Cosa pensano gli americani della violenza politica

La violenza politica non è certo una novità per gli statunitensi: quattro presidenti su quarantacinque sono stati assassinati durante il loro mandato, mentre altri tre – l’ultimo Donald Trump la scorsa estate – sono sopravvissuti a tentativi di attentato mentre erano in carica o nel mezzo della campagna elettorale per la rielezione. Negli ultimi mesi, le crescenti divisioni all’interno della società americana hanno alimentato una nuova ondata di violenza politica. A giugno, la Speaker democratica della Camera dei rappresentanti del Minnesota, Melissa Hortman, è stata uccisa insieme al marito nella loro abitazione da un uomo che si spacciava per agente di polizia. La settimana scorsa, invece, l’attivista di estrema destra Charlie Kirk è stato colpito a morte mentre partecipava a un dibattito in un’università dello Utah. Proprio l’omicidio di Kirk ha riacceso, per l’ennesima volta, il dibattito sulla violenza politica negli Stati Uniti. Per questo YouGov ha deciso di sondare le opinioni degli americani sul tema, scoprendo che la stragrande maggioranza degli statunitensi considera la violenza politica un problema reale: l’87% la giudica preoccupante, con sei adulti su dieci che la definiscono una “questione molto grave”. Solo una minoranza marginale minimizza o nega la gravità del fenomeno. Tuttavia, la percezione varia in base all’età e l’orientamento politico: gli anziani sono più propensi dei giovani a considerarla una minaccia grave , mentre in questo momento i repubblicani risultano più allarmati dei democratici, con il 67% che la giudica un grosso problema . YouGov fa notare che tuttavia queste tendenze non sono fisse: in passato, dopo aggressioni a figure di sinistra, erano stati proprio i democratici a mostrare maggiore preoccupazione e viceversa per i repubblicani, a dimostrazione di una percezione fortemente influenzata dagli eventi del momento e dall’appartenenza politica. In generale, però, da quando i primi sondaggi sono stati condotti nel 2022, emerge una costante relativa all’età: le generazioni più anziane esprimono sempre livelli di allarme più alti rispetto ai giovani. Un altro aspetto molto discusso riguarda le reazioni alla morte di Kirk. Alcuni commenti sui social, provenienti soprattutto da ambienti di sinistra, hanno espresso soddisfazione o addirittura gioia per l’accaduto. Ciò ha aperto un confronto sull’accettabilità di tali atteggiamenti: secondo YouGov, oltre i tre quarti degli americani degli americani ritiene inaccettabile rallegrarsi per la morte di un avversario politico, mentre solo l’8% lo considera accettabile. Anche qui emerge però una divisione su linee politiche: nel contesto della morte di Kirk, chi si definisce progressista risulta più tollerante , con un picco del 24% tra i “molto progressisti”. Tuttavia, anche in quest’ultima fascia la maggioranza rimane contraria a simili reazioni. Infine, la morte di Kirk ha riportato alla luce una sua dichiarazione del 2023 in cui riteneva che la difesa del diritto alle armi giustificherebbe anche il “costo” di alcune vittime ogni anno. Qui l’opinione pubblica è divisa: il 30% concorda, mentre il 47% respinge nettamente la dichiarazione. Il divario politico, come ci si poteva aspettare, è ampio: la maggioranza dei repubblicani concorda, mentre tra i democratici predomina il dissenso .

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Gianluca De Feo