerente — dall’orbita di Mosca e l’avvicinamento — di nuovo, non sempre coerente — all’Unione Europea e alla parte occidentale del mondo. Un cammino che ha avuto il suo apice, probabilmente, con le proteste di Euromaidan, alla fine del 2013, e la sua principale battuta d’arresto prima con il conflitto in Donbass e poi con le bombe russe nel 2022. Bombe che ci hanno portato fino ai giorni nostri e alla complicata mediazione di queste ore. Una mediazione nella quale i leader contemporanei dovranno cercare di chiudere un conflitto e una ferita nati ai tempi di Gengis Khan e che, nella storia, hanno avuto la loro ricomposizione solo per tramite di annessione e violenze.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Russia-Ucraina, le ragioni storiche di un conflitto antico

Luciana Grosso