Il governo francese è già (di nuovo) caduto

Il governo francese di Sebastien Lecornu è durato meno di un mese. Il primo ministro nominato lo scorso 9 settembre si è dimesso stamattina, appena 12 ore dopo aver presentato la composizione dei ministri. Un capitombolo che dà la sensazione plastica di quanto la politica francese sia precipitata nel completo caos. Un caos dal quale non sembra esserci via di uscita, perché in un parlamento privo di maggioranza è necessario creare alleanza e compromessi, e nessun gruppo politico appare disposto a farlo. Anche la posizione del Presidente Emmanuel Macron, appare quella di chiusura a ogni dialogo, visto che nonostante i pessimi risultati elettorali della sua compagine centrista, da più di un anno si sta incaponendo ad affidare gli incarichi di governo a politici vicini a lui, cosa che li rende automaticamente impopolari tra le persone e, di conseguenza, indigeribili per qualunque partito voglia vere speranze di successo alle prossime elezioni. Un altro governo di minoranza Questo doppio incaponimento, dei partiti di destra e di sinistra ad arrivare a compromessi con il centro macroniano, e del centro macroniano a cercare compromessi con i partiti di opposizione, ha portato allo stallo in cui il Paese si trova da mesi. Da un anno, infatti, a Palazzo Matignon si alternano governi di minoranza che riescono a nascere perché in Francia non è previsto il nostro ‘voto di fiducia’, ma che poi, nei fatti, non riescono a governare. È successo con Michel Barnier e con François Bayrou. Ed è successo anche con Sebastien Lecornu, poche ore fa. Anche il centro contro Con una variante però; questa volta, per far cadere il governo non è stato necessario nessun intervento da parte delle opposizioni. Questa volta, il governo centrista è caduto da solo, perché persino lo ‘zoccolo duro’ centrista che, sino a qui aveva sostenuto i governi macroniani, ha detto no. A opporsi alla lista dei ministri presentata ieri sera da Lecornu, infatti, sono stati sia i macroniani che i centristi di destra del Partito Repubblicano. Riporta Le Monde, infatti, che alla presentazione della lista dei ministri, quasi del tutto identica a quella dell’esecutivo di Bayrou, “Gabriel Attal, leader del partito Rinascita, ha denunciato uno "spettacolo desolante ", mentre il leader dei Repubblicani , Bruno Retailleau, pur essendo stato riconfermato ministro dell'Interno, ha criticato una composizione di governo che "non riflette la rottura promessa”. Persino i più ostinati centristi si rendono conto della cacofonia di un governo centrista in un Paese elettoralmente diviso tra estrema destra e estrema sinistra e soprattutto della inadeguatezza di un esecutivo che, in un momento convulso e complicato come questo, ripropone la ricetta dell’esecutivo appena caduto. Uno stallo completo, rispetto al quale nessuno riesce a indicare vie di uscita credibili. L’unico che lo potrebbe fare è Emmanuel Macron. A Macron spetta la responsabilità, dopo la caduta di tre governi in un anno, di constatare l’ingovernabilità di questo parlamento, e indire nuove elezioni, accettandone il risultato, quale che sia. Le responsabilità di Macron Questa responsabilità gli spetta sia per il suo ruolo istituzionale, che per il suo ruolo politico. Perché a conti fatti, il vero autore della balcanizzazione del Parlamento e del Paese, è lui. È stato lui ad approvare norme impopolari come il taglio dell’“imposta sulla fortuna”, di fatto un regalo per i cittadini più ricchi, e a soffiare indirettamente nelle vele dei partiti populisti, sia di desta che di sinistra, che lui tanto teme ma che oggi spadroneggiano nei sondaggi. Ed è stato lui, lo scorso giugno, a decidere d’impulso, la notte delle elezioni europee e del pessimo risultato del suo partito, lo scioglimento anticipato delle Camere. Con quel voto, Macron, aspirava a smascherare il bluff dei francesi e a chiedere loro se erano disposti a dare all’estrema destra di LePen, che aveva stravinto le europee, anche il governo della Francia. Il risultato fu, a sorpresa, una vittoria del Fronte Popolare, una specie di litigiosa alleanza tra tutte le forze di sinistra, un ridimensionamento di Le Pen, e soprattutto una completa sconfitta del centro macroniano. Un risultato alla luce del quale, l’incaponirsi di Macron nel dare incarichi di governo a esponenti del suo partito è parso come un gesto di insopportabile arroganza e sordità di fronte alle volontà chiaramente espresse dai francesi. E soprattutto, tre governi dopo, di negazione della realtà dei fatti e della sostanziale sconfessione elettorale della sua politica liberale. Nelle prossime ore sapremo se l’Eliseo deciderà di prendere atto di questa sconfitta e scioglierà le camere, avviando il Paese a un probabile governo populista e anti Ue o se invece il presidente vorrà rilanciare, tentando, per la quarta volta di fare quello che non gli è riuscito nelle precedenti tre: dare vita a un governo centrista. Il che, numeri del parlamento alla mano, significa nessun governo.

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Luciana Grosso