Perché le donne in politica restano una minoranza

Per le donne e la partecipazione femminile in politica il 1 agosto è una data importante. Il primo agosto del 1980, in Islanda, l’insegnante e madre single Vigdís Finnbogadóttir fu eletta alla Presidenza della Repubblica. Detta così può non sembrare una gran notizia, anche perché in Islanda, la Presidenza della Repubblica è più un ruolo di rappresentanza che di governo. Ma, in realtà, nell’agosto del 1980, l’elezione di Finnbogadóttir a Capo dello Stato Islandese una grande notizia lo era eccome. Perché quella era la prima volta in assoluto che una donna veniva eletta a capo di uno Stato. Prima di lei, certo, c’erano state decine di regine e imperatrici, ma si trattava di persone cui quel ruolo era toccato in sorte, per qualche bizza delle linee dinastiche. Nessuna, prima di allora, era mai stata eletta. E laddove alcune donne avevano guidato i loro Paesi non lo avevano fatto da Capo di Stato, ma da premier, come Sirimavo Bandaranaike, che nel 1960 divenne in assoluto la prima donna premier del mondo, o come Indira Gandhi, che nel 1980, prese la guida dell’India. Finnbogadóttir, invece, era leader del Paese. Pochissimi Paesi con più del 50% dei seggi occupati da donne A quasi mezzo secolo da quella svolta, molte cose in politica sono cambiate, ma una resta sorprendentemente immobile: la sottorappresentazione femminile nei parlamenti e nei governi. Secondo un report di Our World in Data basato sui dati dell’osservatorio V-Dem, Varieties of Democracy il problema è globale. I Paesi in cui le donne occupano più della metà dei seggi parlamentari si contano sulle dita di una mano: il Ruanda , con il 63,8% di deputate; Cuba con il 55,7%; Nicaragua con 53,9%. Poi solo Messico ed Emirati Arabi hanno aule parlamentari per metà occupate da donne. In Europa – dove pure la partecipazione femminile in politica è consolidata - le cose non vanno poi molto meglio: il Paese europeo con la maggior percentuale di deputate donne è – ci risiamo – l’Islanda, con il 47,6% di deputate, mentre se si guarda alla sola Ue, il record di rappresentanza spetta alla Svezia, con il 46,7% di deputate. Numeri simili si registrano nel Nord Europa e in , mentre altrove, sempre restando tra i 27, i numeri si fanno decisamente inferiori: 36% in Francia, 35% in Germania, 33% in Italia, fino al 14% di Cipro, per una media europea del 32%. In Uk rappresentaNti elette al 40%, in Usa SONO il 29% Al di fuori dell’UE, la situazione cambia, ma raramente lo fa in senso di maggiore inclusività: per esempio, nel Regno Unito, le rappresentanti elette si fermano al 40%; negli Stati Uniti, le rappresentanti al Congresso sono meno di un terzo del totale, pari al 29%. In Cina, posto che si possa parlare di membri eletti, le rappresentanti sono il 26% e in India, Paese che si è distinto per importanti leadership femminili come quella di Indira e Sonia Gandhi, le deputate sono solo il 13% del totale. Se si sposta il focus dai parlamenti ai ruoli di governo i numeri si fanno ancora più esigui: certo, dall’elezione di Sirimavo Bandaranaike in Sri Lanka nel 1960, molte si sono unite all’elenco delle donne a capo dell’esecutivo, da Margaret Thatcher ad Angela Merkel, fino a Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen, ma quasi mai lo hanno fatto contemporaneamente. I loro nomi sono sempre stati immersi in epoche e contesti storici nei quali molto raramente si ritrovavano ad avere delle colleghe. Più di frequente erano le uniche donne a tavoli completamente maschili. Politica terrItorio prevalentemente maschile Secondo i dati più aggiornati, dal 1960 a oggi, circa il 40% dei Paesi ha avuto almeno una leader donna. Ma nel 2023, anno in cui se ne contavano più che mai, rappresentavano appena l’8,3% dei capi di Stato o di governo a livello globale. Il mondo ha celebrato figure carismatiche e capaci, eppure l’accesso strutturale delle donne al potere resta un’anomalia. Non bastano le eccezioni per fare sistema. La politica continua a essere un territorio largamente maschile, soprattutto ai vertici. La democrazia paritaria resta, anche nel 2025, una promessa lontana.

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Luciana Grosso