Rubio vola a Panama, ma il presidente non vuole parlare del Canale

Marco Rubio fa rotta verso Panama per la sua prima visita all’estero dopo la nomina a Segretario di Stato degli Stati Uniti che lo porterà sulle sponde del canale su cui il presidente Donald Trump ha esteso le sue rivendicazioni. Per il presidente il canale di 82 km che mette in comunicazione l’Oceano Atlantico e il Pacifico è un asset vitale per la strategia geopolitica americana: ma, soprattutto, sarebbero potenzialmente dannosi i forti interessi cinesi nell’area e il fatto che siano assecondati dall’autorità panamense che lo gestisce da quando, nel 1999, gli Usa hanno trasferito al Paese centroamericano il controllo dell’area ai sensi di un trattato concluso nel 1977. Dopo la vittoria elettorale a novembre Trump ha ripetutamente attaccato le modalità con cui la strategica via d'acqua è stata gestita da Panama e, sottolineando la necessità di supervisionare un’arteria fondamentale per le rotte commerciali globali, ha dichiarato di aver allo studio piani per riportarla sotto il controllo statunitense. Interrogato sulle modalità con cui intende riprendere il controllo del Canale di Panama, il presidente si è più volte rifiutato di escludere l'uso della forza militare per farlo. Quelle che erano parse essere, nei due mesi di transizione tra l’amministrazione di Joe Biden e quella oggi in carica, delle boutade o al massimo delle uscite estemporanee di Trump sono diventate, dal 20 gennaio in avanti, una politica esplicita della prima potenza globale. La sfida del Canale Alla vigilia della partenza per Panama Rubio ha dichiarato che le posizioni di Trump sulla necessità per gli Usa di riprendere il controllo del Canale di Panama da loro costruito a inizio Novecento, nonché l’obiettivo di acquisire la Groenlandia dalla Danimarca, sono “legittime” e giustificate dalla “minaccia cinese alla sicurezza nazionale” degli Stati Uniti. L’ex senatore della Florida ha dunque scelto lo Stato più meridionale del Centroamerica per iniziare un tour diplomatico che lo porterà anche in Guatemala, El Salvador, Costa Rica e Repubblica Dominicana. L’intenzione dell’amministrazione Trump è chiara: fare pressione su Panama per ridimensionare il peso cinese e delle compagnie di logistica e gestione delle infrastrutture della Repubblica Popolare nel canale con la minaccia di invocare la clausola dell’accordo del 1977 che consentirebbe agli Usa di riprendere il controllo dell’arteria qualora la sua neutralità fosse violata. “Secondo l'accordo, gli Stati Uniti potrebbero intervenire militarmente se le operazioni del canale fossero interrotte da un conflitto interno o da una potenza straniera”, spiega la Cnn, aggiungendo che “sarebbe difficile sostenere che le operazioni del canale siano interrotte o messe in pericolo”, dato che “dopo l'ampliamento del canale, iniziato nel 2007 e finanziato da Panama con un costo di oltre 5 miliardi di dollari, più merci che mai attraversano il canale rispetto agli anni dell'amministrazione statunitense della rotta”. Del resto, se da un lato è vero che due porti nel canale sono gestiti dal colosso cinese delle infrastrutture CK Hutchinson, dall’altro bisogna aggiungere che altri scali sono gestiti da aziende di Paesi come Taiwan, Singapore e gli stessi Usa, e dunque l’idea di un controllo diretto della Repubblica Popolare sulla via d’acqua appare tutt’altro che solida. Panama alza il muro Non a caso il presidente panamense José Raúl Mulino ha fatto presente che, a suo avviso, il tema del canale sarà escluso dai dialoghi con Rubio. Mulino, esponente del movimento conservatore Realizando Metas eletto alla guida del Paese nel luglio scorso, ha tagliato corto in una conferenza stampa tenutasi giovedì nel palazzo presidenziale a Panama City: “Non c'è nulla da negoziare. Il canale appartiene a Panama", ha detto, aggiungendo che nel bilaterale con Rubio di domenica 2 febbraio saranno altri gli argomenti urgenti di cui parlare. Infatti, come ha sottolineato Politico, “Panama svolge un ruolo importante in alcune delle maggiori priorità dell'amministrazione Trump nell'emisfero occidentale, dall'immigrazione al narcotraffico e alla lotta alla criminalità organizzata” e “ospita il Darien Gap, la giungla insidiosa che innumerevoli immigrati venezuelani e colombiani hanno attraversato per cercare asilo negli Stati Uniti”. Mulino ha mirato a inserire la visita di Rubio nel suo Paese nel quadro della missione regionale volta a cercare un coordinamento sulla lotta all’immigrazione clandestina e sulla gestione delle sfide comuni del continente americano. Nonostante le sue chiare intenzioni, non è detto che i suoi obiettivi e quelli del segretario di Stato americano coincidano: le pressioni di un Trump appena insediato si fanno sentire con tutta la loro forza, e non è detto che questo non finisca per danneggiare, tra le altre cose, anche l’agenda americana nell’ex “cortile di casa” degli Usa, rendendo meno coordinati gli sforzi su temi più caldi come la questione migratoria e la lotta alla criminalità.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Rubio vola a Panama, ma il presidente non vuole parlare del Canale