Jonathan Coe: "Trump alla Casa Bianca? Fa rimpiangere Reagan e Thatcher"

“La prima considerazione che mi viene da fare è che la satira, nello scrivere, sta diventando sempre più facile. Non devi più inventare, non devi esagerare. Devi semplicemente trascrivere la realtà”. Jonathan Coe è un perfetto gentiluomo inglese, dotato di quell’humour sottile e mai sguaiato che è un segno distintivo della Britishness. L’ironia è nella scelta delle parole, sapientemente studiate, e nelle pause. E in quell’accenno di sorriso che accompagna la sua risposta alla domanda se ormai l’inverosimile, l’improbabile – che lui ha raccontato nel suo ultimo libro, "La prova della mia innocenza" - non facciano sempre più parte della realtà di tutti i giorni. “Qui nel Regno Unito – prosegue lo scrittore che da decenni racconta efficacemente gli sviluppi sociopolitici del suo Paese attraverso la lente della fiction - siamo tornati a un periodo di normalità con Keir Starmer come primo ministro, dopo gli anni folli della gestione di Boris Johnson e di Liz Truss. Ciò che invece sta accadendo in America è molto estremo. E mi preoccupa, perché non abbiamo a che fare con gente ragionevole”. L’allusione, neanche tanto velata, è al presidente Donald Trump e a vari membri della sua amministrazione. Per Coe si tratta di “fanatici che stanno combattendo una battaglia culturale, politica, economica”. Per l’autore di "Middle England", vogliono rimodellare l’America, darle una forma nuova, perfino espanderla geograficamente e tutto questo, a suo giudizio, avrà effetti profondi anche sull’Europa. Il suo ultimo romanzo è, se si vuole, anche una riflessione sull’evoluzione dei movimenti conservatori. “Dagli anni Ottanta sono diventati sempre più radicali, ma negli ultimi due anni direi che hanno compiuto un salto quantico, al punto che, persino io, ho cominciato a guardare all’epoca di Donald Reagan e Margaret Thatcher come a un periodo in cui la politica era ancora sensata e moderata”. Ma cosa rende la destra, sempre più estrema, così attraente, anche tra i più giovani? Per rispondere, Coe sceglie un politico “di casa”: Nigel Farage. “È un politico furbo, chiacchiera e persuade, abilissimo su TikTok. Offre soluzioni semplici e veloci a problematiche complesse. Molta gente lo trova attraente, anche l’elettorato maschile più giovane”. Nonostante l’impressionante avanzata di Reform Uk - alle elezioni del 4 luglio 2024, stravinte dal partito laburista, ha portato a casa oltre 3 milioni di consensi - lo scrittore si dice comunque ottimista. E spiega: “Il Regno Unito ha flirtato col populismo quando ha votato, nel 2019, per Boris Johnson, ma si è scottato le dita e, secondo me, se lo ricorda”. L’attuale primo ministro, il laburista Keir Starmer, è definito come una persona “più sensata, credibile, tranquilla”. Ma la sua, alla prova dei fatti, non è una premiership facile e il consenso, nei primi mesi di governo, è vistosamente calato. “Il problema è che i laburisti hanno ereditato una situazione politica molto difficile, diventata ancora più difficile da un contesto internazionale reso ancora più instabile e mutevole dal ritorno di Trump alla Casa Bianca. Ci sono molte cose che vanno ricalibrate e cinque anni non sono un periodo di tempo particolarmente lungo”, l’analisi di Coe, che prosegue: “Nel 2029 la gente guarderà a cosa il Labour ha raggiunto e la mia paura è che penserà che non abbia fatto abbastanza. Ma voglio comunque mantenermi ottimista”. Alla domanda se tale ottimismo lo spinge a immaginare un ritorno del Paese nell’Unione europea, risponde però molto cauto. “Sono stato sempre un europeista, la Brexit è stata un errore, ma a questa domanda non so cosa rispondere”. Certo, aggiunge, lo rende ora felice vedere i leader europei venire a Londra riuniti da Starmer, notare che il Regno Unito si è “messo al centro di una coalizione per la difesa europea”. Il riferimento è alla cosiddetta “coalizione dei volenterosi” a trazione anglo-francese, a sostegno dell’Ucraina, in un momento storico molto incerto non solo per Kiev ma per tutto il continente. Gli chiedo se la posizione del suo Paese lo renda orgoglioso. La risposta è affermativa. “Non necessariamente a mio agio nell’essere in prima linea – aggiunge – ma penso che sia la cosa giusta da fare. C’è chi sta cercando di riscrivere la storia. Ma la mia lettura, che è ampiamente condivisa dai miei connazionali, è che c’è un Paese aggredito, l’Ucraina, e un aggressore, la Russia”. Il trattamento riservato da Trump e J.D. Vance nella stanza ovale al presidente ucraino Zelensky l’ha profondamente scioccato. “Ho trovato insopportabile il modo in cui lo hanno bullizzato e spinto ad accettare un accordo che in realtà sarebbe una resa”. Per Coe “il futuro del Regno Unito è in una relazione il più possibile vicina all’Europa. Non possiamo dare la precedenza a una persona così imprevedibile e inaffidabile come Trump, di cui non si sa che cosa dirà domani, quale promessa romperà”. “Riscrivere la storia”. “La mia lettura”. Gli faccio notare che le espressioni da lui utilizzate vanno nel senso di considerare la verità arbitraria. “Sa, quando ero all’università la narrativa era una disciplina piuttosto oscura. Ora tutti parlano di ‘narrativa’. È centrale nel racconto di una storia il ‘controllo della narrativa’. In politica vince chi ha la ‘narrativa’ migliore. Trump, ad esempio, ha avuto in campagna elettorale una storia migliore da raccontare. Non la più vera, ma la più convincente. E la più semplice: le narrative più complesse è difficile che passino”. Questo è il motivo per cui, secondo Coe, Farage piace a milioni di inglesi: “procede per ipersemplificazioni”, e questo va bene a molti. Il suo ultimo libro si sviluppa nelle sette incredibili settimane in cui Liz Truss è stata premier: il primo ministro più breve della storia del Regno Unito, capace di recare danni ingenti all’economia del Paese in meno di cinquanta giorni. Come ultima domanda chiedo a Coe se lo stupisce che Truss senta di avere ancora qualcosa da dire al mondo. “Non mi sorprende affatto che possa avere voce in America, in occasioni come il CPAC . Mi sconvolge molto di più pensare che l’abbiamo avuta qui come primo ministro solo due anni fa. A quel tempo non avevamo realizzato che figura estremista e radicale fosse. Lei sostiene di essere stata fatta fuori dal ‘deep state”, dal ‘blob’”, aggiunge, per poi concludere con un sorriso: “Be’, allora ringrazio lo Stato profondo”.

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