Il Nobel Spence: "Trump stratega della distrazione. Ai? Rischio bolla"

È la settimana di Nvidia, il colosso tecnologico guidato da Jensen Huang pubblicherà, nelle prossime ore, i risultati di bilancio. Sono numeri chiave e molto attesi perché i mercati hanno subito degli scossoni nelle ultime giornate e si è verificato un leggero, ma costante, aumento della volatilità. A preoccupare gli operatori di borsa sono gli eccessi delle valutazioni dei titoli tecnologici legati all’intelligenza artificiale. Nel frattempo si sono abbassate nettamente le probabilità che la banca centrale americana tagli ulteriormente i tassi di interesse a dicembre e questo ha influenzato i corsi di mercato. La Fed fino alla metà del prossimo anno sarà guidata dal “too late” Powell, per usare l’epiteto coniato da Trump per criticare il governatore poco accondiscendente alle richieste di riduzione del costo del denaro avanzate dalla Casa Bianca, e l’indipendenza della banca centrale resta un tema chiave per il futuro della politica monetaria ed economica degli Usa. Intanto il più lungo shutdown del governo federale è terminato e finalmente i dipendenti statali stanno tornando a lavorare a pieno regime e ad essere stipendiati. Non da ultimo, Washington ha trovato un accordo sui dazi anche con la Svizzera: tariffe al 15% sui prodotti che arriveranno nel territorio americano in cambio - o alla modica cifra, che dir si voglia - di 200 miliardi di dollari di investimenti manifatturieri garantiti da Berna per la produzione negli Usa di medicinali, attrezzature ferroviarie e fusione dell’oro. Abbiamo incontrato il professor Michael Spence a Milano in occasione di un convegno organizzato da Banor, una delle principali realtà italiane indipendenti di wealth management, che ha riunito numerosi investitori nazionali e internazionali. Ecco la visione del premio Nobel per l’economia nel 2001. “L'economia globale che abbiamo costruito e nella quale abbiamo vissuto per circa 70 anni dopo la Seconda guerra mondiale è cambiata in maniera, forse, permanente. Questo è spiegato da diversi motivi: per le tensioni geopolitiche - in alcuni casi sono stati veri e propri shock - e poi perché ormai abbiamo un evidente problema di sicurezza nazionale. Non possiamo più tornare indietro.” Che ruolo ha avuto Trump? Ha accelerato molti processi che, nel sistema economico e geopolitico, in realtà erano già in atto. Ha generato comunque uno shock enorme perché ha causato maggiori incertezze, pause nei programmi di investimenti ecc… Sta ancora facendo cose assolutamente imprevedibili, ma le fa apposta. È una strategia, un modo per ottenere quello che vuole. Alla fine dei giochi però, secondo me, avremo un mondo con dei dazi accettabili. Non dimentichiamo che gli Stati Uniti rappresentano più del 50% degli asset globali sui mercati finanziari, ma solo il 25% del PIL globale. Gli Stati Uniti sono abbastanza grandi per causare grossi problemi, ma non tanto da cambiare completamente lo scenario. Non possiamo però sottovalutare il grosso cambiamento avvenuto con Trump: il presidente Usa ha un approccio completamente diverso dai suoi predecessori o dagli altri leader mondiali. Questa amministrazione - e forse anche le successive faranno lo stesso - è assolutamente disinteressata ad esempio a partecipare e a contribuire al lavoro delle strutture internazionali, delle organizzazioni multilaterali come il WTO, l'OMS, le Nazioni Unite, il Fondo Monetario, la Banca Mondiale. E – mi sembra ovvio - è disinteressata al cambiamento climatico. L’Italia cosa rischia? Le esportazioni italiane verso gli Usa valgono non più del 15% e metà di questi sono beni che riguardano il settore manifatturiero: l’Italia è un'economia molto grande, indipendentemente da quello che succederà sul tema dei dazi, non è particolarmente esposta. Qual è la strategia di Trump, su cosa basa la sua leadership? Trump è un negoziatore dotato e sa che il 35% degli elettori, quelli che sono i suoi sostenitori, non lo abbandoneranno mai, indipendentemente da quello che fa. Questa condizione, a livello domestico e internazionale, gli permette di fare tutto quello che un altro leader non potrebbe. Non esiste al momento un'opposizione al Congresso e poi lui è molto bravo a distrarre l’interlocutore con azioni a sorpresa e minacce poco plausibili, ma al tempo stesso temibili. Fa parte della sua strategia. Qual è lo stato di salute dell’economia Usa? Il mercato del lavoro è più vulnerabile, il dollaro ha perso man mano forza , l'inflazione si sta attestando attorno al 3%: è una situazione piuttosto anomala. E poi c’è il debito monster degli Stati Uniti: quest’anno vale 38 mila miliardi di dollari, due anni fa 33 mila miliardi. Il Fondo Monetario Internazionale stima che nel 2030 raggiungerà quota 50 mila miliardi. È ancora sostenibile o pone un serio rischio per altri Paesi o per altri continenti come quello europeo? No, non è assolutamente sostenibile. Quando succederà il collasso? Non lo so. Continueremo a lungo a preoccuparcene fino a quando qualcosa accadrà. Temo cioè che resteremo “sonnambuli” ancora per un po' di tempo, fino a quando qualcosa ci sveglierà. L'abbiamo visto per esempio in Inghilterra, quando i fondi pensione sono diventati illiquidi. Questo può succedere anche molto improvvisamente, è molto pericoloso. Parliamo di uno dei fattori che tiene il mercato con il fiato sospeso: il possibile taglio dei tassi della Fed a dicembre – tutt’altro che scontato – e, legato a questo, la discussa indipendenza della banca centrale americana, dopo i ripetuti attacchi di Trump al governatore Powell. La Fed si trova in una posizione molto difficile in questo momento perché è tirata per la giacchetta in diverse direzioni. Sicuramente c’è l'inflazione che sale e ci sono anche dei segni di indebolimento dell'economia, soprattutto del mercato del lavoro. Questi fattori hanno giustificato l’ultimo taglio dei tassi. Non so se vedremo un altro taglio quest'anno, indipendentemente da quello che sta chiedendo Trump. Powell è abbastanza forte, il tema sull'indipendenza della Fed non è di breve termine. A mio avviso Trump, se licenziasse Powell, dovrebbe affrontare una tempesta. Kevin Walsh, una persona molto intelligente e con una grande esperienza, era stato considerato come possibile segretario al tesoro, per la posizione che oggi ricopre Scott Bessent. Ecco, lui sarebbe una buona nomina come successore dell’attuale governatore. Se ne parlerà a breve perché il mandato di Powell è in scadenza nel 2026. Se il Presidente Trump nominerà Walsh, secondo me, la Fed manterrà la direzione giusta. L’altro fattore sul quale si interrogano gli investitori è la corsa dei titoli legati all’intelligenza artificiale. Quando le valutazioni sfuggono dal controllo, diventano irrazionali per diversi motivi, io vedo una bolla. L’AI porterà un aumento della produttività, è questa la posta in gioco, ma probabilmente più lentamente di quello che si crede, perché dovrà cambiare l’approccio degli imprenditori, il modello di business e l’organizzazione delle aziende. Le partnership tra pubblico e privato possono svolgere un ruolo importante. C'è poi una cosa da ricordare quando si parla di AI: occorre costruire data center potentissimi, che costano tantissimo. Ci sono soltanto due posti dove succede oggi: la Cina e gli Stati Uniti. Più avanti, magari, arriveranno a farlo anche l'India e l'Europa. L'Ue ha le carte in regola, ma ci vogliono enormi investimenti in infrastrutture. L'Europa come può rimanere rilevante, di fronte alla corsa dell’AI appena descritta e - a livello geopolitico - stretta tra Usa, Cina e Russia? L'Europa è un insieme di Paesi molto interessanti, avanzati, di media dimensione, che ha davanti sé una scelta decisiva: cominciare ad agire come un’unica grande economia o continuare ad essere una sorta di grappolo di economie più piccole, pur sempre interessanti. Nell'innovazione e non solo, la scala di grandezza conta. A voi la scelta.

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Irene Elisei