Londra e Bruxelles, due appuntamenti chiave per rafforzare la Difesa europea

L’Europa inizia a pensare a un futuro senza più la garanzia securitaria statunitense e prova a tracciare strategie per la Difesa. Domenica 2 marzo, a Londra, su iniziativa del primo ministro britannico Keir Starmer si ritroveranno diversi leader europei, comunitari e non, compresa la Turchia, per parlare di una possibile “coalizione dei volenterosi” per continuare il sostegno all’Ucraina e creare sinergie sulla difesa dopo un sempre più probabile disimpegno di Washington. In seguito, nella giornata di giovedì 6 marzo, a Bruxelles il Consiglio Europeo che riunirà i 27 capi di Stato e di governo dell’Unione Europea si porrà l’obiettivo di definire un’agenda ufficiale con cui il blocco intende sostenere il potenziamento delle spese militari utilizzando, se necessario, misure straordinarie. In entrambi i vertici sarà presente il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, di ritorno dal viaggio negli Stati Uniti per concludere l’accordo bilaterale sui minerali critici. L’Europa si mette l’elmetto Dopo la visita del presidente francese Emmanuel Macron e di Starmer a Washington, ospiti alla Casa Bianca del presidente Donald Trump e a seguito delle importanti novità emerse nelle ultime settimane, dall’apertura dei colloqui diretti russo-americani alle tensioni connesse all’annuncio dei dazi degli Usa verso l’Ue, una serie di realtà iniziano a concretizzarsi. In primo luogo, la faglia tra le due sponde dell’Atlantico inizia a divaricarsi sempre più, con passi politici importanti come la rottura tra gli Usa e i partner europei sui voti all’Onu per la difesa dell’integrità territoriale ucraina. Inoltre, appare sempre più palese che la Difesa possa diventare il settore in cui tra Regno Unito e Ue si possa costruire un dialogo strategico a tutto campo, capace di rilanciare le relazioni post-Brexit tra Londra e Bruxelles. Infine, tuti i principali Paesi europei sembrano pronti a accettare la sfida americana e a spingere sull’aumento delle spese militari. Dopo molte discussioni, è ora di decisioni. Il vertice di Londra sarà una versione più operativa del summit ristretto di Parigi convocato da Macron dopo l’avvio dei colloqui russo-americani. Vi parteciperanno Starmer, Macron, Zelensky, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, la presidente del consiglio italiana Giorgia Meloni, il primo ministro polacco Donald Tusk, oltre ai leader di diversi altri Stati, comunitari e non: Paesi Bassi, Norvegia, Spagna, Finlandia, Svezia, Repubblica Ceca e Romania. Non mancheranno neanche la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e il segretario generale della Nato Mark Rutte. In campo due questioni fondamentali: da un lato, come e in che misura proseguire l’assistenza militare all’Ucraina, in un contesto che vede Londra nuova leader di fatto del gruppo di contatto di Ramstein che riunisce i Paesi intenzionati a sostenere militarmente Kiev. In secondo luogo, come sviluppare sull’asse Londra-Bruxelles un fondo di finanziamento di programmi d’interesse comune. Dalla banca per il riarmo alle mosse della Commissione Ue L’ex capo di Stato Maggiore delle forze armate britanniche, il generale Nick Carter, ha lanciato l’idea di sviluppare una “banca per il riarmo” che, nota il Financial Times, “potrebbe attingere ai risparmi europei, sul modello della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo , l'istituto di credito istituito dopo la caduta della cortina di ferro per sostenere l'Europa centrale e orientale”. Carter, assieme all'ex membro del Comitato esecutivo della Bers Guy de Selliers e al consigliere senior del Center for European Policy Analysis di Washington Edward Lucas ha firmato una lettera pubblicata dal quotidiano della City di Londra che perora questa ipotesi, sostenuta nei giorni scorsi dal ministro delle finanze polacco Andrzej Domanski e che il Tesoro britannico guidato dal Cancelliere dello Scacchiere Rachel Reeves ha dichiarato di “stare prendendo seriamente in considerazione”. Le discussioni di domenica apriranno la strada alle possibili revisioni politiche dell’Unione Europea che saranno portate all’ordine del giorno giovedì 6 a Bruxelles. La Commissione Europea, col sostegno dei governi, ha già proposto di riorientare le politiche di finanziamento della Banca europea degli investimenti verso il sostegno alla produzione di armamenti, e Ursula von der Leyen, di recente, in conferenza stampa ha indicato le priorità che l’Ue intende finanziare. "L'attenzione sarà rivolta alle aree di interesse strategico europeo come lo sviluppo di una difesa aerea integrata europea, della capacità di attacco profondo e di precisione, di droni e velivoli senza pilota, di missili e munizioni e, naturalmente, dell'uso militare dell'intelligenza artificiale", ha affermato la leader dell’esecutivo Ue. La sfida della Difesa europea La Commissione proporrà dunque fondi comuni per programmi di interesse collettivo in vari settori. L’Europa interverrà laddove sono necessarie economie di scala per rafforzare la sicurezza collettiva, come ad esempio sull’antiaerea, nei campi in cui l’Europa ha un gap importante da colmare, come la produzione di missili e munizioni, in termini di volumi prodotti o nei settori, come i droni, su cui il divario tecnologico con avversari e alleati è notevole. A ciò il Consiglio Europeo potrebbe aggiungere scelte politiche volte a alimentare una maggiore spesa da parte degli Stati, come ad esempio la proposta di scorporare per alcuni anni gli investimenti in Difesa dal Patto di Stabilità per offrire uno stimolo al riarmo, che alcuni attori come l’Italia sembrano propensi a cogliere. A guidare la spinta è, in particolare, la Polonia di Donald Tusk, che nei giorni scorsi ha dichiarato di auspicarsi che “una maggiore mobilitazione dell'Europa, sia degli stati membri che dell'Europa nel suo insieme, in termini di finanziamento della difesa e della sicurezza diventi finalmente un fatto inequivocabile". Così sembra essere, almeno per ora. Resta il grande interrogativo: verso che fini strategici orientare il nuovo strumento militare? Che scenari di deterrenza e proiezione costruire per un’Europa pronta ad affrontare con mezzi all’altezza un mondo competitivo e in cui la relazione transatlantica non è più da dare per scontata? A questo, per ora, non c’è risposta. E solo l’alta politica e un dialogo intenso tra i decisori potranno svilupparle.

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