Gerrymandering sotto i riflettori: come funziona e cosa pensano gli elettori americani

Giovedì scorso la Camera dei Rappresentanti del Texas ha approvato la nuova e controversa mappa elettorale pensata per favorire il Partito Repubblicano alle prossime elezioni di midterm del 2026, garantendogli con ogni probabilità cinque seggi aggiuntivi alla Camera dei Rappresentanti nazionale. La legge passerà ora al Senato statale, dove l’approvazione è attesa senza particolari ostacoli. Il voto è arrivato dopo un braccio di ferro di oltre due settimane tra i parlamentari statali democratici e repubblicani, che ha visto i primi lasciare lo stato nel tentativo di sabotare il passaggio della legge – salvo poi farvi ritorno spontaneamente all’inizio della scorsa settimana – e i secondi mettere in campo diverse iniziative, anche legali, per imporne il ritorno forzato. In risposta alla riforma del Texas, venerdì il governatore della California Gavin Newsom ha firmato due leggi che chiameranno i californiani ad approvare o meno la possibilità per i legislatori locali di ridisegnare i collegi prima delle elezioni di metà mandato , così da riequilibrare il vantaggio in seggi ottenuto dai repubblicani. Nel frattempo, altri stati sia a guida repubblicana che democratica hanno annunciato misure simili, in quella che sta diventando una vera e propria battaglia a colpi di gerrymandering, ovvero la pratica di manipolare i confini elettorali dei distretti per favorire un partito o un gruppo, a scapito della rappresentatività e dell’equità del voto. Ma cosa pensano di tutto ciò gli americani? L’idea di ridisegnare i collegi elettorali per blindare il potere di un partito invece di garantire un’infrastruttura neutrale della democrazia è – prevedibilmente – estremamente impopolare. Un sondaggio di YouGov effettuato a inizio agosto mostra infatti che il 69% degli statunitensi vorrebbe vietare la pratica del gerrymandering. La percentuale sale all’80% tra gli elettori democratici e resta comunque maggioritaria anche tra i repubblicani, con il 57%. Solo il 9% degli americani ritiene invece che la pratica dovrebbe essere consentita , una quota che rimane nettamente minoritaria sia tra i democratici che tra i repubblicani . Tuttavia, quando la domanda riguarda i casi concreti, le opinioni si polarizzano. Un altro sondaggio condotto da YouGov a metà agosto rileva che il 30% degli americani approva la riforma portata avanti dai repubblicani in Texas e solo il 48% la disapprova. In questo caso, la percentuale di repubblicani in favore è ampiamente superiore a quanti di loro pochi giorni prima ritenevano che il gerrymandering dovrebbe essere illegale, ma rimane la stessa nel caso dei democratici . Per quanto riguarda la risposta della California, tra i democratici si apre un dilemma morale: rispondere colpo su colpo oppure mantenere la propria linea di principio? Un sondaggio di Politico-UC Berkeley Citrin Center condotto da TrueDot rivela che nonostante la netta contrarietà degli elettori Dem al gerrymandering, anche il 63% di loro si dice in favore alla risposta della California alla riforma del Texas, cedendo dunque alla strategia di rispondere ad armi pari piuttosto che rimanere fedeli ai propri valori di fondo. Infine, un sondaggio di Reuters/Ipsos fotografa un malessere ancora più profondo e una diffusa preoccupazione nei confronti della tenuta democratica del paese. La maggioranza assoluta degli americani considera queste manipolazioni dei collegi elettorali negative per la democrazia americana. Il 57% teme quest’ultima sia in pericolo, con picchi altissimi tra i democratici e livelli non trascurabili anche tra i repubblicani . Sullo sfondo, il sondaggio di Reuters misura anche la crescente sfiducia reciproca tra gli elettori dei due principali schieramenti e l’impatto dei conflitti politici sulle relazioni personali. Il 55% dei democratici oggi ritiene di non potersi fidare delle persone affiliate al partito avversario, così come il 43% dei repubblicani. Segnali di una polarizzazione della società che rende più facile giustificare mosse eccezionali “per non farsi fregare” dall’altro, ma che, nel lungo periodo, rischiano di indebolire le basi della democrazia.

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Gianluca De Feo