Cosa ci dice il discorso di Ursula Von der Leyen sullo stato dell'Ue

“Europe is in a Fight”, “L’Europa sta combattendo”: è iniziato così il discorso sullo stato dell’Unione pronunciato oggi da Ursula Von der Leyen. E incipit più chiaro non sarebbe stato possibile, soprattutto perché pronunciato da una Presidente insolitamente battagliera. Una postura, questa, che Von der Leyen ha tenuto per tutta la durata del discorso. Un’ora abbondante nella quale, al solito equilibrismo cui la costringe la sua litigiosa maggioranza parlamentare, ha anche aggiunto una particolare fermezza. La fermezza di chi percepisce di non avere più tempo, e di dover gestire una situazione troppo complessa per i distinguo ideologici e le logoranti liti delle istiuzioni europee. Così, l’espressione “in a fight”, ha assunto un doppio significato. Quello delle battaglie esterne, legato al ruolo dell’Ue all’interno della guerra tra Ucraina e Russia, e quello delle battaglie interne di una Europa in guerra con se stessa, divisa come appare, e come è, tra forze divergenti e opposte, tra chi pretende un'Europa finalmente volitiva e forte e chi ne auspica lo smantellamento. Aspirazione, quest’ultima, involontariamente sostenuta dalle stesse istituzioni europee, in lotta tra loro e scisse tra una Commissione sostanzialmente impopolare, un Parlamento la cui maggioranza pencola verso sinistra, e un Consiglio, la cui maggioranza tende a destra. Per questo, il filo rosso del discorso di stamattina di Von der Leyen è stato quello, insolito per l’Ue, della battaglia: battaglia all’esterno, battaglia all’interno, battaglia con i nemici storici, battaglia con teorici amici. L'Ucraina e la Russia La prima battaglia che Von der Leyen ha deciso di affrontare nel suo pugnace discorso sono quelle con l’esterno, ossia quelle che riguardano gli attacchi russi all’Ucraina e, per riflesso, all’Europa stessa. “La libertà dell'Ucraina è la libertà dell'Europa - ha detto la Presidente -. Le immagini arrivate dall'Alaska non sono state facili da digerire. Continueremo a sostenere tutti gli sforzi diplomatici per mettere fine alla guerra, ma tutti abbiamo visto cosa intende la Russia per "diplomazia". Putin rifiuta di incontrare il Presidente Zelensky. La settimana scorsa la Russia ha lanciato il più alto numero di droni e missili balistici mai registrato in un unico attacco. E oggi stesso abbiamo assistito a una violazione sconsiderata e senza precedenti dello spazio aereo polacco ed europeo da parte di più di dieci droni russi. Il messaggio di Putin è chiaro, e chiara deve essere la nostra risposta”. Una risposta chiara che passa inevitabilmente per il riarmo. Ed è un paradosso che l’Unione Europea, nata per sconfessare nuove guerre e coltivare la pace, trovi nel riarmo la via per la sua forza e, persino, sopravvivenza. Così come è paradossale che proprio il cocciuto pacificismo dell’Europa si sia trasformato nel suo peggior punto debole, trasformandola in un vaso di coccio tra vasi di ferro. “Serve un maggiore sostegno all'Ucraina. Proporremo un nuovo programma, che sosterrà gli investimenti nelle capacità delle forze armate ucraine. L'Europa anticiperà 6 miliardi di euro dai prestiti per l'accelerazione delle entrate straordinarie e concluderà un'Alleanza per i droni con l'Ucraina”. L'Europa divisa Ma è evidente che nessuna battaglia, militare, politica o commerciale con l’esterno, può essere combattuta da chi è diviso e debole al suo interno. E in questo senso va letta anche la lunga parte centrale del discorso di Von der Leyen, dedicata a competitività e sviluppo economico: “Qui in Europa abbiamo tutto il necessario per prosperare, ma sentiamo il peso delle difficoltà economiche e geopolitiche cui siamo confrontati. E abbiamo visto come le dipendenze possono essere usate contro di noi. Per questo motivo investiremo massicciamente nelle tecnologie digitali e pulite. A ciò aggiungeremo ulteriori investimenti nell'ambito del futuro Fondo per la competitività e nel quadro del programma di ricerca e innovazione Orizzonte Europa, la cui dotazione di bilancio sarà raddoppiata. Stiamo inoltre eliminando le principali strozzature individuate dalla relazione Draghi, che vanno dall'energia ai capitali, dagli investimenti alla semplificazione”. Una semplificazione delle norme su cui Von der Leyen insiste fin dall’inizio del suo secondo mandato e che era stata il perno del suo secondo discorso di insediamento, ma che stenta a tradursi in realtà, strozzato com’è dai veti incrociati della maggioranza parlamentare divisa tra le istanze del gruppo dei Socialisti e Democratici, che tengono dritta la barra del timone sul Green Deal, e quelle dei Popolari che, impegnati in un progressivo spostamento a destra, vorrebbero smantellare il piano di decarbonizzazione dell’Europa. Un conflitto, questo tra Socialdemocratici e Popolari che da mesi costringe Von der Leyen a un passo avanti e due indietro sia sul piano della competittività, sia su quello della tutela del clima, rendendone di fatto l’azione inefficace su entrambi i fronti. Gaza e Israele Esiste poi un terzo conflitto che lacera l’Ue e la sua opinione pubblica , e che riguarda l’orrore legalizzato di Gaza e lo sgomento che crea sulle nostre opinioni pubbliche, incredule tanto davanti alle violenze israeliane, quanto davanti all’ignavia europea. Su questo punto Von der Leyen ha mostrato particolare fermezza, allo scopo di schermare l’Europa dalle critiche rivolte contro lo Stato di Israele che pare aver smarrito la via della democrazia e dei diritti umani. “Mi affligge davvero pronunciare queste parole. Quello che sta accadendo a Gaza è inammissibile. L’Europa deve assumere un ruolo guida. Ma l'iniziativa è bloccata dall'assenza di una maggioranza. La Commissione farà da sola tutto ciò che è in suo potere. Sospenderemo il nostro sostegno bilaterale a Israele. Interromperemo tutti i pagamenti nei settori interessati, senza compromettere la collaborazione con la società civile israeliana o lo Yad Vashem. In secondo luogo, presenteremo due nuove proposte al Consiglio. Proporremo sanzioni da comminare ai ministri estremisti e ai coloni violenti. Proporremo anche la sospensione parziale dell'accordo di associazione sulle questioni commerciali. Raggiungere la maggioranza sarà difficile e ne sono cosciente.E so che i provvedimenti proposti risulteranno eccessivi per alcuni, insufficienti per altri. Ma è giunto il momento di assumerci le nostre responsabilità”. E forse quest’ultima è la parola chiave di questo discorso sullo stato dell’Unione e, in generale, dell’esperienza di Von der Leyen come Presidente di Commissione: responsabilità. Da assumersi o meno. Von der Leyen ha detto che la sua Commissione è pronta. Il Parlamento e il Consiglio lo saranno altrettanto?

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Luciana Grosso