La rivolta dei giovani giapponesi premia populisti e ultradestra

Il successo della destra ha terremotato la politica giapponese al voto per il rinnovo di un terzo della Camera Alta del Parlamento tenutosi domenica, e a trainare il successo di due formazioni radicali come il Partito Democratico del Popolo di orientamento populista e il Sanseito di estrema destra è stata la mobilitazione dei giovani delusi per la condizione del Paese. Boom della destra I nuovi gruppi populisti di destra hanno guadagnato seggi facendo sì che il Partito Liberal Democratico, la formazione conservatrice del premier Shigeru Ishiba che negli ultimi settant’anni ha perso il potere solo per cinque, perdesse 19 dei 66 seggi che controllava prima di questa tornata tra quelli interessati dalle elezioni e rimanesse senza maggioranza. In entrambe le camere della Dieta la formazione che fu del defunto Shinzo Abe non ha più la maggioranza, e questo rischia di porre un’ipoteca sul prosieguo dell’esperienza di Ishiba alla guida del Paese. In particolar modo si è fatto sentire l’effetto sul voto della retorica del fondatore del Sanseito, Sohei Kamiya, 47 anni, ex riservista dell'esercito e politico fuoriuscito del partito Liberal Democratico. Kamiya è sceso in campo facendo campagna sul modello del presidente Usa Donald Trump, propugnando un’agenda “Japan First” e chiedendo una netta discontinuità. Tale richiesta è stata accolta principalmente dall’elettorato più giovane. Pdp e Sanseito hanno ottenuto, più del 12% ciascuno su base nazionale, salendo rispettivamente di 7 e 9 punti rispetto al voto del 2022, mentre il Pld ha perso quasi 13 punti scendendo al 21,65%. Ma Kyodo News ha analizzato i flussi e sottolineato come i consensi dei due partiti anti-sistema raddoppino nell’elettorato under-40, facendoli arrivare complessivamente attorno al 50%. Dati, questi, che possono apparire come una forma di voto di protesta contro il Pld, criticato per la gestione dei diversi scandali interni di corruzione, per una presunta distanza eccessiva dalle giovani generazioni e per problematiche ritenute prioritarie dalla destra come l’immigrazione, considerata eccessiva. Il numero di stranieri residenti nel Paese è salito di oltre il 10% nel 2024 a 3,6 milioni di persone, in un contesto di declino demografico nazionale. Secondo il New York Times, però, è l’economia il vero problema percepito come strategico e vitale dai giovani nipponici: “I nuovi partiti hanno avuto successo perché hanno dato voce agli elettori più giovani che si sentono oberati di tasse per pagare la pensione della generazione dei loro genitori, mentre le politiche di protezione di interessi particolari impediscono loro di intraprendere maggiori sforzi imprenditoriali per migliorare le loro vite”. Lo scontento che spinge il voto a destra Anche il tema dell’inflazione, già impattante su molti voti nel 2024, è risultato decisivo. Come ha scritto su Ispi Guido Alberto Casanova, il Pld è stato penalizzato “soprattutto per l’aumento dei prezzi dei beni di consumo negli ultimi mesi”, che ha “colpito pesantemente il portafoglio dei cittadini giapponesi, i cui salari reali negli ultimi mesi hanno subito una continua contrazione. A guidare l’inflazione galoppante – assestatasi sopra al 3% negli ultimi 6 mesi – è poi l’aumento del prezzo di uno dei prodotti agricoli alla base dell’alimentazione giapponese: il riso, il cui prezzo rispetto all’anno scorso è praticamente raddoppiato”. Le formazioni di destra hanno avuto gioco facile ad accusare Ishiba di accelerare il declino di Tokyo e a invocare svolte radicali per il Paese. In quest’ottica, diversi politologi segnalano che dall’uscita di scena di Abe, che ha lasciato il potere nel 2020 prima di essere assassinato nel 2022, i liberaldemocratici hanno avuto grandi difficoltà a mantenere sotto la propria ala un elettorato più spostato a destra e nazionalista che il Pld conservava nel suo alveo utilizzando la leva della retorica patriottica e il ricordo di molte delle più controverse pagine del nazionalismo nipponico del passato. Non a caso, il moderato Ishiba è finito sotto accusa e si è iniziato a parlare della possibilità che possa essere sostituito da esponenti provenienti dall’ala destra del Pld. Il leader di Tokyo, però, ha rifiutato l’ipotesi delle dimissioni e ha rivendicato il suo ruolo come figura di equilibrio e premier capace di gestire le crisi in cui oggi il Giappone è inserito, dalla sfida del rilancio della difesa contro l’assertività cinese alla partita tariffaria con gli Usa di Donald Trump. Ad oggi, la grande sfida per i liberaldemocratici sarà capire se l’attuale fiammata sia un sintomo del malcontento o l’inizio di uno smottamento sistemico che potrebbe facilitare l’erosione del loro potere. Preso tra un delicato equilibrio interno e complessi contesti internazionali, il Giappone è a un decisivo crocevia politico. E la classe dirigente non può ignorare il malcontento delle sue generazioni più giovani e dinamiche che alimenta, come succede in altri contesti , un successo dell’ultradestra figlio soprattutto del senso di abbandono di una fetta crescente della popolazione.

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