RD Congo: i ribelli conquistano Goma, per Kinshasa “è una dichiarazione di guerra”

Continua l’escalation di violenze nel Nord Kivu, regione del nord-est della Repubblica Democratica del Congo , dove i ribelli filoruandesi del movimento M23 rivendicano la cattura della capitale Goma. La città. al confine col Ruanda, è da tempo al centro del conflitto che da oltre un decennio perturba le regioni orientali del fragile gigante africano, un’area del Paese divenuta tristemente nota in Italia per l’assassinio nel 2021 dell’ambasciatore Luca Attanasio. In queste ore le immagini di centinaia di migliaia di persone in fuga dall’avanzata delle forze ribelli e le notizie provenienti dalla città, in cui vivono oltre due milioni di persone, sono state al centro di una riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza dell’Onu. In una dichiarazione pubblicata su X, il portavoce del governo della RDC Patrick Muyaya ha confermato anche la presenza dell'esercito ruandese a Goma definendola come una "dichiarazione di guerra" da parte di Kigali. Le truppe dell’M23 non mostrano freni nemmeno davanti alla presenza della missione internazionale di pace dell'Onu che vede la presenza di truppe di Paesi come Sudadrica, Pakistan, India, Marocco e Tanzania, e per la missione regionale della Comunità dell'Africa Orientale sostenuta da Uganda, Burundi, Kenya e Sud Sudan. Kivu, una lunga crisi Il contesto della crisi è quello di una logorante conflittualità che si trascina da oltre trent’anni tra le milizie – che gestiscono il traffico di pietre preziose, coltan e altri minerali – e l’esercito regolare congolese. Aggravato dalle notizie secondo cui lunedì anche le truppe regolari e del Ruanda si sono scambiate colpi di arma da fuoco, rischiando una rapida escalation del conflitto. Il Congo è uno Stato unito solo sulla carta, e nei fatti la debolezza dell’autorità centrale rende il gigante africano soggetto agli appetiti di molti attori esterni. Tra questi il Ruanda del presidente Paul Kagame, accusato da molti osservatori internazionali e da diversi rapporti delle nazioni Unite, di finanziare la ribellione del Kivu per ragioni geopolitiche ed economiche. Il sostegno di Kigali è ritenuto fondamentale dagli osservatori internazionali per far emergere il gruppo M23 tra le oltre 120 milizie operanti nell'Est del Congo. I ribelli si richiamano all'esperienza del genocidio ruandese del 1994, anno in cui i civili tutsi e gli hutu moderati furono massacrati dai gruerriglieri hutu. Il presidente congolese Felix Tshisekedi ha rotto le realzioni diplomatiche con Kigali e da mesi sollecita la comunità internazionale ad intervenire sanzionando il Ruanda contro le violazioni della propria sovranità. Il ruolo ambiguo del Ruanda La situazione preoccupa anche le cancellerie internazionali. Come ricorda Le Monde, “gli Stati Uniti e la Francia hanno chiesto un cessate il fuoco e hanno fatto appello affinché il Ruanda ritiri il suo sostegno all'M23; l'ambasciatrice statunitense in carica Dorothy Shea ha avvertito che gli Stati Uniti avrebbero considerato tutti gli strumenti a loro disposizione per chiamare a rispondere i responsabili del conflitto armato”. Basterà? La preoccupante realtà è che la crisi in Congo è scivolata in fondo alle priorità di una comunità internazionale distratta da altri conflitti e tubolenze globali mentre la nuova esplosione di violenze rischia di avere preoccupanti ripercussioni regionali. La violenza ha spinto il presidente keniano William Ruto a chiedere un summit di emergenza della Comunità dell'Africa orientale , entro 48 ore. I presidenti Tshisekedi e Kagame dovrebbero partecipare ai colloqui volti a ridurre le tensioni. L' Unione Europea ha inoltre esortato M23 a fermare la sua avanzata e ha chiesto al Ruanda di ritirare le sue forze. Allo stesso modo, l'Unione Africana ha ribadito la necessità di aderire a un accordo di cessate il fuoco raggiunto nel luglio 2024.

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