Trump e i libri proibiti nelle scuole

Cos’hanno in comune "Sulla strada" di Jack Kerouac, "Persone normali" di Sally Rooney, "La casa degli spiriti" di Isabel Allende, "Il miglio verde" di Stephen King, "I miserabili" di Victor Hugo, "It ends with us" di Colleen Hoover e "Il racconto dell’ancella" di Margaret Atwood? Nulla, se non fosse che sono stati tutti oggetto di censura in una o più biblioteche scolastiche statunitensi. Rimossi dagli scaffali, nascosti dall’orizzonte visivo degli studenti, perché giudicati inappropriati. Dal 2021, quando Pen America, filiale di un’associazione internazionale impegnata sul fronte della letteratura e dei diritti umani, ha iniziato a documentare i “book ban” nelle scuole pubbliche, si sono verificati più di 15.000 casi di expedit, con un picco nel 2023. Le biblioteche scolastiche dei distretti, più o meno lontani da Washington, sono diventate un campo di battaglia in cui si scontrano gruppi di pressione ultraconservatori, da un lato, e, dall’altro, sostenitori della libertà d’espressione e attivisti per i diritti civili. I libri nell’era Trump II Molto si è scritto sui primi provvedimenti della seconda era Trump e sulla pioggia di executive orders: dalla stretta sull’immigrazione, all’uscita dagli Accordi di Parigi sul clima, passando per il ritiro dall’Oms, fino alla grazia agli assaltatori del Campidoglio. Ma in parallelo, a poche ore dall'insediamento, veniva diffuso anche un altro statement che ha fatto molto discutere. Con una nota, l’U.S. Department of Education ha messo fine a quella che è stata definita la “farsa di Biden sui cosiddetti book bans”. Alla luce dell’aumento di divieti, la Presidenza Biden aveva istituito la figura del “book ban coordinator” incaricato di portare avanti delle investigazioni sui distretti scolastici interessati da queste censure e sui promotori delle istanze. Inchieste che colpivano, secondo il Dipartimento, genitori rei solo di “proteggere i propri figli da contenuti osceni”. Oltre a dichiarare decaduta la figura del book ban coordinator, sono stati affossati molti reclami e inchieste pendenti. Una notizia questa che forse è rimasta sottotraccia dalle nostre parti, ma non certo oltreoceano. L’estratto di intervista rilasciata al settimanale Variety da Sarah Jessica Parker che si è detta preoccupata per il destino delle librerie e delle biblioteche ha collezionato decine di migliaia di visualizzazioni. Al di là del fatto che il Parker Power - così l’ha ribattezzato Vogue - si estende ben al di là dei confini del mondo dello spettacolo essendo l’attrice, amata per il suo ruolo di “Carrie” in Sex and the city, attiva da anni nel mondo editoriale, questa viralità social conferma che si tratta di un tema estremamente pop e che ha un impatto sulle vite quotidiane di migliaia di famiglie americane, residenti nelle zone interessate dalle censure. In cosa consistono questi divieti? “Questi divieti partono a livello locale, dalle singole contee o dai singoli distretti, e poi si espandono a livello statale attraverso organizzazioni politiche come Moms for Liberty, che è una delle più forti. Chiedono che i libri siano proibiti, rimossi dagli scaffali, che la loro circolazione sia ridotta. Monitoriamo la creazione dei piani di studio, la selezione dei libri nelle biblioteche, la pressione esercitata sul lavoro dei bibliotecari, degli insegnanti, dei professionisti che scelgono cosa arrivi sugli scaffali. Ogni volta che si pongono delle limitazioni, ogni volta che un libro viene rimosso parzialmente o completamente, siamo di fronte a un attentato al libero accesso alla cultura degli studenti e alla loro libertà di istruzione. E in tutti questi casi parliamo di book ban, spiega Sabrina Baeta, ricercatrice di Pen Usa che aggiunge: “Non dobbiamo lasciarci ingannare dalle premesse apparentemente 'micro' di queste iniziative, perché ci troviamo di fronte a un vero e proprio macro movimento nazionale”, assicura Baeta. “I vari gruppi di pressione - continua - sono interconnessi”. Si assiste anche a quello che la ricercatrice descrive come un effetto domino: “I ban si trasmettono nel distretto vicino e poi ancora nel successivo”. Una diffusione a macchia d’olio. Di che libri parliamo? Corsi e ricorsi. Mentre dall'altra parte della barricata molte case editrici si muniscono di "sensitive editor" o "editor della diversità" per epurare e aggiornare libri scritti in altre epoche ai moderni standard di inclusion , all’indice si ritrovano autori banditi in altre stagioni della storia americana, come Kurt Vonnegut, un classico made in Usa che già nel 1982 - in quella che fu una delle fasi di più intensa censura dopo il maccartismo - venne proibito da un consiglio di istituto, un caso che arrivò fino alla Suprema Corte. "Mattatoio n. 5", capolavoro pacifista di Vonnegut che racconta il bombardamento di Dresda, è di nuovo caduto in disgrazia, con decine di istituti che hanno scelto di toglierlo dal catalogo, probabilmente per dei riferimenti “pornografici”. La censura non ha risparmiato neanche Lev Tolstoy, Hemingway, Orwell, Murakami. C’è poi un filone di libri eliminati in blocco che appartegono alla cosiddetta LGBTQ narrative che è al centro degli attacchi, assieme alla letteratura femminista e anti-razzista. Il ban contro "Il buio oltre la siepe" e della quasi totale bibliografia di Toni Morrison non è certo passato inosservato. “Qualsiasi lettore che legga la lunghissima lista dei libri proibiti troverà un titolo che ha amato e che considera portatore di valori positivi e si chiederà: perché? Il punto è proprio questo: imporre una visione ideologica come l'unica corretta e accettabile e per questo degna di essere presente nelle scuole. E questo è esattamente il contrario di quello che si dovrebbe insegnare ai ragazzi: ovvero il rispetto e la valorizzazione delle diversità. Non stanno bandendo solo i libri, ma lo spirito critico”, conclude Baeta. Una censura trasversale Si potrebbe pensare erroneamente che la censura sia un problema solo negli Stati repubblicani, ma non è affatto così. I book ban si sono estesi in tutto il Paese, “quasi in ogni singolo Stato”, sottolinea Baeta. “Parliamo di 43 Stati su 50 che hanno limitato l’accesso e la fruizione rispetto a materiali precedentemente disponibili. Sì, è vero, Texas, Florida e Utah, a guida repubblicana, stanno giocando un ruolo importante, ma i divieti sui libri sono un fenomeno trasversale e bipartisan. La maggior parte dei cittadini è assolutamente contraria al divieto dei libri. La censura è promossa da una minoranza che riesce quasi sempre ad avere la meglio. Abbiamo visto questi divieti anche nella democratica California, e nello Stato di New York”. Il caso californiano è emblematico di quanto l’iniziativa statale sia decisiva. Il governatore Newsom ha bandito i book bans con un provvedimento salutato da molti attivisti come provvidenziale in un contesto di crescenti restrizioni. È stata istituita una legge apposita per penalizzare i distretti locali che vietano libri che trattano la storia o la cultura delle persone LGBTQ. Sul fronte opposto, i governatori di Utah, Florida e Texas hanno dato un ulteriore impulso alla censura con delle leggi ad hoc. Rispettivamente con l’House Bill 29 che ha reso più facile il salto di qualità dei divieti, dai singoli distretti al piano statale; con la legge sui diritti dei genitori nell'istruzione, meglio conosciuta come la legge "Don't Say Gay" promosa da Ron DeSantis per proibire le discussioni nelle classi sull’orientamento sessuale e identità di genere; e per finire il Texas, che è alla testa di questo schieramento pro book ban, con il Restricting Explicit and Adult-Designated Educational Resources Act. Il Lone Star State ha posto le premesse perché una scuola si sentisse autorizzata a rimuovere dagli scaffali la Bibbia, che è stato rimessa al suo posto dopo poche ore, ma la notizia ha fatto il giro del mondo. Cosa succede ora Da mesi, e in particolare nell’imminenza dell’insediamento, anche l’universo #BookTok è diventato un ricettacolo di appelli accorati a precipitarsi in libreria per acquistare i libri che si temeva fossero in procinto di essere bannati. Un timore infondato, per ora: “Non ci risulta che esistano delle liste di proscrizione a livello federale, ma stiamo andando in quella direzione. Trump sta mandando messaggi, dei segnali su quello che ha valore e quello che non ha valore e sulle prossime mosse. E non parliamo solo di libri. Derubricando a ‘farsa’ i tentativi della precedente amministrazione di frenare il dilagare dei divieti e sponsorizzando queste iniziative inquisitorie, Trump sta dando il suo endorsement al movimento ultraconservatore che è destinato a crescere", afferma Baeta. La censura sui libri considerati queer, e quindi conseguentemente inadatti a dei minori in formazione, è del resto in linea con un’agenda politica che, sottolinea Baeta, “ha visto fin dalle prime ore adottare misure discriminatorie contro persone trans e non binary". . Nel frattempo la società civile si è attrezzata: dai cosiddetti “clandestine bookshelves” che sono fioriti nelle scuole già a partire del 2021 all’associazionismo di comitati come Unite Against Book Bans e Freedom to Teach. La guerra dei libri è solo all’inizio.

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