Quasi 9 ore di discorso, l’ultima (inutile) resistenza dem al Big Beautiful Bill

Resistere, resistere, resistere, almeno per otto ore e 45 secondi. Hakeem Sekou Jeffries batte ogni record e pronuncia il discorso più lungo di sempre alla Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti. Il noto esponete del Partito Democratico che dal 2013 è rappresentante dello Stato di New York, ha cercato di ritardare l’approvazione della controversa legge di bilancio, tanto voluta dal Presidente Trump. Ha iniziando il suo intervento prima dell'alba, dicendo che se la sarebbe presa comoda e così ha fatto. Poco prima delle 13:30, ha battuto il record stabilito nel 2021 dal deputato Kevin McCarthy, repubblicano della California che aveva parlato per più di otto ore. L’obiettivo di McCarthy era ritardare il voto su un disegno di legge democratico da 2.000 miliardi di dollari volto a rafforzare la rete di sicurezza sociale e combattere il cambiamento climatico. Jeffries ha sfruttato il cosiddetto “minuto magico”, una tradizione che consente ai leader della Camera di parlare per tutto il tempo che desiderano durante un dibattito in aula. Il discorso ha rappresentato l'ultimo ostacolo democratico all'approvazione del disegno di legge dei repubblicani per estendere i tagli fiscali e tagliare i programmi di previdenza sociale. Tutto inutile ovviamente, i repubblicani avevano i voti necessari per approvarlo. L’ultima “vittoria” dei democratici servirà a poco o a nulla se non a sottolineare le capacità oratorie di Jeffries, che con la resistenza fisica e una retorica fluente sperava probabilmente di guadagnare qualcosa in termini di popolarità, per sé stesso e per un partito democratico in affanno. Il discorso si è concentrato principalmente sulle conseguenze dei tagli alla spesa per i programmi di previdenza sociale, raccontando storie di americani vulnerabili che soffriranno in prima persona i tagli a Medicaid. Hakeem Jeffries è il primo afro-americano a ricoprire l’incarico di Leader della minoranza della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti. Il deputato battista nato a Brooklyn è cresciuto nel sistema scolastico pubblico di New York e si è diplomato alla Midwood High School. Vive a Prospect Heights con la moglie assistente sociale e due figli. Ha frequentato la Binghamton University e conseguito prima un master in Politiche pubbliche alla Georgetown University e poi la laurea in Giurisprudenza alla New York University. Per anni ha lavorato come avvocato per poi scegliere di dedicarsi alla politica a livello locale. Il suo primo incarico è stato all’Assemblea dello Stato di New York nel 2006, ma il salto a livello nazionale è arrivato nel 2012. Jeffries si definisce un “progressista pragmatico”. È membro dell’House Progressive Caucus, un collettivo di legislatori, tra le sue priorità la riforma della giustizia penale e rendere accessibili a tutti gli alloggi, l’assistenza all’infanzia e quella sanitaria, l’istruzione e i farmaci. Ha presentato riforme sull’uso eccessivo della forza da parte della polizia dopo le morti di Eric Garner e George Floyd, chiede misure rigide per il controllo delle armi e più libertà di scelta per le donne in campo riproduttivo. Jeffries è un fan sfrenato di Notorious BIG, di cui cita i testi durante le sessioni alla Camera. Come lui anche il rapper, il cui vero nome è Christopher Wallace, era cresciuto a Brooklyn. I democratici in cerca di un leader guardano anche a lui come ad un possibile candidato capace di scaldare i cuori come fece Barack Obama nel 2008 ma intanto sperano di raccogliere i frutti degli errori dell’attuale amministrazione: quando gli effetti dei tagli del Big Beautiful Bill cominceranno a manifestarsi, assicurano i democratici, non servirà un grande sforzo per conquistare l’elettorato pentito. Alcuni sono persino convinti che alle elezioni di metà mandato potrebbero anche riuscire a riprendersi una delle Camere, se non entrambe. Difficile dire se quelle dei democratici siano acute previsioni o fantasiose speranze. Di certo, se vuole vincere, Hakeem Sekou Jeffries dovrà cambiare il passo di un partito che recentemente non ha mai trovato una strategia vincente.

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