Usa, ecco perché Hegseth comincia a essere un problema per Trump

Il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Pete Hegseth, è finito nuovamente nella bufera per la condivisione di dettagli di operazioni del Pentagono in delle chat che includevano persone prive delle autorizzazioni di sicurezza. La Casa Bianca è dovuta intervenire direttamente per blindare il titolare della Difesa di fronte alle voci che parlavano di un suo imminente licenziamento, ma le gravi problematiche emerse per la gestione delle informazioni da parte di Hegseth preoccupano molti negli apparati federali americani. Il nuovo Signalgate di Hegseth Secondo quanto riportato dal New York Times, infatti, l’ex anchorman di Fox News divenuto capo delle più potenti forze armate al mondo avrebbe inviato dettagli sui piani per gli attacchi contro gli Houthi del 15 marzo scorso in un gruppo Signal in cui erano presenti anche sua moglie, suo fratello e il suo avvocato personale, condividendoli peraltro dal suo telefono personale. Più fonti hanno confermato al Nyt che i documenti condivisi “includevano i programmi di volo degli F/A-18 Hornet destinati a colpire gli Houthi in Yemen” e contenevano “sostanzialmente gli stessi piani di attacco che Hegseth aveva condiviso in un'altra chat di Signal lo stesso giorno, nella quale era incluso per errore il caporedattore di The Atlantic”. Dichiarazioni problematiche che sembrerebbero, per i critici dell’amministrazione Trump, delineare un continuum preoccupante e segnalare la sostanziale incapacità del 44enne veterano della Guardia Nazionale di esercitare ruoli di leadership implicanti la gestione di informazioni riservate. L’ondata di licenziamenti al Pentagono Hegseth si è difeso sottolineando che le voci delle fughe di notizie farebbero in realtà riferimento a un complotto nei suoi confronti ordito da diversi funzionari che hanno rotto col Pentagono dopo il suo insediamento: “I media scelgono come fonti anonime degli ex dipendenti scontenti e poi cercano di massacrare e bruciare le persone, rovinandogli la reputazione. Con me non funzionerà", ha detto Hegseth a margine di un evento lunedì. La gestione scoordinata delle forze armate, gli annunci di revisioni di spesa in molti programmi e il tentativo di centralizzazione del Pentagono da parte del neo-segretario hanno, dal momento del suo insediamento, provocato importanti rotture tra l’ex presentatore di Fox News e il suo staff. Nella giornata di venerdì 18 aprile Hegseth ha licenziato tre dei più alti funzionari del Pentagono, accusati di non seguire fedelmente le sue direttive: il consigliere senior Dan Caldwell, il vice capo di gabinetto Darin Selnick e Colin Carroll, capo di gabinetto dello stesso Selnick. Il caos al Pentagono targato Hegseth John Ullyot, ex portavoce del Pentagono che ha guidato le comunicazioni del Consiglio di Sicurezza Nazionale e del Dipartimento per gli Affari dei Veterani durante il primo mandato Trump, aveva lasciato in precedenza il suo incarico da dipendente di Arlington dimettendosi pochi giorni prima. Convinto conservatore e sostenitore di Trump, Ullyot ha pubblicato su Politico un editoriale apparso la domenica di Pasqua in cui ha sottolineato che dal Signalgate ad oggi “c’è stato un vero e proprio crollo al Dipartimento della Difesa, e questo sta diventando un vero problema per l'amministrazione”. Per Ullyot “l'attenzione del Pentagono non è più rivolta alla guerra, ma a un dramma senza fine tutto interno” e legato alla problematica gestione del Signalgate e delle sue conseguenze. Inoltre, sotto accusa sarebbero gli sforzi propagandistici di Hegseth per ripristinare un "ethos guerriero" nelle forze armate, l’eccessiva attenzione data alla presunta volontà di sradicare l’agenda “woke” dalle forze armate e il sostegno all’uso dell’esercito come strumento di contrasto all’immigrazione piuttosto che di combattimento. La senatrice democratica dell'Illinois Tammy Duckworth ha chiesto le dimissioni di Hegseth sostenendo che “ogni giorno che rimane al suo posto è un altro giorno in cui la vita dei nostri soldati è messa in pericolo dalla sua singolare stupidità" e chiedendosi: “Quante volte Pete Hegseth dovrà divulgare informazioni riservate prima che Donald Trump e i Repubblicani capiscano che non è solo un bugiardo, ma anche una minaccia per la nostra sicurezza nazionale?". Un problema per Trump A tal proposito, Npr ha nella giornata di ieri riportato che lo stesso Trump starebbe valutando un avvicendamento al vertice del Pentagono e che tra i funzionari più vicini al presidente sarebbe già in corso la selezione dei profili adatti a sostituire Hegseth. Un cambio della guardia ad Arlington non sarebbe una novità per Trump, che ha sempre avuto rapporti conflittuali con i capi del Pentagono. Nel suo primo mandato Trump ha cambiato ben quattro segretari alla Difesa: dopo James Mattis, in carica dal 2017 al primo giorno di gennaio del 2019, la carica è stata assegnata pro tempore per sei mesi al businessman Patrick M. Shanahan, poi dal luglio 2019 al novembre 2020 al politico repubblicano Mark Esper e, negli ultimi due mesi del mandato, a un altro supplente, Christopher Miller. Nessuna di queste figure, però, era espressione di un’ala del mondo repubblicano vicina a Trump, che ha invece in Hegseth un suo fedelissimo. Assieme a pochi altri, come la direttrice dell’intelligence Tulsi Gabbard, il segretario alla Salute Robert Kennedy e il capo dell’Fbi Kash Patel, Hegseth è tra gli esponenti del governo più organici alla visione del mondo populista e antisistema propria del movimento Maga che sostiene Trump nel Partito Repubblicano. Licenziarlo ora vorrebbe dire avvalorare molte critiche e dunque indebolire il movimento in seno alla stessa formazione conservatrice. La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha dichiarato che Trump “sostiene fermamente” il segretario alla Difesa e intende blindarlo nel suo incarico. Al Pentagono, però, regna il caos, e questo nel mezzo di una campagna come quella contro gli Houthi e di una profonda ridefinizione degli sforzi di Washington per garantire la sicurezza della sua leadership globale rischia di penalizzare la posizione americana a vantaggio degli avversari degli Usa, a cui un caos nel vertice delle forze armate a stelle e strisce può fare solo che piacere nel contesto attuale.

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