Romania, l’estrema destra sogna il potere. Tre sfidanti per Simion

Tutto pronto per le elezioni presidenziali in Romania, che si terranno domenica 4 maggio per determinare il nuovo capo di Stato del Paese dell’Europa orientale. George Simion, leader del partito nazionalista Aur è in testa nelle intenzioni di voto per il primo turno ma non abbastanza da ottenere la maggioranza assoluta necessaria per l’elezione diretta. Tutti gli scenari indicano che Simion, sostenuto da un'ampia alleanza di partiti di estrema destra e nazionalisti, si qualificherà al ballottaggio contro uno dei tre sfidanti che si contendono il secondo posto, correndo da indipendenti: l'ex presidente del Senato Crin Antonescu, ex membro del centrodestra del Partito Nazional-Liberale di Iohannis che oggi lo sostiene assieme al Partito Socialdemocratico del premier Marcel Ciolacu; il sindaco di Bucarest, Nicolae Dan, matematico e fisico a lungo membro del partito liberale Usr sbarcato in politica in nome della lotta alla corruzione e al malgoverno; l'ex premier Victor Ponta, a capo del governo con i socialdemocratici dal 2012 al 2015 e che ora compete su una piattaforma nazionalista e di sinistra, con forti accenni euroscettici. In sostanza, l’estrema destra si presenta compatta attorno all’Aur, a cui si uniscono altre due formazioni nazionaliste come Sos Romania e il Partito dei Giovani, mentre le formazioni tradizionali e molte figure istituzionali preferiscono correre senza bandiere ufficiali di partito per cercare di incarnare il tentativo di non consegnare la Romania alle forze radicali. Questa è una diretta conseguenza delle dinamiche politiche che hanno interessato la Romania tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025. L’eredità del caso Georgescu Il voto giunge sei mesi dopo l’annullamento del ballottaggio delle presidenziali del 2024 a causa delle presunte ingerenze straniere a favore di Calin Georgescu, vincitore a sorpresa del primo turno a novembre, dopo le dimissioni del presidente uscente Klaus Iohannis, che il Parlamento mirava a mettere in stato d’accusa, a gennaio e dopo l’incriminazione dello stesso Georgescu per eversione e finanziamento illecito della campagna elettorale. Il tribuno ultra-nazionalista era emerso a sorpresa vincitore del primo turno e grande favorito per il ballottaggio contro la liberale Elena Lasconi prima che la scoperta di presunte campagne di disinformazione condotte via TikTok a suo favore con l’appoggio della Russia portassero alla contestata cancellazione della tornata elettorale. Tutto è stato rimandato a maggio e Georgescu, annunciando una nuova candidatura fino all’esclusione definitiva dalle urne avvenuta a marzo, ha conquistato una quota crescente di consensi compattando alle sue spalle tutti i nazionalisti e gli anti-sistema oggi schierati con Simion. Questi è una figura più istituzionale del vulcanico Georgescu, radicale nella sua critica all’opposizione a Nato e Unione Europea: Aur è membro del partito dei Conservatori e Riformisti Europei di cui Simion è vicepresidente e il suo leader dichiara di ispirarsi a figure come Giorgia Meloni nella sua azione politica. L’aspirante presidente, nota Politico.eu, “ha dovuto affrontare accuse di aver incontrato spie russe “, gli è stato vietato l'ingresso in Moldavia e Ucraina e si oppone a ulteriori aiuti militari a Kiev” ma “in vista delle elezioni, tuttavia, ha etichettato la Russia di Putin come una grande minaccia” per la Romania. La sfida di Ponta, “Georgescu di sinistra” I ballottaggi vedrebbero una corsa apertissima tra Simion e Dan e tra il primo e Antonescu, con i sondaggi leggermente favorevoli al nazionalista nel primo caso e al candidato indipendente nel secondo. Ma lo scenario osservato con maggior attenzione, e non senza timori, dalle cancellerie internazionali è quello di un possibile ballottaggio tra Simion e Ponta che prova a presentarsi come il “Georgescu di sinistra”: l’ex premier “si candida con un programma sovranista, intitolato "Prima la Romania", promettendo di bloccare le esportazioni di grano ucraino attraverso i porti rumeni per proteggere i contadini locali” e “tende a raccogliere il sostegno degli elettori più anziani delle aree urbane e rurali più piccole, cercando di ottenere il sostegno degli ex elettori di Georgescu”. Dopo le turbolenze dello scorso anno, gli osservatori non si azzardano dal fare pronostici definitivi. La certezza è che il voto rumeno sarà un banco di prova importante per l’Europa e un test di resistenza per la democrazia nel Paese balcanico, assediato da ingerenze straniere e minacce di manipolazione. A prescindere dall’esito, l’obiettivo della Romania sarà quello di garantire un processo elettorale trasparente e limpido, privo di ombre e capace di sanare conflitti istituzionali e politici esacerbati negli ultimi sei mesi che hanno finito per spaccare il Paese e la sua opinione pubblica.

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