Come funziona la sorveglianza totale del Doge di Musk

Negli ultimi mesi, il Department of Government Efficiency , la branca del governo federale statunitense affrettatamente riplasmata a immagine e somiglianza di Elon Musk, ha avviato un progetto di integrazione dei database fiscali, assistenziali e di sicurezza interna senza alcun precedente nella storia americana. L’obiettivo messo a verbale dai sostenitori del DOGE è sempre quello, fin dal primo giorno in sella di Trump: migliorare l’efficienza del governo, snellire i processi burocratici e dare filo da torcere agli sprechi di denaro pubblico. Eppure, le modalità sbrigative e i tempi ridottissimi con cui i suddetti sistemi sono stati unificati e messi a soqquadro hanno portato la maggior parte degli osservatori a interrogarsi su cosa sta succedendo oltreoceano; per cominciare: che fine ha fatto la tutela della privacy? Un discorso che si applica in particolare allo status delle persone migranti, il primo grande obiettivo pubblico del governo statunitense. Come sottolineato da un’inchiesta di Wired US pubblicata il 3 maggio scorso, il DOGE di Musk sta già integrando dati provenienti dall’Internal Revenue Service , dalla Social Security Administration e dal Department of Homeland Security . Il software, sviluppato sotto la direzione dello stesso fondatore di Tesla, permette di incrociare i database di queste agenzie con una facilità disarmante, de facto producendo un’identità digitale unificata per ogni singolo individuo. Il suddetto sistema viene già impiegato per rintracciare migranti irregolari, processare le loro richieste di asilo e, in altre occorrenze, avviare con effetto immediato le pratiche per l’espulsione. La potenza dello strumento creato da Musk e i suoi è ravvisabile anzitutto nella sua capacità di mappare intere esistenze attraverso un mero controllo incrociato di dati: dichiarazioni dei redditi, prestazioni assistenziali, movimenti bancari, cronologia degli impieghi e spostamenti messi a registro negli archivi dei controlli di frontiera. Come rivelato dallo stesso magazine americano, alcuni funzionari hanno confermato di aver utilizzato questi strumenti anche su persone che si trovano legalmente negli Stati Uniti, ma che presentano legami familiari o persino transazioni finanziarie ritenute discrezionalmente “anomale” dal governo. Gli esperti, non a caso, parlano direttamente di una forma di “profilazione automatica” che riduce la persona a una sequenza di dati, gestiti da un set di algoritmi e politiche della privacy su cui continua a gravare una cappa di opacità. La sorveglianza si estende così al di fuori dei luoghi di frontiera fisica, e finisce per coinvolgere – almeno in potenza – milioni di persone, molte delle quali con permessi regolari, che come successo in tempi recenti possono trovarsi improvvisamente sotto indagine, sospesi tra legalità e irregolarità sulla base di criteri esclusivamente statistici, e non giuridici. Se ciò non dovesse bastare, va detto anche che la raccolta e l’elaborazione dei dati avvengono senza che i diretti interessati ne siano adeguatamente informati, e a fronte di possibilità di fare ricorso virtualmente nulle. Di certo, al vertice del DOGE ci sarà prossimamente una transizione: Musk ha già annunciato che lascerà la direzione dell’agenzia, ma lo ha fatto assicurandosi che continui a operare in questo modo anche in sua assenza. Il tycoon ha seguito personalmente lo sviluppo di un software gestionale che automatizza le principali attività del dipartimento, inclusi i processi di tracciamento e verifica dei dati inter-agenzia. Tutto questo, tradotto, significa che anche senza Musk alla guida, l’apparato repressivo del DOGE rimarrà in funzione e sarà in grado di estendere ancora il proprio raggio d’azione, diventando una sorta di meccanismo autonomo di segnalazione di presunte storture da correggere. Alcune delle principali organizzazioni per i diritti civili statunitensi e diversi parlamentari hanno preso voce per criticare la legalità delle operazioni del DOGE – citiamo anzitutto Alexandria Ocasio-Cortez e Bernie Sanders, i leader in pectore della rivolta anti-Musk – e chiedere trasparenza e un controllo indipendente del dipartimento. Ma al momento il progetto di Musk procede senza soste, sostenuto dalla parvenza di un’idea di efficienza che sacrifica la tutela della persona sull’altare della sorveglianza totale. Musk, da profeta dell’innovazione, si è di fatto tramutato nel nume della persecuzione: e la tecnologia della Silicon Valley è ormai lo strumento che normalizza la discriminazione, trasformando i migranti nei bersagli a rilievo automatico di un sistema impersonale, inaccessibile e privo di responsabilità diretta. Una nuova forma di controllo sociale, silenziosa e pervasiva, cresciuta come un’erbaccia nel prato della Casa Bianca, e ormai largamente infestante.

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