Perché Israele vuole bloccare la Flotilla?

Le navi della Global Sumud Flottila, flotta di attivisti partiti dalle coste italiane e spagnole con l’intento di rompere l’assedio della Striscia di Gaza, sarebbero state colpite nella notte da una serie di attacchi condotti da droni non identificati. Lo hanno denunciato gli stessi attivisti a bordo delle imbarcazioni, secondo cui i droni avrebbero lanciato gas urticante e bombe sonore, armi, queste ultime, non letali ma fortemente debilitanti, perché il loro lampo acceca per alcuni secondi e soprattutto perché il fortissimo rumore prodotto da queste bombe agisce sulle orecchie assordando e provocando perdita di equilibrio. Al momento non risultano feriti, ma solo danni materiali alle imbarcazioni, una della quali, la Morgana, ha a bordo la portavoce italiana della flottiglia Maria Elena Delia. Sembra che la randa, la vela principale dell’imbarcazione, abbia subito danni e non è chiaro se e come potrà proseguire il viaggio. Danni sono stati registrati anche dalla nave Zefiro, il cui strallo di prua, il cavo di acciaio che consente alla vela più piccola, il fiocco, di restare in tensione, è stato danneggiato. Al momento dell’attacco le imbarcazioni, circa una cinquantina, si trovavano in acque internazionali, più o meno all’altezza di Creta, quindi molto lontane sia da Israele che da Gaza. Per garantire assistenza ai cittadini italiani presenti e per eventuali attività di soccorso, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha autorizzato l'intervento di una fregata della Marina militare che era in navigazione a nord di Creta nell’ambito dell'operazione Mare Sicuro, che si sta dirigendo verso l'area. Il ministro, che ha valutato la decisione con la presidente del Consiglio, precisa che “sono stati informati l'addetto militare israeliano in Italia, il nostro ambasciatore e l'addetto militare a Tel Aviv e l'unità di crisi della Farnesina”. Pur senza individuare responsabilità, il ministro Crosetto ha detto che “in merito all’attacco non si può che esprimere la più dura condanna". Aggiungendo che “in democrazia anche le manifestazioni e le forme di protesta devono essere tutelate quando si svolgono nel rispetto delle norme del diritto internazionale e senza ricorso alla violenza”. Resta da capire perché la flottiglia è stata attaccata e cosa può succedere al viaggio da questo momento in poi. Se sulla mano che avrebbe condotto l’attacco infatti tutti i sospetti puntano verso Israele, che al momento non ha ancora commentato, resta da capire per quale motivo Tel Aviv – che ha già bloccato due precedenti tentativi di rompere il blocco a giugno e a luglio – dovrebbe temere l’ingresso a Gaza di alcune decine di barche piene di acqua e cibo. E questo, forse, più che gli aiuti è il punto fondamentale di tutta la faccenda: il loro arrivo nella Striscia proverebbe, una volta di più, la drammatica situazione umanitaria in corso nella Striscia. Inoltre, se Israele riuscisse nell’impresa di fermare le navi fin tanto che sono in acque internazionali, questo eviterebbe alle imbarcazioni di avvicinarsi a meno di 12 miglia nautiche dal porto di Gaza evitando una scelta molto difficile. Se le barche dovessero superare quel punto, infatti, Tel Aviv si troverebbe di fronte a un bivio: o attaccare militarmente imbarcazioni civili sulle quali ci sono cittadini di Paesi amici, cosa che creerebbe un incidente diplomatico difficile da gestire, oppure lasciarle passare, cosa che per Israele , che da anni ha chiuso a chiave la Striscia di Gaza, è del tutto inammissibile. Specie ora che lì è in corso una carestia che Israele nega da mesi.

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Luciana Grosso