Telefonata Trump-Putin, più ombre che luci sulla via della pace in Ucraina

La Conferenza di Yalta, la diplomazia dei pattini, la hotline telefonica. Il colloquio fra Putin e Trump ha trascinato con sé una pletora di riferimenti al passato, citazioni storiche e metafore più o meno abusate. La realtà dei fatti, però, è più prosaica e brutale. Putin ha fatto un passo in avanti, ma ben più corto di quello che Trump sperava di fargli fare. Il suo “sì” alla tregua è seguito da parecchi “ma”. Due ore e mezza di conversazione I due leader si sono parlati per circa due ore e mezza. Con che mezzo non è dato saperlo, almeno per il momento. La linea speciale per le comunicazioni tra la Casa Bianca e il Cremlino, nata nel 1963 dopo la crisi dei missili a Cuba, è stata infatti via via una telescrivente, un fax, un sistema di messaggistica e – oggi - anche una piattaforma per le videoconferenze. Trump parla esplicitamente di una “telefonata”. Il Presidente americano, infatti, non appena mollata la cornetta ha cantato vittoria su Truth. "La mia conversazione telefonica con il presidente russo Putin è stata molto buona e produttiva. Abbiamo concordato un immediato cessate il fuoco su tutte le infrastrutture energetiche, con l'impegno a lavorare rapidamente per avere un cessate il fuoco completo e, in definitiva, la fine di questa orribile guerra tra Russia e Ucraina […] Il processo è avviato e marcia a pieno regime e, si spera per il bene dell'umanità, porteremo a termine il lavoro!". L’obiettivo ultimo, in realtà, appare ancora lontano. Concessioni e condizioni di Putin Sul tavolo c'era l'ipotesi di una tregua temporanea completa, ipotesi già accettata da Kiev e sostanzialmente respinta da Mosca. Putin ha fermato i raid sulle infrastrutture energetiche, ma non si è spinto molto oltre: ha ribadito l’impegno del tutto ideale al raggiungimento della pace, ha accettato l'avvio dei negoziati, ha ipotizzato una futura tregua nel Mar Nero e poi un cessate il fuoco completo, fino all’accordo di pace permanente. Le concessioni del Presidente impallidiscono di fronte alle condizioni che pone. La Russia, innanzitutto, resta contraria alla presenza di soldati europei in territorio ucraino come peacekeeper. Secondo Putin, inoltre, Kiev non deve più ricevere aiuti militari né informazioni di intelligence, e deve interrompere la mobilitazione forzata. Zelensky e il vero obiettivo di Putin Si tratta di richieste che Kiev considera irricevibili. “Vuole solo indebolirci”, afferma Volodymyr Zelensky, che consulta gli alleati europei e chiede a Trump una chiamata che faccia luce su questi negoziati: trattative sull’Ucraina, fa notare il presidente, ai quali non ha partecipato l’Ucraina. Nel corso del colloquio telefonico sulla linea Washington – Mosca sembra non si sia parlato di territori, ma la questione è nodale, per Zelensky e non solo. Secondo il leader ucraino la pace passa solo per una tregua senza troppi paletti, e l’obiettivo di Putin è in realtà solo quello di guadagnare tempo per combattere ancora. Non lo pensa solo Zelensky, per la verità. Come ha scritto Holman W. Jenkins sul Wall Street Journal, “anche i più trumpiani dovrebbero sapere che il signor Putin tergiversa, nasconde e manipola”. Secondo Jenkins l’obiettivo di Trump è quello di raggiungere un accordo che sia spendibile con l’opinione pubblica interna. Un accordo di pace, dunque, ma anche, più modestamente, un’intesa che faccia indossare a Trump i panni del Presidente in grado di mettere gli interessi statunitensi al primo posto. “La soluzione più semplice: gli Stati Uniti continuano a fornire armi e intelligence, ma vengono coinvolti anche i contribuenti europei e i minerali strategici ucraini, affinché Trump possa dire che gli Stati Uniti ci guadagnano, esattamente come quando diceva che il Messico avrebbe pagato per il muro al confine”. Trump, il credito a Putin e la diplomazia dell'hockey Se da una parte c’è Trump che ha bisogno di un accordo, dunque, dall’altra c’è Putin che trae vantaggio dal fatto stesso di trattare. Mentre i negoziati si allungano, infatti, i russi avanzano e consolidano le proprie posizioni. Grazie alla linea di credito aperta da Trump, inoltre, Putin è rientrato nel club di chi conta, dopo anni in cui Biden e l’Occidente l’avevano costretto nell’angolo. Il presidente russo non sembra avere intenzione di tornare nell’ombra. Washington e Mosca guardano già avanti. Nella telefonata si è parlato di Medio Oriente, di Iran, di armi strategiche, ma soprattutto di un riavvicinamento che dovrebbe portare a "enormi accordi economici". La guerra in Ucraina, da questo punto di vista, è uno scomodo ostacolo. Per facilitare la distensione, la Russia ha proposto di organizzare partite di hockey tra le due nazionali, da giocarsi in territorio americano. Dopo la diplomazia del ping pong, quella dei pattini. O del dischetto. Alla Casa Bianca di Trump, cui certo non difettano le manie di grandezza, non deve dispiacere il parallelismo azzardato con la Conferenza che nel 1945 ridisegnò i confini d’Europa a Yalta. Yalta. Nella fatale Crimea, guarda un po’.

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