Continuano i bombardamenti in Yemen: quali sono gli obiettivi Usa

A oltre un mese dal suo inizio, la campagna di bombardamenti statunitensi sullo Yemen prosegue, cercando di degradare le capacità di combattimento e proiezione delle milizie Houthi arroccate nell’Nord-Ovest del Paese della Penisola arabica. E mentre gli obiettivi delle azioni sono principalmente la capitale Sana’a, occupata da un decennio dai ribelli filo-iraniani, e i terminal portuali di Hodeida e Ras Isa, da dove gli Houthi dall’ottobre 2023 in avanti hanno lanciato i loro attacchi al traffico marittimo nel Mar Rosso, attorno allo Yemen circolano notizie di una possibile offensiva di terra del governo internazionalmente riconosciuto. A due anni dal sostanziale esaurimento degli scontri sul campo che ha cristallizzato la guerra civile scoppiata nel 2014, un suo rinfocolamento potrebbe avere gravi conseguenze per la stabilità regionale. Un complesso scenario militare La partita è delicata. Sul piano militare, gli Stati Uniti dell’amministrazione Trump intendono la campagna contro gli Houthi come un’espansione dell’Operazione Poseidon Archer lanciata da Joe Biden in sinergia con il Regno Unito nel gennaio 2024. L’obiettivo non è più solo fermare gli attacchi Houthi al traffico mercantile varati dopo l’inizio della guerra di Gaza ma anche degradare le loro capacità di combattimento, mostrare la volontà di sostenere Israele in Medio Oriente colpendo gli alleati iraniani nella regione e mandare un messaggio a Teheran mentre sono in corso i negoziati sul nucleare circa la volontà americana di non disdegnare l’uso della forza nei teatri critici. Di fronte alla difficoltà insita nello stanare gli Houthi dalle loro roccaforti montane e colpire le loro forze militari nell’entroterra dello Yemen, Washington si sta concentrando sul cercare di colpire i capi Houthi a Sana’a e nel tagliare le linee vitali per la comunicazione e i rifornimenti dei miliziani mettendo nel mirino porti come Hodeida e Ras Isa. Il Comando Centrale degli Stati Uniti sta ordinando mediamente almeno una trentina di incursioni sullo Yemen, che per la metà si concentrano sui porti del governatorato di Hodeida. Bombe sui porti per fermare le entrate degli Houthi L'analista politico ed economico Adel Shamsan ha dichiarato ad Al Hadath che finora gli Houthi avrebbero viste distrutte scorte di carburante e greggio destinato all’esportazione per un valore complessivo di 700 milioni di dollari da metà marzo in avanti. Nella giornata di sabato, nel corso dei bombardamenti americani su Ras Isa, gli attacchi della United States Air Force hanno raggiunto il loro apice nel corso di un'operazione in cui gli Houthi denunciano esser stati colpiti anche i civili: le bombe e i missili americane avrebbero ucciso almeno 74 persone e ne hanno ferite altre 171 mentre il Centcom ha dichiarato che con l’operazione perseguiva l’obiettivo di “eliminare una fonte di carburante per i terroristi Houthi sostenuti dall'Iran e privarli di entrate illegali". In ogni caso, per quanto intensi possano essere i raid, gli Houthi hanno già dimostrato in passato di potervi fare fronte. Rimasti sotto le bombe di Arabia Saudita e alleati del Golfo dal 2015 al 2023, i miliziani sciiti hanno dato prova in più occasioni di sorprendenti capacità di resistenza. L’Institute for the Study of War ha fatto notare che “una campagna aerea può ottenere solo effetti temporanei” e che “un’azione per impedire definitivamente agli Houthi di utilizzare il governatorato di Hodeida per lanciare attacchi contro il traffico marittimo internazionale richiederebbe un'operazione di terra per conquistare e mantenere la posizione”. L’amministrazione Trump sta iniziando ad accarezzare l’idea di fare pressione sul governo yemenita internazionalmente riconosciuto per chiudere la partita con gli Houthi. A confermarlo Responsbile Statecraft, che citando fonti dell’amministrazione ha sottolineato che “gli Stati Uniti sono aperti a sostenere un'operazione di terra da parte delle forze locali". Tale ipotesi, però, si scontra con un mutato contesto geopolitico: la guerra civile yemenita è stata spesso interpretata come una vera e propria “guerra per procura” tra due grandi rivali, Arabia Saudita e Iran, aventi l’obiettivo di armare e sostenere rispettivamente il governo yemenita oggi basato ad Aden e gli Houthi per danneggiare la controparte. Non a caso fu proprio la distensione iraniano-saudita nel 2023 a chiamare il cessate il fuoco che di fatto è andato in scena dal dicembre dello stesso anno e che nel 2024 le Nazioni Unite hanno definito “fondamentale” per sperare in una solida de-escalation regionale. I dubbi sull’attacco di terra Sostenere una campagna di terra in Yemen mentre da un lato Usa e Iran si parlano sul nucleare e dall’altro Arabia Saudita e Iran non sono affatto ai ferri corti sarebbe quantomeno rischioso. Nella giornata di giovedì 17 aprile il Ministro della Difesa saudita Khalid bin Salman si è recato a Teheran per dialogare con i vertici della Repubblica Islamica, compresi l’ayatollah Ali Khamenei e il presidente Masoud Pezeshkian, e spiegare loro che l’Arabia Saudita non sarebbe disposta a sostenere un’offensiva via terra in Yemen. Significativamente, Salman ha raggiunto la capitale iraniana accompagnato dall'ambasciatore saudita in Yemen Mohammed al Jaber. Annelle Sheline, ricercatrice nel programma per il Medio Oriente presso il Quincy Institute for Responsible Statecraft, ha sottolineato che le conseguenze di un’offensiva di terra sarebbero disastrose per l’intero Yemen: “L'idea che Trump possa fornire il sostegno degli Stati Uniti per riaccendere questa guerra civile è terrificante, perché sarà estremamente sanguinosa”, ha detto Sheline, aggiungendo che un riaccendersi degli scontri “impoverirebbe ulteriormente la popolazione yemenita, già la più povera del Medio Oriente”, in un contesto critico che secondo l’Onu vede 22 milioni di persone a rischio carestia. Lo Yemen resta in bilico, mentre i bombardamenti Usa proseguono senza che nessuna parte in campo abbia una strategia precisa sul futuro di un Paese che da oltre dieci anni conosce una realtà di guerra destinata a non finire nel breve periodo.

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