Israele verso una crisi di governo? Lo spettro del voto anticipato su Netanyahu

Israele si avvia verso elezioni anticipate in autunno? La risposta arriverà nei prossimi giorni quando l’opposizione compatta cercherà di far cadere il sesto governo di Benjamin Netanyahu sfruttando le fratture interne. Se il tentativo avrà successo si giungerà allo scioglimento della Knesset, il parlamento di Tel Aviv, un anno prima della scadenza naturale della legislatura prevista per ottobre 2026. L’ex primo ministro Yair Lapid, leader del partito centrista Yesh Atid e leader dell'opposizione, ha annunciato su X che la sua formazione presenterà un disegno di legge "alla plenaria per sciogliere la Knesset" all’inizio della prossima settimana. L’opposizione di sinistra de I Democratici e i nazionalisti laici di Yisrael Beitneu hanno appoggiato la proposta di Lapid dopo che Netanyahu ha aperto alla possibilità di presentare una legge che regolamenti il servizio militare degli Haredi, gli ebrei ultraortodossi, a cui nel marzo 2024 l’Alta Corte di Tel Aviv ha revocato il principio di esenzione di cui storicamente godevano. Netanyahu tra due fuochi Il premier si trova tra due fuochi. Da un lato, un membro del suo Likud, la formazione conservatrice perno della coalizione, sta lavorando alacremente per trasformare la sentenza in obbligo di legge: parliamo del presidente della Commissione Affari Esteri e Difesa della Knesset, Yuli Edelstein, già presidente del parlamento dal 2013 al 2020. Dall’altro, Netanyahu ha subito la fronda di Giudaismo Unito nella Torah , partito espressione degli ultraortodossi più radicali che sostiene il primo ministro. Come riportato dal Jerusalem Post, il leader del partito Yitzhak Goldknopf ha chiesto a Netanyahu di convincere Edelstein a ritirare la proposta di legge, minacciando in caso contrario l’uscita dalla maggioranza. La battaglia sulla coscrizione Ad oggi nessun tentativo in tal senso sembra riuscito, e per Netanyahu la situazione si è fatta ancora più complessa dopo che anche il terzo partito di Israele, gli ultraconservatori di Shas parte della coalizione di governo, ha annunciato la sua ostilità al disegno di legge. La motivazione è la natura delle sanzioni previste per i renitenti, ritenute eccessive dalle frange più estreme del movimento ortodosso. Esse, nota il Times of Israel, includono “la perdita di agevolazioni fiscali sulla proprietà, sconti sui trasporti pubblici, agevolazioni fiscali per le lavoratrici sposate con evasori di leva, l'esclusione dalla lotteria per l'alloggio e la cancellazione di sussidi per asili nido e studi”, mentre sarebbe impedito inoltre “ai renitenti alla leva fino a 29 anni di ottenere la patente di guida o di viaggiare all'estero, esponendoli al rischio di arresto”. Tanto Utj quanto Shas hanno annunciato di aver a loro volta proposto delle mozioni di scioglimento della Knesset, che ad oggi amplierebbero dunque il fronte dei favorevoli sino a includere un numero di parlamentari sufficiente a concludere la legislatura: con 16 deputati su 120, i due alleati frondisti del Likud basterebbero, sommati alle opposizioni, a staccare la spina al governo Netanyahu. Per il primo ministro le prossime giornate saranno dunque febbrili e costellate da trattative su ogni fronte: con Edelstein e le figure più istituzionali della destra israeliana restii a non trasformare in obbligo di legge una sentenza vincolante, ma anche con i conservatori religiosi decisivi per la tenuta della coalizione, la cui stabilità era già stata scalfita in passato dalle rivalità tra etno-nazionalisti e Likud sul possibile cessate il fuoco a Gaza. Netanyahu in bilico? Più che dai suoi numerosi rivali esterni, la minaccia per la tenuta di una coalizione complessa è portata dall’interno, dal sostanziale radicalismo degli alleati del Likud che alla lunga rischiano di pregiudicare la carriera politica dell’attuale premier. Secono i sondaggi infatti, su Netanyahu aleggia lo spettro di una sconfitta elettorale che lo riporterebbe all’opposizione e dunque a fare i conti con i processi in cui è imputato e le inchieste sul Qatargate e sul fallimento della sicurezza interna il giorno dell’attacco di Hamas, il 7 ottobre 2023. Mentre attorno a Israele il Medio Oriente continua a bruciare, Netanyahu si gioca una partita importante. E con lui l’intero Stato Ebraico, che potrebbe conoscere l’ottavo voto in dieci anni in cui nessuna legislatura è finita nei termini inizialmente previsti.

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