Norvegia, cade il governo: il Paese si spacca sulle norme green europee

In Norvegia il governo è collassato nel pieno del dibattito acceso sulla possibile adesione di Oslo all’Unione Europea, proprio a causa di una divisione della coalizione al potere sulla normativa comunitaria. Il Partito di Centro guidato dal ministro delle Finanze Trygve Slagsvold Vedum ha respinto la proposta del premier laburista Jonas Gahr Støre di applicare tre pacchetti legislativi europei sull’energia pulita volti ad incrementare la produzione di energia rinnovabile, incentivare la costruzione di infrastrutture più efficienti dal punto di vista energetico e spingere alla decarbonizzazione del settore elettrico. Di conseguenza, l’alleato di minoranza dei laburisti ha ritirato la sua compagine dal governo Støre, che si trova ora ridotto a un esecutivo di minoranza. "Non dobbiamo cedere altro potere all’Unione Europea”, ha dichiarato Vedum, sottolineando la contrarietà della sua formazione all’applicazione della normativa comunitaria in Norvegia. Il Partito di Centro è una formazione che si fa portavoce di istanze orientate al sostegno ai movimenti agrari, scettici verso l’agenda green dell’Ue. Inoltre, sostiene il ruolo dominante che nell’economia norvegese è svolto dalla rendita petrolifera del colosso di Stato Equinor, partecipato per due terzi dal governo di Oslo. Il dilemma della Norvegia “La Norvegia, pur non facendo parte dell'UE, deve adottare le leggi del blocco in quanto membro dello Spazio economico europeo ”, che concede l’accesso privilegiato a parità di condizioni al mercato Ue ai prodotti dei Paesi firmatari di questo accordo, nota Politico.eu. Norvegia, Islanda e Liechtenstein, i tre Paesi membri del See, sono tenuti a applicare ogni normativa con l’eccezione di quelle su cui è chiesta l’esenzione ai sensi di un “diritto di riserva”. Quest’ultimo fa riferimento a un pregiudizio allo sviluppo economico nazionale che sarebbe dato da una particolare normativa europea. Il Partito di Centro chiedeva al primo ministro di invocare questa dispensa sui nuovi pacchetti green dell’Ue che hanno spaccato la coalizione e, al rifiuto di Støre, hanno posto fine all’esperienza dell’esecutivo. Il crollo del governo arriva in una fase critica per il Paese scandinavo, in cui proprio nelle scorse settimane l’ascesa alla presidenza Usa di Donald Trump e i toni aggressivi usati sulla questione della Groenlandia, che il capo di Stato americano chiede alla Danimarca di cedere a Washinton, avevano suscitato un forte dibattito circa la possibilità di riprendere il percorso verso l’integrazione europea. La Norvegia ha detto di no all'adesione in due referendum nel 1972 e nel 1994, in cui il Partito di Centro si schierò nettamente contro l’opzione, ma diversi funzionari di Oslo sentiti dal Financial Times a dicembre avevano detto che il gabinetto del primo ministro Støre stava ventilando l’opportunità. La stampa e l’opinione pubblica del Paese scandinavo hanno discusso con forza l’ipotesi nell’ultimo mese e questo, in uno Stato in cui l’opzione europeista è sempre stata nettamente minoritaria, è già una novità sostanziale. L’ombra sovranista su Oslo Ora, in ogni caso, la caduta del governo congela ogni discorso in tal senso. Il futuro politico del Paese è incerto. Il primo ministro laburista ha annunciato la volontà del governo di proseguire come esecutivo di minoranza fino alle elezioni di settembre. Secondo il Ft, “questo potrebbe rendere il governo più forte in quanto potrebbe fare appello ai partiti di tutto lo spettro politico affinché approvino misure chiave come le normative europee”. La Commissione europea ha dato alla Norvegia tempo fino a maggio per implementare il pacchetto, e visto che i laburisti spingono su un maggior rapporto di convergenza con l’Ue è possibile che la spinta di Støre vada in questa direzione. Il primo ministro spera nell’apertura al dialogo del Partito Conservatore, forza di opposizione storicamente aperta al dialogo tra Oslo e l’Ue, ma sull’intero panorama politico norvegese incombe lo spettro del Partito del Progresso, formazione euroscettica, sovranista e anti-immigrazione che vuole chiudere all’adesione norvegese al blocco dei Ventisette e rottamare anche l’adesione al See. Ora i nazionalisti guidano i sondaggi elettorali in vista del voto di settembre, che potrebbe terremotare la politica norvegese. La rottura del Partito di Centro, formazione tradizionalmente moderata, alimenterà la retorica della più incendiaria delle opposizioni? Molti esperti sono convinti che proprio la destra radicale possa essere la maggior beneficiaria della frantumazione della coalizione di centro-sinistra al potere dal 2021.

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