Perché Londra e Bruxelles hanno bisogno l’una dell’altra

Dopo oltre quattro anni dall’uscita ufficiale di Londra, l’Unione Europea ha concluso col Regno Unito delle intese volte a regolamentare le relazioni bilaterali nell’era post-Brexit. Il summit di Lancaster House a Londra tra il governo di Keir Starmer e le massime autorità comunitarie, il presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, ha prodotto l’accordo per il reset dei rapporti tra l’Europa a ventisette e l’Oltremanica mettendo al centro nuove norme e prescrizioni volti ad abbattere le barriere della Brexit. Dal commercio alla sicurezza “Un nuovo inizio per dei vecchi amici”, ha dichiarato von der Leyen, mentre Starmer ha parlato di “un’intesa molto ambiziosa” nella conferenza stampa congiunta di oggi. L’accordo ha valenza strategica per entrambi i contraenti e si ripropone di dare una struttura concreta alle relazioni tra Londra e il blocco da cui è uscita dopo il referendum del giugno 2016 per aumentare la solidità dei rapporti politici ed economici bilaterali. Dopo le due intese commerciali siglate nelle scorse settimane da Londra con India e Stati Uniti, quella con l’Unione europea parte dalle sinergie in campo economico per ampliarsi a un vero e proprio partenariato a tutto campo teso a regolare in forma completa il rapporto. Non a caso grande enfasi è stata data all’abbattimento di due simboli della rinnovata distanza tra Londra e il resto dell’Europa nel post-Brexit. Da un lato, infatti, l’accordo pur mantenendo il Regno Unito fuori dall'unione doganale esenterà dai controlli sanitari e fitosanitari i prodotti agroalimentari, tra cui carne fresca, verdure, legname, lana e cuoio, che passeranno da una sponda all'altra della Manica e che erano stati duramente colpiti in questi anni dall'irrigidimento delle ispezioni. Dall’altro, invece, garantirà la cooperazione sulla pesca consentendo il reciproco accesso alle acque per dodici anni a partire dall’1 gennaio 2026. Per Starmer queste misure apparivano fondamentali dopo il calo del 21% delle esportazioni e del 7% delle importazioni verificatosi tra Londra e l’Ue nel post-Brexit e consentiranno di aggiungere 9 miliardi di sterline all’economia del suo Paese nel prossimo decennio. Regno Unito e Unione europea sentono di avere bisogno l’uno dell’altra e di essere, in questa fase geopolitica critica, sulla stessa barca: sono comuni, pur con sfumature, le sfide poste dal possibile disimpegno Usa dall’Europa; sono in prospettiva rischiose per entrambe le nuove guerre commerciali; sono oggi più che mai urgenti le spinte ad abbattere delle barriere artificiali che fermano lo sviluppo di entrambi gli attori. Il patto militare Inoltre, si sente pressante l’esigenza di una cooperazione geopolitica a tutto campo, che prenda le mosse dal settore della difesa: a Lancaster House Regno Unito e Ue hanno concordato, ricorda il Guardian, “l'accesso di Londra a un nuovo strumento di finanziamento del riarmo dell'Ue da 150 miliardi di euro , noto come Safe, che sta per essere approvato dagli Stati membri”, aprendo a una sistematizzazione delle diverse partnership bilaterali che i britannici hanno già con molti partner. Londra collabora già con la Francia sul settore missilistico, con la Germania sui veicoli militari e con l’Italia sull’aeronautica , e ora si impegna a un’integrazione crescente che mostra come, nonostante la volontà di tener viva l’unità transatlantica, il Regno Unito guardi ai Paesi del continente come a partner sempre più strategici. Non mancheranno anche componenti dell’accordo che rappresentano vere e proprie inversioni di marcia rispetto alla linea della Brexit: si prevede che le università britanniche torneranno a unirsi al programma Erasmus, che si cercherà un’armonizzazione tra i rispettivi mercati dei permessi d’inquinamento e che ci sarà una rivoluzione copernicana nei rapporti energetici. Come nota Politico.eu, “le parti hanno concordato che il Regno Unito rientrerà di fatto nel mercato unico dell'elettricità e seguirà le normative dell'Ue, con la supervisione della Corte di giustizia europea”. Brexiters all’attacco e il dilemma Farage Le mosse in questione rappresentano la volontà di Starmer di ammorbidire l’eredità dei governi del Partito Conservatore, che soprattutto nell’era di Boris Johnson avevano cercato di distaccare nettamente Londra e Bruxelles. Ora il primo ministro dovrà difendere l’accordo di fronte al Parlamento in cui il suo Partito Laburista è maggioranza e i Tory guidano l’opposizione, ma anche di fronte a un Paese dove crescono sempre più i consensi del Reform Party di Nigel Farage, il leader populista protagonista della campagna pro-Brexit nel 2016. Per quest’ultimo l'accordo è "una resa", mentre per la leader conservatrice Kami Badenoch è un problema il fatto che "stiamo tornando a essere soggetti alle regole di Bruxelles". Il Reform sta cavalcando il malcontento per le problematiche economiche e sociali, la protesta contro le politiche migratorie e ambientali degli scorsi anni e la polarizzazione interna al Regno Unito per raggiungere posizioni di leadership nei sondaggi: alcune rilevazioni danno Farage e i suoi al 31-32%, dai quattro ai sette punti sopra il Labour e oltre dieci punti sopra i Tory. Questi ultimi cercano di inseguire il tribuno pro-Brexit sul suo stesso terreno, rendendo più dura l'opposizione a Starmer che, a meno di un anno dalla sua vittoria elettorale, dovrà difendere il suo accordo più importante di fronte a un clima politico decisamente problematico. E sperare che dalla sua implementazione provengano gli stimoli per recuperare terreno di fronte all’opinione pubblica.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Perché Londra e Bruxelles hanno bisogno l’una dell’altra