Perché il numero di rifugiati sta crescendo in tutto il mondo

Sempre più persone devono abbandonare la propria casa a causa di guerre, violenze, carestie e persecuzioni. Nel 2024 sono stati più di 123 milioni gli sfollati in tutto il mondo. Una cifra record, quella certificata nel rapporto Global Trends dell’UNHCR, l'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, che comprende i rifugiati sotto il mandato dell'UNHCR, i rifugiati palestinesi sotto il mandato dell'Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l'Occupazione dei Rifugiati in Palestina , i richiedenti asilo, gli sfollati interni e altre persone bisognose a vario titolo di protezione internazionale. Una crescita insostenibile Il record dello scorso anno si inserisce in un decennio in cui il numero di persone sradicate da casa è costantemente aumentato. Ed è addirittura raddoppiato dal 2014. Le condizioni degli sfollati sono in peggioramento perché, mentre il loro numero aumenta, la disponibilità di risorse per aiutarli è stata drasticamente mutilata dalla decisione dell’amministrazione Trump di sospendere gli aiuti umanitari. E, infatti, l’UNHCR - per voce del Commissario Filippo Grandi - in occasione della Giornata mondiale dei rifugiati lancia l’allarme per la situazione attuale e invoca a gran voce l’unica alternativa ai mancati finanziamenti Usa, la pace. In assenza di pace, la situazione è destinata a peggiorare rapidamente. I conflitti più o meno noti Le principali cause di sfollamento sono rappresentate dai grandi conflitti nel mondo, che si consumano in aree che non sempre hanno una costante copertura mediatica ma che continuano a mietere vittime ed esodi forzati. Come il conflitto in Sudan e in Myanmar, oltre a quello a noi più noto in corso in Ucraina. E proprio questi sono i Paesi che contano il maggior numero di sfollati, oltre alla Siria, dove però la caduta del regime di Assad ha migliorato la situazione, tanto che da qualche mese è aumentato il numero di profughi rimpatriati a Damasco. Il Sudan è diventato il paese con il più grande numero di sfollati al mondo, con 14,3 milioni di rifugiati e sfollati interni, superando la Siria ed è seguito da Afghanistan e Ucraina . Anche le tensioni politiche di Venezuela e Colombia hanno generato un gran numero di sfollati, più di 15 milioni nel 2024. Le migrazioni interne La maggior parte di chi deve abbandonare la propria abitazione non lascia i confini del proprio Paese di origine. Gli sfollati interni, infatti, continuano a costituire la maggioranza di tutte le persone costrette a fuggire a livello globale . Secondo i dati dell'Internal Displacement Monitoring Centre, alla fine del 2024 risultavano sfollate all’interno del proprio Paese circa 73,5 milioni di persone, 6,3 milioni in più rispetto all’anno precedente. Di quelli che invece sono costretti a valicare i confini nazionali, 2 su 3 trovano asilo nei Paesi limitrofi. Chi accoglie i rifugiati A livello globale, la Repubblica Islamica dell'Iran , la Turchia , la Colombia , la Germania e l'Uganda hanno ospitato le più numerose popolazioni di rifugiati. Quasi tutti i rifugiati ospitati in Iran e in Pakistan sono afghani in fuga dal regime talebano. Analogamente, quasi tutti i rifugiati in Turchia sono siriani così come la maggior parte dei rifugiati e delle altre persone bisognose di protezione internazionale accolte in Colombia sono di origine venezuelana. L’Uganda riceve, invece, i profughi sudanesi. Con l’eccezione della Germania, sono i Paesi a basso reddito a ospitare la quota più elevata di sfollati nel mondo, una quantità sproporzionata sia in termini di dimensioni della popolazione che di risorse a loro disposizione. I Paesi più accoglienti rappresentano, infatti, il 9 per cento della popolazione mondiale e solo lo 0,6% del prodotto interno lordo globale, eppure hanno ospitato quasi un rifugiato su cinque . E il dato lo scorso anno era ancor più marcato: nel 2023 era il 28 per cento di rifugiati a venire accolto in Paesi a basso reddito, e la differenza rispetto al 2024 è spiegata con il passaggio dello status riconosciuto dalla Banca mondiale all’Iran, appena diventato Paese a reddito medio e non più basso.

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