Ancora un cavo danneggiato nel Baltico, prosegue la “guerra ibrida”?

Acque agitate nel Mar Baltico, dove nei giorni scorsi è avvenuto il primo danneggiamento a un’infrastruttura sottomarina dal varo della missione navale di monitoraggio della Nato. Domenica, un cavo in fibra ottica sottomarino, che connette Lettonia e Svezia ha riportato danni. L’episodio è solo l’ultimo di una lunga serie nel mar Baltico, che ha convinto i governi della regione ad istituire la missione Baltic Sentry varata due settimane fa dal segretario generale della Nato Mark Rutte. Il cavo danneggiato, che trasporta il segnale internet e che passa dalla città lettone di Ventsplis all'isola svedese di Gotland, centro dello schieramento Nato nel Baltico, è gestito dall'operatore pubblico di telecomunicazioni di Riga, il Centro radiotelevisivo statale lettone . L’azienda ha comunicato, nella giornata di domenica, di non poter spiegare le ragioni del danneggiamento. Le autorità dei Paesi del Mar Baltico hanno fin da subito ipotizzato un intervento esterno come alla causa più plausibile del guasto. Uno sviluppo si è avuto lunedì, quando la guardia costiera svedese ha fermato e sequestrato una nave battente bandiera maltese, la Vezhen, registrata a nome della compagnia di navigazione bulgara Navigation Maritime Bulgare . Allarme ai massimi Funzionari del governo svedese e lettone hanno espresso la comune preoccupazione che la Vezhen possa essere l'ennesima imbarcazione appartenente ad una "flotta ombra" con cui Mosca eluderebbe le sanzioni commerciali europee e compirebbe operazioni di guerra ibrida contro le infrastrutture del Baltico. Contro queste ultime si sono espressi diversi leader della regione, dal ministro della Difesa estone Hanno Pevkur, primo a sostenere l’invio di una missione navale nel Baltico per prevenire le interferenze russe, allo stesso Kristersson, che poche settimane fa ha detto che la Svezia non è “né in guerra né in pace” a causa del clima di conflittualità nelle acque vicine alle sue coste. Il caso della Vezhen, portacontainer da 32mila tonnellate, ha sollevato l’attenzione circa il modus operandi di questi presunti sabotaggi: "Una nave rallenta, devia dalla rotta prevista, mostra movimenti irregolari e, subito dopo, un cavo sottomarino vitale viene trovato danneggiato. La sequenza di eventi segue uno schema ormai ben documentato", ha scritto Dimitris Ampatzidis, analista di rischi e conformità di Kpler, società attiva nello studio dei dati del commercio marittimo, evidenziando un parallelismo tra il caso della Vezhen e quello di altri navi accusate di sabotaggi simili tra novembre e dicembre. L'Ue in campo al fianco dei Paesi del Baltico Il Ceo della compagnia di navigazione titolare della nave intercettata, Alexander Kalchev, ha ipotizzato che effettivamente la nave possa aver danneggiato con la sua ancora il cavo, posto a 50 metri di profondità, smentendo tuttavia che "si sia trattato di sabotaggio o di qualsiasi altra azione da parte del nostro equipaggio", sottolineando la convinta adesione del suo gruppo alle normative commerciali e alle sanzioni europee. La tensione nel Baltico resta però alta e la versione del trasportatore bulgaro non sembra aver convinto i Paesi della regione: il ministro degli Esteri lettone, Baiba Braze , al suo arrivo al Consiglio Affari Esteri dell'Ue nella giornata del 27 gennaio ha accusato la Vezhen di far parte della flotta ombra del Cremlino. All’incontro, Henna Virkkunen ,vicepresidente esecutiva della Commissione europea responsabile per la sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia ha assicurato che Bruxelles sta prendendo molto sul serio le minacce sottolineando che l'impegno della Commissione sarà quello al "supporto operativo, finanziario e di condivisione delle informazioni” ai Paesi che stanno difendendo le proprie infrastrutture critiche. La sfida delle minacce ibride è ormai al centro delle strategie del blocco euroatlantico e ogni singolo caso alimenta i timori che le maglie contro eventuali intrusioni non siano abbastanza strette, chiamando dunque a un maggior coordinamento tra Paesi e istituzioni per affrontare una problematica tanto sfuggente nei suoi contorni quanto concreta nelle conseguenze.

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