Cos’è il Cecot, carcere-fortezza del Salvador dove Trump invia i migranti "indesiderati"

La decisione del presidente americano Donald Trump di inviare in El Salvador oltre 250 immigrati irregolari, principalmente venezuelani, ritenuti dal governo Usa membri di gang e gruppi di narcotrafficanti ha riacceso l’attenzione sulla draconiana politica del presidente del Paese centroamericano, Nayib Bukele, contro la criminalità. Una strategia fondata su una stretta durissima sull’ordine pubblico e sulla costruzione di maxi-centri di detenzione come il Cecot, la struttura verso cui sono stati indirizzati i primi migranti deportati dall’amministrazione Trump verso il Paese di Bukele. Che cos’è il Cecot, il maxi-carcere del Salvador Il Centro de Confinamiento del Terrorismo è il carcere di massima sicurezza costruito a fine 2022 nel pieno della stretta messa in atto da Bukele contro la violenza delle gang, dopo che nel marzo di tre anni fa in un solo fine settimana ben 80 persone erano state assassinate in scontri tra pandillas, gruppi armati criminali. La struttura ha sede nella remota località di Tecoluca, ai piedi del Vulcano San Vicente, e con una capienza massima di 40mila persone, è la prigione più grande dell’America Centrale. Ad oggi, si stima che siano tra i 15 e i 20mila i detenuti presenti, assiepati in celle sovraffollate che possono arrivare a contenere fino a 156 persone. Il Cecot è il perno della politica di contrasto della criminalità, passata negli ultimi per una stretta securitaria netta: dall’elezione di Bukele, nel 2021, El Salvador ha quasi triplicato la sua popolazione carceraria, passata da 36mila a 110mila unità. Nelle intenzioni del governo, il Cecot dovrebbe ospitare i più pericolosi criminali del Paese, dai pluriomicidi ai narcotrafficanti. La repressione delle due maggiori gang, i Mara Salvatrucha e i Barrio 18, ha visto il Paese da 6 milioni di abitanti mettere in campo 25mila agenti e 20mila soldati, promuovendo una campagna di lotta senza quartiere sostenuta da leggi d'eccezione per dare alle forze dell'ordine poteri estesi nell'incarcerazione preventiva e nella detenzione senza processo o capi d'accusa dei sospetti membri delle gang. La lotta al crimine di Bukele Secondo Bukele e i suoi ministri, la strategia sta portando a un crollo della criminalità e al miglioramento delle condizioni di sicurezza nel paese. Il numero di omicidi si è ridotto di oltre il 90% tra il 2021 e il 2024 passando da 1.147 a soli 114 casi. I dati ufficiali, però, non tengono conto dei morti in regime di detenzione o nel corso di scontri a fuoco verificatisi in quella che in El Salvador è definita una vera e propria guerra: si stima che da marzo 2022 a oggi, 115 tra membri delle gang e delle forze di sicurezza siano morti in scontri e ci siano stati ben 354 morti in carcere legate direttamente al trattamento dei detenuti o alle conseguenze di precedenti scontri a fuoco con la polizia. Inoltre, i critici di Bukele sottolineano che il numero di omicidi era già in trend decrescente da tempo: gli omicidi nel 2021 erano già l’85% in meno del massimo storico raggiunto nel 2015, quando ben 6.656 persone vennero assassinate nel piccolo Paese centroamericano. In ogni caso, i risultati sbandierati dal presidente lo hanno reso un punto di riferimento nel mondo conservatore e populista vicino al movimento Maga che sostiene Trump, rendendolo un alleato naturale del capo di Stato Usa dopo la sua elezione. Il leader di San Salvador ha offerto all’omologo di Washington i servigi del Cecot per sostenere il programma di espulsione dagli Usa dei migranti ritenuti indesiderati. Tra questi, i presunti aderenti alla gang Tren de Aragua, identificata a gennaio come organizzazione terroristica da Trump, sono stati i primi a essere inviati a El Salvador nel quadro di un accordo che vedrà gli Usa pagare 6 milioni di dollari all’anno al Paese di Bukele per i suoi servizi. La deportazione, decisa ai sensi dell’Aliens Enemies Act del 1798 a cui finora gli Usa avevano fatto ricorso solo tre volte e unicamente in tempi di guerra ha suscitato critiche perché l’appartenenza dei migranti alle gang non è stata confermata da un regolare processo e il Paese di destinazione, non garantisce appieno i diritti umani e le giuste condizioni di detenzione. Per questo motivo i giudici federali americani hanno chiesto lo stop al programma. Diritti umani in bilico La prigione “gioiello” di Bukele, in particolar modo, è costruita per essere un carcere di massima sicurezza da cui non è prevista la possibilità di uscire: "I prigionieri del Cecot non ricevono visite, non è mai loro consentito uscire all'aperto, e la prigione non offre ai detenuti lavori o programmi educativi", nota Npr, sottolineando che "Bukele ha affermato che i detenuti del Cecot non faranno mai più ritorno alle loro comunità". Più volte le organizzazioni per i diritti umani hanno sottolineato che il governo salvadoregno ha violato le libertà civili delle persone detenute al Cecot e nelle altre strutture penitenziarie di massima sicurezza. Inoltre, moltissimi detenuti sarebbero incarcerati a tempo indeterminato senza un giusto processo e senza garanzie di poterne mai affrontare uno. Questo basta per porre seri dubbi sulla località verso cui Trump ha, consapevolmente, scelto di deportare i migranti incarcerati, invocando una legge bellica per scavalcare ogni contropotere federale e esternalizzando la sicurezza fuori dai confini statunitensi, senza alcun riguardo per problematiche umanitarie o di diritti civili.

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