Il velista pescarese condannato per traffico internazionale di stupefacenti, "è stato liberato dopo essere stato assolto". Ad annunciarlo, in un punto stamp all'unità di crisi alla Farnesina, è stato il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Lo skipper italiano era stato arrestato nel marzo 2020 nel Paese oceanico
Carlo D'Attanasio, il velista pescarese condannato in Papua Nuova Guinea per traffico internazionale di stupefacenti, "è stato liberato dopo essere stato assolto". Ad annunciarlo, in un punto stampa all'unità di crisi alla Farnesina, è stato il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Lo skipper italiano è stato arrestato nel marzo 2020 in Nuova Guinea, dove si trovava per una tappa del giro del mondo in barca a vela che stava compiendo in solitaria. L’accusa di narcotraffico internazionale è scattata a seguito allo schianto sull’isola di un aereo con a bordo 611 chili di cocaina.
D'Attanasio: "Sono davvero felice, grazie per la fiducia"
"Sono davvero felice, vi ringrazio tanto di aver avuto fiducia in me. Non smetterò mai di ringraziarvi di aver creduto in me e nella mia innocenza", sono state le prime parole pronunciate da D'Attanasio subito dopo la liberazione in seguito all'assoluzione. A riferirle è il legale di D'Attanasio, l'avvocato Mario Antinucci.
Il caso di Carlo D'Attanasio
Dopo un processo durato oltre tre anni e la reclusione, il 30 dicembre 2023 D’Attanasio, che in ogni fase del processo si è sempre dichiarato innocente, è stato condannato a 19 anni di carcere. I suoi legali, Mario Antinucci e David Dotaona, avevano poi inoltrato la richiesta di estradizione del velista pescarese che, affetto da un tumore al colon, era ricoverato da tempo in un ospedale locale.
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L'avvocato: "Tornato a vivere"
"Io non sono riuscito ad incontrarlo. Ho avuto dei contatti con gli uffici preposti. Siamo all'indomani della sentenza di assoluzione con formula piena di Carlo D'Attanasio e immediata liberazione dell'assistito", aggiunge il legale Mario Antinucci, soffermandosi, a proposito della vicenda giudiziaria, sul "ruolo determinante" della presidenza del collegio di "un giudice di noto orientamento garantista", oltre al "deposito immediato dei motivi d'appello in luogo di una procedura incidentale che noi chiamiamo qui in Italia, col nostro sistema occidentale, la clemenza e chiedere immediatamente la discussione della causa d'appello". L'avvocato Antinucci cita anche la "pessima strategia da parte di soggetti influenti anche della politica nazionale della Papua Nuova Guinea" e si sofferma sul "vice primo ministro, John Rosso, e dirigenti della polizia che si sono addirittura permessi, 15-20 giorni prima del giudizio in appello di parlare di una imminente deportazione del mio assistito. Evidentemente - osserva - questo ha messo i giudici nelle condizioni migliori per saper distinguere ciò che è vero da ciò che è falso".