Divieto di aborto e aumento della mortalità infantile: cosa dicono i dati dagli Usa

Due nuovi studi scientifici rivelano un preoccupante aumento della mortalità infantile negli stati federali degli Stati Uniti in cui è stato introdotto il divieto di aborto. Secondo i dati pubblicati lo scorso 13 febbraio sulla rivista dell’American Medical Association, negli Stati che hanno adottato restrizioni più severe si registra un aumento del 6% delle morti neonatali, con un incremento dell'11% dei decessi dovuti ad anomalie congenite. Le ricerche confermano che negli Stati che hanno introdotto il divieto più restrittivo il tasso di mortalità infantile è aumentato più del previsto, da 5,93 a 6,26 decessi ogni 1000 nati vivi, con un aumento relativo del 5,6%, per un totale di 478 neonati morti in eccesso. Per un confronto, l’Italia mantiene uno dei tassi più bassi al mondo, con 2,6 decessi nel primo anno di vita ogni 1000 nati . Ma, come ha dichiarato a USA Today Alison Gemmill, demografa e co-autrice principale dei due studi, ”il trend sta andando nella direzione sbagliata proprio per le politiche restrittive adottate dagli stati conservatori”. Il motivo principale è che molte gravidanze con gravi malformazioni congenite, la prima causa di mortalità infantile nel paese, vengono ora portate a termine, mentre prima potevano essere interrotte. Le donne quindi sono costrette a portare avanti gravidanze con feti che hanno gravissime anomalie, per poi vederli morire poco dopo. In più, questi divieti rendono più difficile l’accesso alle cure per le gravidanze ad alto rischio, aumentando il rischio di complicazioni per le madri e, di conseguenza, per i loro bambini. Il team di ricercatori e ricercatrici ha analizzato i dati provenienti dai certificati di nascita e di morte e dai registri del censimento di tutti i 50 Stati, dal gennaio 2012 al dicembre 2023, usando la tecnica dell’eccesso di mortalità rispetto ai divieti introdotti dopo l’annullamento della sentenza Roe contro Wade, nel 2022. In quell’anno erano 14 gli Stati che avevano introdotto divieti quasi totali sull’aborto o restrizioni per accedere all’interruzione volontaria di gravidanza dopo le sei settimane di gestazione. Oggi il loro numero è salito a 16. Uno studio parallelo, citato nella ricerca, mostra invece un aumento dei tassi di natalità negli Stati che hanno vietato l’aborto, dato che aiuta a spiegare l’aumento della mortalità infantile: l’incremento delle nascite dovuto ai divieti è stato particolarmente significativo tra le persone che già affrontano svantaggi strutturali, come le minoranze razziali, chi non ha un titolo di studio universitario e chi dipende dall’assicurazione sanitaria pubblica. E tutti questi gruppi, infatti, registrano tassi di mortalità infantile più elevati, con un tasso di mortalità superiore all’11% per i neonati neri. Il texas e il precedente del 2021 Lo studio di Gemmill si ricollega a un precedente rapporto sulla situazione del Texas, dove già nel 2021 un'inchiesta della CNN aveva rivelato un picco nella mortalità infantile. In quello Stato, il divieto di aborto include anche i casi di anomalie fetali gravi, costringendo le donne a portare a termine gravidanze che prima potevano essere interrotte, evitando un percorso doloroso e, spesso, fatale per il neonato. Jessica Valente, giornalista, autrice della newsletter Abortion, every day, ricorda che all’emergere dei dati drammatici del Texas sull’aumento del tasso di mortalità infantile, Michael New del Charlotte Lozier Institute, un think tank anti-aborto, aveva insistito sul fatto che si trattasse di un fatto positivo, sostenendo che la legge stava “impedendo che bambini non ancora nati fossero abortiti a causa della loro condizione medica”. Anche la Texas Alliance for Life ha difeso il divieto affermando che serviva a fermare la “discriminazione” contro i bambini disabili. E sul New York Times Donna Harrison, referente dell’American Association of Pro-Life Obstetrician & Gynecologists, ha dichiarato che i neonati deceduti “sarebbero stati comunque uccisi tramite aborti indotti”. "Il numero di aborti nei fatti non solo non diminuisce, ma il rischio è che diventino aborti insicuri che causano la morte di tantissime donne e costringono a migrazioni extra-statali territoriali infinite per quelle donne che effettivamente poi hanno la possibilità di spostarsi. Le politiche antiaborto non riducono gli aborti, ma aumentano il rischio di aborti insicuri e di migrazioni forzate per chi può permetterselo", Federica di Martino, psicologa e fondatrice del canale di sensibilizzazione sul tema dell'Interruzione volontaria di gravidanza Ivg - Ho abortito e sto benissimo. Dati confermati dal progetto WeCount, che ha dimostrato come la media mensile nazionale nei primi sei mesi del 2024 è stata di quasi 98mila aborti, un numero superiore alle medie mensili del 2022 e 2023, in contrasto rispetto al fatto che alcuni Stati a guida repubblicana sostengono invece che il numero di aborti al loro interno sia pari a zero. Molte persone continuano ad accedere a pillole abortive tramite telemedicina, un aumento del 155% nel secondo trimestre del 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023, arrivando a costituire il 20% di tutti gli aborti negli Usa . Il report di We Count evidenzia comunque il fatto che le restrizioni all'aborto hanno gravi conseguenze sulla salute delle persone: chi abita in territori con divieti o restrizioni severe spesso deve ritardare l’aborto, viaggiare in un altro stato, affrontare rischi legali o gestire autonomamente l’aborto senza supporto medico. Per di Martino “la possibilità, anzi l’impossibilità, di sentire i luoghi della salute come spazi sicuri è un problema enorme: ospedali con accesso previsto per gruppi anti-abortisti, consultori smantellati, medici costretti a essere scortati per paura di violenze". E bisogna mantenere uno sguardo vigile sull’Italia, visto che “mutua le peggiori politiche non solo dagli Stati Uniti, ma anche dall’Europa: basti pensare al sostegno alle politiche di Orban e alla situazione in Polonia, dove il diritto all’aborto viene negato con conseguenze drammatiche per le donne”.

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