Perché il Vecchio Ponte Sava in demolizione è un simbolo delle proteste in Serbia

Percosso e arrestato il 6 marzo scorso durante una manifestazione, contro di lui ha intentato una causa il colosso dell’edilizia Millennium Team, vicino al presidente Aleksandar Vučić: Dejan Atanacković è un artista visivo e scrittore serbo con cittadinanza italiana, in prima linea nella battaglia contro la devastazione urbanistica di Belgrado, la città in cui è nato nel 1969, nemico giurato del partito al potere da oltre un decennio. Si divide tra Firenze e la capitale serba dall’inizio degli anni Novanta, quando arrivò in Italia per studiare all’Accademia delle Belle Arti, scappando dalle guerre dell'ex-Jugoslavia, all’epoca - buia - del nazionalismo del presidente Slobodan Milošević. Negli ultimi mesi Atanacković ha sentito l’esigenza di passare più tempo possibile in Serbia, il Paese diviso tra Est e Ovest, tra i legami storici che lo avvicinano alla Russia e un processo di integrazione ai 27 arenato. “Se oggi sono qui, è perché Belgrado in questo momento critico è un luogo di una importanza fondamentale, è il luogo dove tutti noi combattiamo per la difesa della nostra dignità. Stiamo lottando per adeguare la Serbia agli standard di valori europei e quindi per l’Europa”. Il primo novembre scorso il dissenso covato negli oltre dieci anni di potere del presidente Vučić e del suo partito SNS è deflagrato a seguito del crollo di una pensilina nella stazione di Novi Sad, nel nord della Serbia, che ha portato alla morte di 16 persone. Sotto accusa la mancanza di trasparenza, gli ostacoli alla libertà di stampa e di espressione, la corruzione imperante e la conseguente gestione “banditesca” degli appalti e delle infrastrutture, che avvantaggerebbe poche aziende, amiche dei vertici, e potenze straniere. Gli universitari hanno preso la testa del movimento protestatario trascinando sempre più cittadini. Tra i tanti fronti aperti nel più generale scontro con le autorità c’è quello urbanistico. Atanacković non si stanca di ripeterlo: “Il regime non cadrà finché non cadranno i suoi cantieri criminali”. Incontriamo Atanacković nel luogo che più di tutti riassume le contraddizioni del potere Vučić: il Vecchio Ponte Sava che collega la città vecchia con la Nuova Belgrado. O meglio nei pressi di quello che fu il Ponte Sava. Costruito nel 1942, lo Stari Savski Most, così si chiama in serbo, fu salvato dalle mine dei tedeschi in ritirata, grazie all’iniziativa di un valoroso professore, Miladin Zarić, che monitorò per giorni le manovre dei nazisti tagliando i fili delle micce e impedendone l’esplosione. “Questo atto eroico permise di liberare Belgrado con molta più rapidità, è diventato così un monumento antifascista”, spiega l’artista. Dal 2016 il governo ha in progetto di demolirlo: lo scorso ottobre, alla vigilia della tragedia di Novi Sad, si è passati dalle parole ai fatti. Pezzo dopo pezzo il ponte viene smontato, sotto agli occhi, ancora increduli, dei cittadini belgradesi che assistono impotenti alla distruzione di quello che è stato non solo un simbolo ma un importantissimo snodo del traffico cittadino. Per capire le ragioni della demolizione basta alzare lo sguardo: attorno a noi un mostro di cemento composto da decine di grattacieli residenziali che fanno parte del Belgrade Waterfront, il mastodontico progetto edilizio che incarna l’estetica e lo spirito dell’era Vučić, avviato nel 2014, sulla carta, per dare un volto moderno alla città. Il ponte Sava è uno degli ultimi baluardi del vecchio paesaggio urbano. “Siamo di fronte a uno dei tanti atti corruttivi portati avanti in questi 12 anni da un sistema che posso apertamente definire criminale e che ha espropriato una grande parte della città per darla in mano ai privati. Tutti questi edifici di recente costruzione fanno parte di un progetto finalizzato a permettere alle aziende amiche del regime di avere dei profitti. Non c’è ancora un piano chiaro su quello che succederà dopo la demolizione e su come si sostituirà questo collegamento, è una decisione totalmente ingiustificata e contro l’interesse pubblico”, spiega. Dopo i fatti di Novi Sad, Atanacković e gli attivisti di Most Ostaje, il comitato a difesa del ponte, hanno capito che questa battaglia stava diventando sempre più cruciale. “Per cinque mesi abbiamo presidiato notte e giorno il ponte, mentre il regime minacciato dalle proteste ha accelerato la demolizione”. In un gesto di solidarietà la tenda, in cui gli attivisti hanno dormito e si sono rifocillati nelle lunghe ore di turno, è stata donata al movimento universitario nei giorni del blocco della televisione pubblica, un regalo che esemplifica bene la connessione con la contestazione più ampia in corso nel Paese. Il ponte Sava, però, non è un’eccezione. “Dietro di te c’era la vecchia stazione dei pullman che è stata abbattuta e rimpiazzata - racconta - con una nuova che è praticamente irraggiungibile per la maggior parte dei cittadini. E così è accaduto anche per la stazione ferroviaria ottocentesca”. Basta scorrere rapidamente la mappa della città per individuare una costellazione di luoghi minacciati o già demoliti. Il racconto di Atanacković continua con un infinito elenco di fantasmi, edifici storici di cui restano solo le fotografie. A cominciare dall’Hotel Jugoslavia, oggi un cumulo di macerie, forse il caso più emblematico e sconcertante. Il fiore all’occhiello dell’architettura socialista, tappa immancabile per i turisti, è stato raso al suolo e diventerà un albergo di lusso. “La struttura è stata demolita fuori da ogni regola del mestiere della demolizione, l'azienda non ha nemmeno la licenza per farlo. Per non parlare della questione dell'amianto: tutti sapevano che nelle mura ce n'era in grosse quantità, ma i cittadini non sono stati nemmeno informati. Altre criticità invece riguardano lo smaltimento dei rifiuti edili che sono stati prodotti”. Atanacković ripete anche ai nostri microfoni quello che ha denunciato più volte nei salotti televisivi e sulle colonne dei giornali serbi. Parole che potrebbero costargli caro, addirittura un anno di prigione. Di pochi giorni fa la notizia che è stato raggiunto da un’azione legale aperta contro di lui dalla già citata impresa edile Millennium Team che ha gestito la demolizione dell’Hotel Jugoslavia e ha partecipato alle costruzioni del Belgrade Waterfront. Atanacković non si lascia intimidire e continua con le sue battaglie nonostante lo spettro di un nuovo arresto. Spera in cuor suo che l’Europa, che non ha mai interrotto il dialogo con il presidente Vučić senza manifestare un reale sostegno per le proteste in corso, apra gli occhi su quello che sta succedendo in Serbia. “I palazzi devastati sono la punta dell’iceberg: terre avvelenate, una situazione di politica interna ed estera disastrata. L’Ue dovrebbe rendersi conto che ha nel proprio vicinato un governo estremamente pericoloso non solo per i propri cittadini ma anche per la stabilità e per la pace di tutta la regione”. Dal prossimo autunno il suo romanzo "Lusitania", con cui si è aggiudicato uno dei principali riconoscimenti letterari serbi, arriverà nelle librerie italiane grazie alla casa editrice Bottega Errante.

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