La Nato promette difesa a Est, ma l’Europa è divisa e senza strategie

L’obiettivo è chiaro e condiviso, il modo per raggiungerlo, meno: è con questa consapevolezza, più o meno manifesta, che si è concluso il vertice dei ministri della Difesa dei Paesi Nato, riunitisi per disegnare i nuovi impegni dell’Alleanza Atlantica. L’Alleanza - si evince dal comunicato ufficiale rilasciato dopo la riunione - resta saldamente al fianco di Kiev e allo stesso tempo intende rafforzare il suo stesso fronte orientale. Si tratta di due operazioni meno semplici del previsto: in un caso, quello della difesa dell’Ucraina, perché gli Stati Uniti, che fino a poco tempo fa erano l’architrave dell’intera alleanza e che ora appaiono decisamente riluttanti rispetto a questo ruolo, hanno ridotto i loro rifornimenti a Kiev ; nell’altro caso, quello della difesa del fronte est europeo, perché l’operazione richiede un accordo politico e un’armonia di sistemi che in questo momento l’UE stenta a garantire. Così, nonostante la chiarezza degli intenti e delle parole usate dal segretario generale Mark Rutte, non è chiaro quanto l’Alleanza sarà in grado di raggiungere gli obiettivi che si è prefissata. "La NATO - ha detto Rutte - è un'Alleanza difensiva. Rimarremo un'Alleanza difensiva. Ma non ci sono dubbi: siamo pronti e disposti a fare tutto il necessario per garantire la sicurezza del nostro miliardo di persone e la sicurezza del nostro territorio". Il piano però è vago, perché non contiene, almeno per ora né date, né tempi, né costi, né road map precise, ma solo intenzioni e progetti che, per di più, si inseriscono in un contesto di complessiva frammentazione politica. Detto in estrema sintesi, la NATO di oggi appare divisa in due tronconi. Il primo, è quello statunitense, che ha armi e arsenali ma una volontà politica piuttosto ondivaga; il secondo è quello europeo, sguarnito di armi ma intriso di una volontà politica di rafforzamento della Difesa. Questa divisione interna alla NATO è emersa con chiarezza ieri dalle parole del segretario alla Difesa USA Pete Hegseth, che, da un lato, ha sorpreso tutti mostrando come, dopo mesi di freddezza nei confronti dell’Ucraina, gli Stati Uniti siano intenzionati a restare al fianco di Kiev. Dall’altro però ha confermato che l’impegno americano non sarà a somma zero, ma proporzionale all’impegno europeo nel comprare armi USA. Lo strumento indicato da Hegseth è il piano PURL , un accordo che prevede che gli alleati europei acquistino armi prodotte negli Stati Uniti e che poi le trasferiscano all'Ucraina. "La NATO - ha detto Hegseth - deve trasformare le parole in azioni, sotto forma di investimenti PURL. Tutti i paesi attorno a questo tavolo, nessun free rider. Ottieni la pace quando sei forte. Non quando usi parole forti o agiti il dito medio". Un discorso che deve aver colpito nel segno se è vero che fino a prima dell'incontro, solo sei paesi avevano aderito al PURL e ieri Estonia, Lettonia, Lituania, Slovenia e Finlandia si sono unite al gruppo, nonostante la freddezza di Francia e Gran Bretagna. Una freddezza che, in realtà, potrebbe essere europea, perché, come ha dichiarato un diplomatico europeo dietro anonimato al sito RFE/RL, il sistema prevede un doppio carico per le finanze dei Paesi Europei: "In pratica dovremmo pagare due volte: prima per l'industria della difesa statunitense e poi per noi stessi". Al momento però non sembrano esserci molte alternative, visto che i sistemi d’arma europei sono poco efficienti, gli arsenali poco forniti e, soprattutto, la Russia fa sempre più pressione ai confini. In teoria, a occuparsi della difesa del lato est dell’UE, dovrebbe pensare la Eastern Santry, la sentinella orientale, ossia il piano di rafforzamento della difesa aerea sul confine est dell’UE, nato dopo l’attivazione da parte della Polonia dell’articolo 4 del trattato. Il piano prevede rafforzamenti aerei e sistemi antidrone, ai quali, entro il 2027, dovrebbe unirsi il muro di droni europeo. In realtà però la faccenda è, di nuovo, meno semplice del previsto, sia perché la tecnologia dei droni evolve così rapidamente che il muro di droni cui sta lavorando l’UE potrebbe rivelarsi già vecchio entro pochi mesi, in secondo luogo perché, come fa notare Politico, i sistemi di difesa europei, ancora nazionali e non unificati, rendono frammentata , e potenzialmente confusa e inefficace, un’eventuale risposta europea a qualsivoglia attacco.

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Luciana Grosso