“Io, torturato da Almasri, vi racconto l’inferno della prigione di Mitiga"

“Giorgia Meloni, Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano sono complici ed in ultima istanza responsabili dei crimini che Almasri continuerà a compiere, e degli omicidi che continuerà a fare ed ordinare”. È durissimo David Yambio, presidente dell’associazione rifugiati dalla Libia. Profugo del Sud Sudan. Perché è scappato dal Sud Sudan? Ho lasciato il mio paese perché mi avevano costretto a diventare un soldato bambino, ma non volevo più partecipare ad alcuna azione militare ed uccidere la mia gente. Quindi nel 2016 sono scappato, ho attraversato il nord Sudan, il Ciad, la Nigeria, il Niger, l’Algeria, il Marocco, poi ancora l’Algeria la Tunisia e infine inevitabilmente la Libia. E in ogni confine ho lasciato una parte di me stesso che non potrò riavere: la dignità, le torture subite, la deumanizzazione. Sento come se avessi perso molto di me in questi posti. Specialmente in Libia. Ci può parlare dell’esperienza vissuta in Libia? Quando provo a descrivere le torture subite lì, trovo grande difficoltà. È inquietante solo a pensarci. Quando sono arrivato nel 2018 sono stato catturato da un gruppo di persone, chiuso in una stanza, battuto con tubi e bastoni tenuto nudo e a digiuno. Volevano un riscatto dalla mia famiglia. Ma non avevo soldi. Allora hanno iniziato a sfruttarmi, facendomi lavorare come uno schiavo. Quando sono riuscito a scappare e a imbarcarmi, la guardia costiera libica mi ha ripreso. Mi hanno portato nel carcere di Misurata dove siamo tornati a lavorare come schiavi per i libici, chiusi come animali, privati spesso di cibo e di ogni dignità. La cosa che mi faceva soffrire di più era la mancanza di luce, eravamo chiusi in celle buie come bestie. Usati solo per lavorare. Eravamo oggetti, strumenti e non lo meritavamo, nessuno lo merita. È riuscito a scappare anche in questo caso? Sì, dopo sette mesi. Quando iniziarono ad usarmi anche come interprete visto il mio inglese e il mio francese. Riprovai ad imbarcami ma ancora una volta le guardie libiche mi riportarono a terra. Ed è allora che incontrò Almasri Sì. Fui venduto a lui come schiavo, per lavorare alla base militare di Mitiga. Ho visto con i miei occhi Almasri uccidere altri schiavi prigionieri. Lui stesso mi ha torturato, tenuto nudo, e ha ordinato ai suoi miliziani di picchiarmi se non facevo tutto il lavoro che mi avevano assegnato. Per lui non ero nient’altro che uno schiavo che non aveva una voce. Cosa ha pensato quando ha visto il torturatore libico rimpatriato con volo di Stato salvo e libero dalle accuse di crimini contro l’umanità? Ho provato una grande delusione. Ho sentito traditi i valori europei in cui anche noi abbiamo sempre creduto, il senso dello stato di diritto e della democrazia. Il governo Meloni dice di voler combattere i trafficanti, ma io conosco Almasri, non è solo un torturatore, è anche uno stupratore, un assassino ed è soprattutto anche l’architetto della rete di trafficanti nella regione. Nulla accade sulle coste della Libia occidentale senza che Almasri non lo sappia e fuori dalla sua organizzazione. Per questo, da ciò che ho visto, lo ritengo uno dei più grandi trafficanti ed un criminale che ha reso possibile le mie e le sofferenze e la morte di tantissimi migranti. E l’Italia lo ha sottratto alla giustizia. Questo è il motivo per cui ritengo i governanti italiani complici. Come è riuscito alla fine a scappare da Mitiga La zona è stata colpita più volte dalle milizie di Haftar. Lo stesso Almasri è scappato dai bombardamenti. Io a un certo punto mi sono reso conto che o provavo la fuga o sarei morto. Ho visto troppi migranti schiavi morire in quella base. Un giorno ho preso coraggio, ho scavalcato la recinzione e sono riuscito a scappare. Ha provato a chiedere protezione all’Italia? Dopo essere riuscito a fuggire, inseguito dagli uomini di Almasri ho provato due volte a chiedere asilo all’ambasciata italiana di Tripoli. Due volte mi è stato rifiutato. Mi sono dovuto rimettere in mano ai trafficanti per salire su un barcone e finalmente arrivare in Italia, dove subito mi hanno riconosciuto la protezione internazionale. Perché due volte in Libia mi hanno rimesso per strada rifiutandomi la protezione ed in Italia hanno subito riconosciuto i miei diritti? Se si vuole combattere i trafficanti, perché non consentirci vie legali per l’asilo? Siamo scappati da una guerra, siamo tutti esseri umani che chiedono di vivere, nient’altro. Un uomo, un bambino, una donna che scappano dal Sud Sudan o da altri luoghi di guerra cosa devono fare se l’Italia, l’Europa, la comunità internazionale non rispettano la legge umanitaria? Dobbiamo per forza cercare di scappare da chi ci tortura, ci schiavizza, ci violenta o ci uccide. Io sono stato ripreso in mare dai libici e dalla loro guardia costiera finanziata dai soldi italiani ed europei. E grazie a questi soldi sono tornato sotto i torturatori e gli schiavisti. Che dobbiamo fare? Perché ci costringono a imbarcarci per mare e ci respingono se cerchiamo aiuto nelle ambasciate? Cosa fa il governo italiano?

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