L’effetto inatteso della guerra in Ucraina sulla Corea del Nord

C’è un aspetto della guerra in Ucraina che l’occidente tende a ignorare: l’effetto che questa potrebbe aver avuto su un Paese lontano, come la Corea del Nord. Alla base di questo effetto di sponda, c’è il fatto che alcuni mesi fa, la Russia, in grande difficoltà sul campo e con sempre meno uomini da spedire al massacro, ha deciso di chiedere aiuto al più improbabile dei suoi alleati, la Corea del Nord appunto. L’impatto delle truppe nordcoreane sulla guerra è stato, nei fatti, minimo, perchè i soldati inviati da Pyongyang, a quel che risulta, erano del tutto inadatti a qualunque tipo di operazione militare: denutriti, confusi, non addestrati, incapaci di comprendere qualsiasi lingua non fosse la loro, protagonisti - sembra - persino di casi di fuoco amico contro i russi. Non solo: stima che la stragrande maggioranza di loro sia morta nel giro di poche settimane, senza portare nessun reale vantaggio alle truppe russe. Un disastro completo, tanto che, a quel che risulta, la Russia avrebbe smesso di chiedere alla Corea del Nord soldati per iniziare, invece, a chiedere operai da mandare a lavorare nelle fabbriche rimaste sguarnite di lavoratori russi, spediti, loro sì al fronte. Eppure, nonostante per la Russia gli innesti militari nordcoreani si siano rivelati completamente inutili, se non addirittura dannosi, è probabile che per la Corea del Nord l’intervento al fianco delle truppe russe si sia rivelato un ottimo affare. Questo perché ha consentito a Pyongyang di uscire, seppure per pochissimo, dal completo isolamento in cui si è asserragliata negli ultimi decenni, e soprattutto di entrare in contatto con una guerra vera, sul campo. Il che significa molto diversa da quella, fin qui solo immaginata, per la quale il Paese si è preparato per decenni. Affacciandosi alla guerra ucraina, il regime nordcoreano si è potuto fare un’idea di come si combatta sul campo, cosa che fino a pochi mesi fa ignorava del tutto. Allo stesso tempo ha imparato come si organizza un vero esercito e che cosa sia una tattica di guerra. I suoi soldati hanno imparato a maneggiare armi moderne e tecnologiche diventando, con il tempo, abili o, quantomeno, in grado di farlo. Saper maneggiare armi moderne e comuni, come droni o missili, nel caso di una guerra vera, per la Corea del Nord può rivelarsi molto più importante che non avere a disposizione un ricco arsenale nucleare, come quello sviluppato, negli ultimi anni da Pyongyang. Anzi. Il fatto che per decenni il regime si sia concentrato solo sullo sviluppo di armi nucleari ha per paradosso reso qualunque sua minaccia scarsamente credibile, perché era opinione comune che, qualunque guerra iniziata dalla Corea del Nord sarebbe finita nel momento stesso in cui Pyongyang avesse deciso di usare una delle sue bombe atomiche. Fatto questo gesto scellerato, infatti, il Paese non avrebbe potuto e saputo più fare niente altro, perché privo di esercito, artiglieria e conoscenze militari. Ora, invece, le cose potrebbero essere cambiate. Perché in Russia la Corea del Nord ha visto cos’è e come si combatte una guerra. E ha capito che per fare davvero paura al mondo non bastano le bombe atomiche. Occorrono anche uno stato maggiore, artiglieria e un esercito in grado di rendere il loro uso credibile. E questo è quello che potrebbe essere successo in questi mesi di dispiegamento dei soldati nordcoreani in Russia: aver imparato, compreso, costruito. Di recente, il capo dell'intelligence della difesa ucraina, tenente generale Kyrylo Budanov, una delle menti più fini di questa guerra, ha dichiarato in un’intervista al Japan Times: "Attualmente ci sono solo tre paesi al mondo con l'esperienza di condurre una guerra moderna su una lunghissima linea del fronte utilizzando praticamente tutti i mezzi convenzionali disponibili: Ucraina, Russia e Corea del Nord". Tra Mosca e Pyongyang, in questi mesi, si sono aperti canali di informazione e di scambio resi ancora più efficaci dal fatto che la Corea del Nord, a differenza di qualsiasi altro Paese al mondo, praticamente non ha cittadini, ma solo schiavi del regime, facilmente trasformabili in soldati pronti al martirio proprio o, se debitamente addestrati, a quello degli altri.

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Luciana Grosso