Quanto sta facendo sul serio Trump con i dazi?

Non è ancora chiaro quali siano le vere intenzioni di Trump sui dazi. Trump ha prima annunciato dazi del 25% su Messico e Canada e ha aumentato del 10% quelli già esistenti sulla Cina. Poi però ha congelato quelli sul Messico e magari farà lo stesso presto col Canada, primo passo per avviare negoziazioni. Vedremo come andrà a finire. Però prendiamolo per ora alla lettera. Cosa ha detto sull’Europa? Trump ha ribadito che l’Europa non può certo sentirsi al sicuro. Anzi, i dazi sull’Europa ci saranno “assolutamente” perché “ci tratta in modo così orribile… Non prendono le nostre macchine, non prendono i nostri prodotti agricoli, praticamente non prendono quasi nulla e noi abbiamo un tremendo deficit con l’Unione Europea. Così faremo qualcosa di veramente sostanziale con l’UE”. Quello di Trump è davvero un modo curioso di vedere il commercio estero. Capisco che, magari, si possa dire che dazi sulla Cina sono necessari perché la Cina si comporta male: ha imprese di stato che fanno dumping nei Paesi occidentali, mantiene standard ambientali e di tutela del lavoro meno rigorosi di quelli occidentali, non si è mai capito in che misura il suo tasso di cambio sia davvero determinato dal mercato e non sia tenuto volutamente sottovalutato, e così via. Ma il Canada? E, soprattutto, l’Unione Europea? Che abbiamo fatto di male? Effettivamente, i rapporti commerciali tra US ed EU sono pesantemente sbilanciati a favore dell’Unione. Negli ultimi 10 anni il deficit commerciale americano con l’UE ha oscillato tra i 100 e il 170 miliardi di euro. Non è che siamo cifre enormi , ma non sono certo noccioline e sono senza dubbio persistenti. I due principali colpevoli sono la Germania e l’Italia. Il deficit americano con la Germania era nel 2023 di 86 miliardi di euro; quello con l’Italia era di 42 miliardi. Signor Trump, e che colpa abbiamo noi? Si vede che i nostri prodotti piacciono agli americani più di quanto i loro prodotti piacciano a noi. Fra l’altro, una buona parte delle nostre importazioni dagli USA sono idrocarburi. I manufatti americani ci piacciono proprio poco, forse perché al tasso di cambio degli ultimi anni sono un po’ troppo cari. Sempre a quel tasso di cambio, anche le auto tedesche sono molto apprezzate in America, certo più di quanto quelle americane piacciono ai tedeschi. Mi verrebbe anche da chiedervi se, parlando delle esportazioni americane, avete mai mangiato una mozzarella prodotta in quel Paese, ma non vorrei apparirvi riduttivo della varietà delle nostre esportazioni verso gli Stati Uniti: i nostri 76 miliardi di esportazioni nel 2023 non sono solo mozzarelle. In realtà la questione non è certo solo di qualità dei prodotti. Gli Stati Uniti hanno mantenuto un deficit nelle partite correnti della bilancia dei pagamenti quasi sempre negli ultimi quarant’anni: a partire dal 1982 gli USA hanno sempre avuto un deficit tranne che nel 1991. Ma di chi è la colpa? In parte, questo deficit è fisiologico: gli Stati Uniti sono un Paese relativamente giovane rispetto agli altri Paesi avanzati e la teoria economica ci dice che Paesi giovani dovrebbero investire più di quanto risparmiano e quindi avere un deficit nei conti con l’estero. Negli ultimi anni, però il deficit esterno americano è stato anche alimentato dall’aumento del deficit del governo federale. Negli Stati Uniti il deficit pubblico nel 2023 era del 7,1% del Pil, nell’Unione Europea era del 3,6%, la metà. Un elevato deficit comporta un flusso di potere d’acquisto nell’economia e, visto che gli Stati Uniti sono in piena occupazione, questo flusso si riversa sull’estero attraverso più elevate importazioni. Il deficit pubblico mantiene anche i tassi americani a un livello più elevato, attirando flussi di capitale verso gli USA rafforzando il tasso di cambio del dollaro . Il che farà piacere ai turisti americani che vengono in Europa, ma è un disastro per le esportazioni statunitensi. Forse, quindi, il Presidente Trump dovrebbe preoccuparsi più che della cattiveria degli abitanti di questo continente, dei suoi conti pubblici: riducendo il deficit federale ridurrebbe anche l’orribile squilibrio dei suoi conti con l’estero, senza bisogno di dazi che non ci meritiamo.

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