Arabia Saudita e Pakistan: il nuovo patto che ridisegna il Medioriente

Pochi giorni fa, a Riyadh, è stato firmato un accordo che potrebbe cambiare gli equilibri dell’intero Medioriente e dell’Asia Centrale. Si tratta dell’accordo, stipulato tra Arabia Saudita e Pakistan, che prevede la mutua difesa. In pratica, ogni attacco a uno dei due Paesi sarà considerato come un attacco a entrambi e, dunque, prevederebbe la risposta di entrambe. Non si tratta di una cosa da poco, perché l’Arabia è uno dei Paesi più ricchi di petrolio del mondo e si trova in un’area particolarmente complicata del pianeta. Il Pakistan, d’altra parte, che da anni è impegnato in una guerra latente con l’India, è uno dei pochi Paesi al mondo ad avere un arsenale nucleare. Nonostante, come è ovvio, le trattative per arrivare alla firma di ieri abbiano richiesto anni, il tempismo di questa firma appare particolarmente significativo. In primo luogo perché arriva a pochi giorni dalla riunione dello SCO e nella quale il premier indiano Narendra Modi, arcinemico del Pakistan, ha posato felice per una foto con Vladimir Putin e Xi Jinping. I rapporti tra Pakistan e India sono tesi da decenni e sono tenuti in equilibrio dalla reciproca deterrenza e dal fatto che i missili nucleari del Pakistan sono puntati contro l’India. Ma, alla luce delle nuove relazioni diplomatiche intessute da Modi, questa deterrenza armata potrebbe non bastare più. E quindi potrebbe servirne una economica, di cui potrebbe farsi latrice l’Arabia Saudita, Paese dal quale dipende circa il 20% di approvvigionamento indiano di petrolio. La seconda ragione che rende particolarmente strategica la firma dell’accordo tra Arabia e Pakistan è il fatto che arriva a poche settimane dall’attacco di Israele al Qatar. E questo, probabilmente, è un punto cruciale: il fatto che, alla luce di questa firma, l’Arabia Saudita potrà disporre, anche se non direttamente, delle armi nucleari di Islamabad. Un elemento, quest’ultimo, che potrebbe ridisegnare gli equilibri della zona, e soprattutto bilanciare lo strapotere militare di Israele. Infatti, ad oggi, Israele risulta essere l’unico Paese dell’area a disporre di armi nucleari. Una posizione di esclusiva che per lungo tempo l’Iran ha tentato di insidiare e che ora l’Arabia Saudita potrebbe essere riuscita ad aggirare, non dotandosi direttamente di armi nucleari, ma di un alleato che ne possiede. E questa necessità, questa urgenza, forse è il punto vero della questione. Quello che ci dice come, dal 7 ottobre a oggi, gli equilibri dell’intera regione siano cambiati. Nei mesi precedenti il 7 ottobre 2023, infatti, i rapporti tra Arabia Saudita e Israele si erano fatti, anche se non amichevoli, quanto meno più distesi. Certo, restava sullo sfondo il rifiuto di Ryad di riconoscere lo Stato di Israele fino a quando non fosse stato riconosciuto uno Stato di Palestina, ma c’erano stati evidenti segnali di avvicinamento. Per esempio, in un’intervista a The Atlantic, il sovrano saudita Mohammed Bin Salman aveva detto di “non vedere Israele come un nemico”, oppure come il fatto che l’Arabia aveva concesso agli aerei di linea israeliani di entrare nel suo spazio aereo. Tutti piccoli segnali del fatto che una pacificazione della regione era possibile. Anzi: alla vigilia del 7 ottobre l’avvio di una serie di colloqui tra Arabia, Stati Uniti e Israele sembrava a portata di mano. Poi, con il 7 ottobre e con la sproporzionata reazione di Israele, tutto si è paralizzato. Al punto che non solo l’Arabia Saudita ha smesso di percepire se stessa come una specie di paradiso refrattario ad ogni aggressione, protetto dalla forza e dall’abbondanza del suo petrolio, ma ha anche smesso di fidarsi della protezione degli Stati Uniti. Anzi: ha smesso così tanto da cercare un alleato più affidabile e meno legato a Israele. E nel Pakistan potrebbe averlo trovato.

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Luciana Grosso