Perché il Donbass è così importante per Russia e Ucraina

Ieri, in Ucraina si celebrava la giornata dell’Indipendenza, la festa che ricorda l’indipendenza del Paese dall’Unione Sovietica, avvenuta nel 1991. Più o meno nelle stesse ore, negli Stati Uniti, sul programma Meet the Press dell’emittente progressista NBC, andava in onda un’intervista al potentissimo ministro degli esteri russo Sergej Lavrov. Così, mentre a Kiev Volodymyr Zelensky parlava del fatto che, un giorno, prima o poi, l’Ucraina tornerà unita, Lavrov si rivolgeva al pubblico americano dicendo che non esistono le condizioni per una pace tra i due Paesi. Due scenari diversissimi il cui sunto è però lo stesso: la fine della guerra è rinviata a data da destinarsi. Non è un caso il fatto che questi due eventi, il discorso di Zelensky e l’intervista di Lavrov, arrivino alla fine delle ultime due settimane, nelle quali la pace è parsa essere più a portata di mano che mai. Due settimane nelle quali, per la prima volta, si è ipotizzato un incontro tra Volodymyr Zelensky e il Presidente russo, insieme all’avvio di un percorso di pace che già oggi sembra del tutto sfumato. Quel che ha detto Lavrov, cioè che non ci sono le condizioni per la pace, è nei fatti vero. Quel che Lavrov però non ha detto è perché queste condizioni non ci sono. Non ci sono perché l’incontro di Anchorage, dipinto da Donald Trump come un successo diplomatico senza precedenti, in realtà ha avuto come unico risultato quello di mettere in chiaro che Putin ha sì detto di essere disposto a un incontro con Zelensky, ma ha anche posto delle condizioni difficilmente ricevibili, che non sarebbero condizioni di compromesso, ma di vittoria e resa. In particolare, a essere difficilmente ricevibili da Kiev, è la conditio sine qua non posta da Putin: la cessione, da parte Ucraina, non solo di tutti i territori conquistati militarmente, ma anche di porzioni di Paese che la Russia non è ancora riuscita a espugnare. In particolare, le forze di Mosca vorrebbero la parte di Donbass che non sono ancora riusciti a conquistare, quella in cui si trovano le città di Slovyansk, Kramatorsk, Druzhkivka e Kostyantynivka. La richiesta non è casuale perché la zona richiesta da Putin è quella meglio fortificata dell’intera Ucraina. In pratica è la linea del fronte che, sino a qui, ha impedito alle forze russe di dilagare in tutto il Paese. Il timore di Kiev, e dell’UE, è che anche ammesso che possa essere considerata ricevibile, questa richiesta non porterebbe alla fine della guerra, ma solo a una sua recrudescenza, con l’unica differenza che, questa volta, Mosca sarebbe in posizione di vantaggio. La proposta, per quanto irricevibile, avrebbe potuto essere discussa nel corso di un ipotetico incontro a tre tra Stati Uniti, Ucraina e Russia. Il problema, però, era che nella proposta di Putin, specialista nell’avanzare richieste irricevibili, questo incontro avrebbe dovuto svolgersi a Mosca, cioè in una sede che avrebbe umiliato l’Ucraina. Il sommarsi di due proposte, così ardite e umilianti, è stato un chiaro segnale del fatto che la Russia non sembra avere intenzioni serie nel parlare di pace. Se ne avesse, probabilmente, avanzerebbe proposte di compromesso e non di completa resa. Così, oggi, anche alla luce di quel che ha dichiarato Lavrov alla stampa americana, l’ipotesi di un incontro a due – a Mosca o ovunque – tra Putin e Zelensky appare decisamente lontana. Così come appare lontana l’ipotesi di un cedimento ucraino, dal momento che Volodymyr Zelensky, nel suo discorso di ieri, ha ribadito – davanti all’inviato di Trump, Keith Kellogg – che all’Ucraina serve una “pace giusta”, senza la “vergogna del compromesso”. Parole, quelle di Lavrov e di Zelensky, che messe in fila e in ordine cronologico rispetto ai fatti delle ultime settimane e ai bombardamenti incrociati delle ultime ore su Leopoli e San Pietroburgo, rendono evidente quanto la pace sia ancora lontana. Molto più concreta e vicina è invece l’ipotesi di una continuazione di questa guerra. Guerra che, come è evidente da prima ancora del suo scoppio, nel febbraio 2022, potrà essere conclusa solo da chi l’ha iniziata. E che, per i casi della storia e della politica, è anche lo stesso governo che ha meno da perdere nel continuarla.

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Luciana Grosso