La canonizzazione di Kirk, il messia dei Maga di Trump

Le rock band di orientamento religioso che si alternano sul palco cantano canzoni come "Agnello di Dio", "Corro dal Padre" e "Spirito Santo", e sugli spalti in molti accompagnano i brani dimostrando di conoscerne i testi quasi alla perfezione. È solo un aneddoto, ma non certo irrilevante. La commemorazione di Charlie Kirk è qualcosa a metà tra una funzione religiosa e un comizio trumpiano, con i maxischermi che ospitano foto seppiate della vittima, il pubblico che si raccoglie in preghiera spesso e volentieri, e invocazioni al Signore ripetute e frequenti. L'11 settembre del popolo MAGA – diciamo così - cade il 10 dello stesso mese, giorno dell'omicidio Kirk. I trumpiani leniscono il dolore della perdita riconoscendo nell'omicidio la dimostrazione di un patto stretto con Dio, la stessa convinzione che aveva impregnato la Convention Repubblicana di Milwaukee dopo l'attentato fallito contro Donald Trump, nel 2024. Questo patto con il Signore, agli occhi dei MAGA, garantisce la vittoria finale e definitiva, ma presuppone che per raggiungerla si debba passare per un sentiero periglioso e cruento. I guerrieri trumpiani sono devoti e coraggiosi, ma caduchi. Proprio come Kirk. Non a caso Steve Bannon, poche ore dopo il decesso, ha parlato dell'attivista come di "un caduto in battaglia". "Muore giovane colui che al cielo è caro", scrisse Menandro. Qualcosa del genere sembrano pensare le decine di migliaia di persone assiepate nello stadio degli Arizona Cardinals, a Glendale. Nello stadio o per lo meno nei suoi immediati dintorni, a un certo punto entrare è diventato impossibile: troppa gente perché lo State Farm Stadium potesse contenerla. A proposito di citazioni. Chissà se Brecht, oggi, avrebbe messo in bocca al suo Galileo una frase leggermente diversa - e più farraginosa - di quella che conosciamo: non più "sventurata la terra che ha bisogno di eroi", ma "sventurata la terra che ha bisogno di un movimento politico che ha bisogno di eroi". La commemorazione di Glendale è la canonizzazione di Charlie Kirk, ma è un rito di passaggio - il primo funerale MAGA - che traghetta il trumpismo verso un'era di maggiore autoconsapevolezza. Charlie Kirk, che criticava la separazione tra Stato e chiesa, sarebbe stato soddisfatto nel constatare quanto la destra ultraconservatrice e quella cristiana si siano fuse in un movimento che le rende sostanzialmente indistinguibili l'una dall'altra. Dal palco, l'ex candidato presidenziale Ben Carson ha evocato un "complotto comunista" per sovvertire il Paese, ma l'aggressività per lo più è sublimata nello slancio della preghiera collettiva. La politica viene messa in secondo piano a favore della fede, che la comprende e la trascende. "La luce batterà le tenebre", dice il falco anti-immigrazione Stephen Miller, "vinceremo." Il Capo del Pentagono Pete Hegseth afferma che Kirk "aveva il cuore di un soldato della fede, di un guerriero per Cristo" Qualcuno parla della "missione divina di brandire la spada contro il male". "Siete pronti a indossare l'armatura di Cristo?", urla l'attivista ultraconservatore Jack Posobiec. La folla, poco sorprendentemente, risponde di sì. Il Vicepresidente J.D. Vance descrive l'amico Charlie come se fosse un pastore di anime più che un attivista politico: "un martire cristiano", dice. "Un martire americano", afferma più tardi Trump, in quella che sembra quasi una precisazione. Se entrambi pensano che Kirk sia anche un martire trumpiano, lo tengono per loro. Il Presidente è l'unico tra gli oratori che non rinuncia ai toni da comizio: "non sopporto i miei avversari", ammette, "li odio e non auguro loro il meglio”. E pensare che poco prima la vedova Kirk aveva perdonato il killer reo confesso invitando a non rispondere all'odio con l'odio. Trump le chiede scusa quando, non riuscendo a trattenersi, torna a scagliarsi contro l'opposizione, ripetendo per l'ennesima volta la storia - infondata - delle elezioni rubate nel 2020. Erika Kirk dice di aver visto la grazia di Dio sul volto senza vita del marito. Il Pantheon MAGA accoglie così un nuovo membro, in una sorta di santificazione che fa il paio con il ruolo messianico attribuito a Trump dopo l'attentato fallito a Butler. Il sacro e il profano si intrecciano. Nello State Farm Stadium, in occasione della commemorazione, sono stati allestiti stand dove potersi registrare come elettori. "Non limitarti a pregare per il cambiamento", recita un volantino, "vota per ottenerlo!". Come un chierichetto con il cestino dell'offertorio, anche nel corso della cerimonia Turning Point Usa invia a iscritti e sostenitori raffiche di email con cui chiede di donare fondi. La vedova, subentrata alla guida dell'organizzazione, sembra puntare al voto delle giovani donne americane, così come il marito puntava a quello dei giovani maschi. Dal palco Erika Kirk pronuncia un discorso che, sempre in linea con l'ortodossia trumpiana, parla al pubblico femminile rivolgendosi a quello maschile: "Una moglie non è una schiava, ma una persona che vi aiuta. Siete la stessa carne che lavora per la gloria di Dio". Pastore di anime e di elettori, "Charlie è morto senza portare a termine il suo lavoro", ammette la signora Kirk. A compiere l'opera potrebbe essere ora J.D. Vance, al quale la Casa Bianca starebbe pensando di affidare il compito di portare il vangelo anti-woke nei college americani. Proprio come faceva il suo amico Charlie.

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Federico Leoni