Spagna, Sanchez incassa una sconfitta sulla ‘battaglia delle lingue’ in Europa

Il presidente del governo spagnolo Pedro Sánchez ha incassato una dura sconfitta politica nella giornata di martedì al Consiglio Affari generali dell'Unione Europea, dato che i delegati nazionali hanno respinto la proposta di Madrid di promuovere catalano, basco e galiziano a lingue ufficiali dell'Ue. Un vero e proprio scacco per il leader socialista spagnolo, che dopo il voto politico del luglio 2023 ha incassato l’appoggio delle formazioni regionaliste per sbarrare ai conservatori del Partito Popolare e alla destra nazionalista di Vox la via del governo presentandosi come paladino dei diritti delle minoranze locali. In particolare, la formazione catalana indipendentista Junts ha proposto a Sanchez l’idea di inserire nel programma di governo la promozione delle tre lingue a idiomi riconosciuti dall’Unione Europea. Cosa è successo a Bruxelles Questa prospettiva farebbe sì che ogni atto ufficiale dell’Ue venga tradotto anche in basco, catalano e galiziano e consentirebbe agli esponenti delle formazioni regionaliste eletti all’Europarlamento di pronunciare discorsi nei propri idiomi locali. Il ministro degli Esteri José Manuel Albares ha cercato in ogni modo di costruire consenso attorno alla proposta, ma alla fine, secondo le indiscrezioni filtrate da Bruxelles, l’opposizione di dieci Paesi avrebbe indotto allo stralcio del progetto spagnolo dall’ordine del giorno del prossimo Consiglio Europeo, portando la proposta su un binario morto. Ad oggi, nessuna lingua locale è elevata al rango di idioma ufficiale dell’Unione Europea, e se la proposta di Sanchez fosse passata avrebbe inevitabilmente contribuito a creare un precedente, scatenando una corsa al particolarismo la cui gestione sarebbe stata quantomeno complessa. Diverse minoranze linguistiche potrebbero, sulla scia di baschi, catalani e galiziani, chiedere spazio. Tra queste si segnalano i bretoni e i corsi in Francia, i fiamminghi in Belgio e, potenzialmente, anche i russofoni dei Paesi baltici. Uno scacco per Sanchez Il leader di Madrid ha però dovuto inevitabilmente pagare dazio alle logiche politiche interne dell’alleanza post-elettorale coi partiti che danno appoggio esterno all’esecutivo che il Partito Socialista Operaio di Spagna forma con la sinistra di Sumar e che senza baschi, catalani e galiziani sarebbe un governo di minoranza. E ora il fallimento della sortita porta il governo in un territorio inesplorato. Politico.eu nota che “questa sconfitta potrebbe mettere a repentaglio la capacità di Sánchez di approvare una nuova legge di bilancio e di soddisfare le richieste della Nato di un aumento della spesa per la difesa da 10 miliardi di euro” promesso da Madrid da diverse settimane. Nel contesto di equilibri di coalizione sempre più complessi, politica estera e interna si sommano nel determinare il futuro del governo spagnolo: Sanchez sta cercando di bilanciare da un lato un’agenda aperta alla causa della sinistra sul fronte delle critiche a Israele per il conflitto a Gaza e dall’altro l’impegno a sostenere le linee politiche occidentali sull’assistenza all’Ucraina e il riarmo, mirando al contempo a blindare la crescita economica della Spagna con una legge di bilancio che metta al sicuro le politiche a sostegno dei redditi più bassi, del welfare e della transizione green promosse nel suo mandato. Per farlo, però, ha bisogno dei voti in Parlamento dei regionalisti e indipendentisti di Paesi Baschi, Galizia e Catalogna, con Junts che da sola, passando all’opposizione, farebbe scendere la maggioranza sotto i 176 voti necessari alla maggioranza assoluta alle Cortes. Il fallimento di Sanchez in Europa impatterà sulla tenuta della coalizione? Sul breve periodo una crisi sembra scongiurata, ma è chiaro che le difficoltà del governo nel raggiungere un obiettivo oggettivamente difficile rendono complesso per la Moncloa soddisfare gli alleati minori. Sanchez sulla graticola Parlando con Politico.eu, un dirigente del partito catalano “ha affermato che i diplomatici spagnoli hanno collaborato in buona fede durante gli anni di intensa attività di lobbying” riconoscendone la buona fede e criticando, invece, l’ostruzionismo della destra iberica in Europa, ma “si è rifiutato di dire se le minoranze avrebbero ritenuto Sánchez responsabile per il mancato rispetto di uno degli impegni assunti nell'accordo di sostegno stipulato nel 2023”. Insomma, il presidente del governo si trova ad affrontare un nuovo dossier politico tutt’altro che secondario dopo aver già ricevuto accuse per la crisi del sistema elettrico che ha portato al maxi-blackout del 28 aprile e la conseguente risposta, ritenuta tardiva, delle autorità. Sarà un’estate calda per un leader che ha grandi ambizioni nazionali ed europee deve affrontare continue sfide che rappresentano un crocevia per la sua sopravvivenza politica e per quella di una coalizione attiva ma intrinsecamente fragile.

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