Usa-Russia, una distensione in salita oltre l'Ucraina

La distensione tra Stati Uniti e Russia sarà un processo complesso che necessiterà di tempo, e alla luce dei primi colloqui tenutisi in Arabia Saudita appare chiaro che dovrà andare ben oltre la possibile fine della guerra in Ucraina per prendere piede. In particolare, se per il presidente Usa Donald Trump la conclusione del conflitto in Est Europa è una priorità politica e strategica, per l’omologo russo Vladimir Putin è una necessità che si inserisce in un quadro di sicurezza più ampio. E alla luce del dialogo tra la diplomazia russa e quella statunitense nel vertice coordinato da Marco Rubio, segretario di Stato Usa, e Sergej Lavrov, ministro degli Esteri di Mosca, si prospetta un confronto di ampio respiro e complesso. Non a caso, Usa e Russia hanno voluto iniziare dalle fondamenta: tornare a far funzionare pienamente i rispettivi corpi diplomatici, procedere alla nomina di nuovi ambasciatori e garantire un nuovo inizio al dialogo bilaterale dopo un decennio di rapporti gelidi a partire dall’annessione russa della Crimea , sfociati in aperto confronto dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina tre anni fa. Su questa base, riporta l’Associated Press, “le due parti hanno concordato di istituire gruppi di lavoro di alto livello per iniziare a esplorare una fine negoziata del conflitto" in cui, peraltro l’Ucraina e l’Unione Europea continueranno a non essere coinvolte. Anzi, i ruvidi commenti di Trump sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che “non avrebbe mai dovuto iniziare questa guerra” lasciano pensare che la Casa Bianca intenda rafforzare la strada del confronto diretto col Cremlino. In quest’ottica, però, una diplomazia a tutto campo dovrà pesare aspettative e strategie in cui l’Ucraina ha un peso diverso. A cosa puntano usa e russia Per Washington il sostegno all’Ucraina è ormai diventato un peso, nell’ottica dei ragionamenti della nuova amministrazione. Gli Usa hanno ottenuto molti obiettivi in questi tre anni: Mosca è stata logorata militarmente e ridimensionata come potenza; i legami energetici ed economici con l’Europa fortemente intaccati; il divario economico degli Usa con il Vecchio Continente ampliato a favore dei primi e blindato dagli acquisti di gas naturale statunitense al posto di quello russo; gli armamenti a stelle e strisce sono stati acquistati in grande quantità dai Paesi del Vecchio Continente, che hanno accelerato la loro corsa al target Nato di spese militari. Ora, dunque, Trump vuole incassare i dividendi politici della pace sul fronte interno e la sua amministrazione mira a un gioco di sponda con la Russia che possa gradualmente distaccarla dal patrono cinese. Per Mosca, invece, il conflitto ucraino si inserisce in quella più ampia volontà di costruire delle “garanzie di sicurezza” con cui la Russia ha giustificato l’invasione nel 2022. In quest’ottica, la Russia vede di fronte a sé uno scenario in cui alla pace in Ucraina, condizione necessaria ma non sufficiente per una distensione dovranno sommarsi altre dinamiche per aprire un nuovo rapporto diplomatico con gli Stati Uniti e i loro alleati. Si pensi, per esempio, alla volontà di veder ridotte le sanzioni che frenano dal 2014 l’accesso della Russia al mercato internazionale in molti settori, alla ricerca di un nuovo equilibrio con Washington sul fronte delle forze terrestri e nucleari in Europa e non solo, alla volontà di risolvere la competizione con gli Stati Uniti in altri teatri, a partire dal Medio Oriente. Il peso delle concessioni americane Il peso dato dalla Russia a questi colloqui è commisurato al fatto che dal loro esito positivo passa una fetta importante della futura sicurezza del Paese. E di conseguenza appare quantomeno complesso il fatto che siano gli Stati Uniti, parte forte al tavolo dei negoziati, ad apparire più propensi a fare concessioni. "Tutta questa trattativa fin dall'inizio sembra molto sbilanciata a favore della Russia. E c'è anche da chiedersi se debba essere definita una trattativa o, in un certo senso, una serie di capitolazioni americane", ha affermato Nigel Gould-Davies, ricercatore senior per l'Eurasia e la Russia presso l'International Institute for Strategic Studies di Londra. In effetti, gli Usa hanno aperto su molti fronti: sulla rimozione delle sanzioni, sulla considerazione dell’Ucraina come Paese di seconda fascia, sulla riammissione di Mosca nell’ordine internazionale. In cambio, per ora, la Russia promettere di discutere solo la fine di un’aggressione a un Paese sovrano e amico dell’Occidente iniziata nel 2014 e espansa su larga scala del 2022. In nome della fine del conflitto in Ucraina, obiettivo presentato come prioritario da Trump in campagna elettorale, gli Usa compiono dunque una mossa azzardata. Così come a dir poco azzardata appare la percepita volontà di ridimensionare il peso dei legami transatlantici con l’Europa ignorandone la voce e snobbandola nel contesto dei colloqui col Cremlino. Forse Trump riuscirà a porre fine alla guerra in Ucraina calando dall’alto un patto di potere col Cremlino. Ma non è scontato che questo possa coincidere con un rafforzamento della sicurezza collettiva di un Occidente sempre più scricchiolante.

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