Democracy in America: la vittoria di Trump, un attimo prima

Prendete un treno, magari un'auto, e arrivate nell'aeroporto internazionale più vicino. Imbarcatevi su un volo diretto negli Stati Uniti. Fate scalo - poniamo - a New York. Dopo aver superato la dogana, sbarcato e reimbarcato il vostro bagaglio, salite su un altro aereo diretto a Dallas. Una volta atterrati presentatevi all'autonoleggio più vicino e affittate un veicolo. Mettetevi in viaggio in direzione est. Guiderete per due ore, forse due ore e mezza. All'inizio sarete circondati da fabbriche e capannoni, piatte distese di campi aridi, centri commerciali di cui non riuscirete a intuire la fine, parcheggi enormi al centro dei quali sventolano gigantesche bandiere americane. Il paesaggio, proseguendo, diventerà più bucolico. Gli arbusti saranno sostituiti dagli alberi, l'aria si farà più umida, vedrete uccelli insoliti volare da un ramo all'altro. La gente intorno a voi guiderà pick up sgangherati, oppure fuoristrada alti il doppio della vostra utilitaria. Tutti indosseranno stivali da cowboy. Quando incontrerete un cartello con scritto "Benvenuti a Longview" o "Benvenuti a Gladwater" allora sarete arrivati. Adesso avete un'idea di quanto sia lontana la contea di Gregg, nell'est del Texas. "America profonda" è una locuzione un po' abusata, ma qui ha un senso. A Longview sono arrivato al tramonto. Era ottobre, e mentre l'orizzonte assumeva sfumature violacee, gli alberi erano sagome scure ritagliate contro il cielo. Guidavo e in sottofondo uno speaker della radio locale KTBB inveiva contro Kamala Harris e l'élite corrotta dei democratici di Washington. A pochi giorni dalle elezioni presidenziali che avrebbero premiato Donald Trump l'atmosfera in America era elettrica. Tanto i democratici quanto i repubblicani erano d'accordo nel definire quella tornata elettorale una delle più importanti nell'intera storia del Paese. A fronteggiarsi erano due idee diametralmente opposte della Nazione, e queste identità così distanti non erano il frutto di astratte teorie politiche discusse sui giornali e nelle università, ma il modo di vivere quotidiano e concreto di milioni di cittadini divisi tra loro da una barriera immateriale ma insormontabile. Volevamo vederli, questi cittadini. Parlare con loro, conoscere le loro storie, accompagnarli in chiesa, al ristorante, al lavoro o al poligono. Lo abbiamo fatto. Il mio obiettivo era ricongiungermi con Gianni Troilo e la sua squadra, impegnati a girare il doc "Democracy in America" per Sky tg24 e Sky Documentaries. Nei giorni successivi avrei incontrato tutti i protagonisti di un prodotto che ha l'obiettivo, ambizioso ma raggiunto, di immergere chi guarda in una realtà distante anni luce - e migliaia di chilometri - da quella alla quale siamo abituati. Marlena Cooper, donna e nera, è l'effervescente candidata alla Camera dei Rappresentanti del Texas: il primo rappresentante democratico ad accettare la sfida negli ultimi trent'anni. Jay Dean è l'avversario repubblicano, forte di un appoggio popolare che qui è sincero, indefesso e radicato. Intorno a loro ruota una serie di personaggi colorati e diversi, come in un romanzo dell'Ottocento. Sparerete con un fucile AR-15 in un assolato pomeriggio texano; assisterete al battesimo di una cristiana rinata; ascolterete la storia straziante di una donna vittima di violenze familiari; mangerete con noi in un diner pieno di memorabilia trumpiane. Il doc ha un nome ispirato al saggio di Tocqueville, ma obbedisce all'insegnamento di Tolstoj: la storia non è fatta tanto dai grandi uomini, quanto dalla gente comune che la vive sulla propria pelle. "Democracy in America" racconta un passaggio cruciale nella storia degli Stati Uniti immergendosi nella quotidianità di una little America che ci sembra esotica ma con la quale non facciamo fatica a empatizzare. L'obiettivo principale era nasconderci dietro la telecamera, decidendo quale storia raccontare ma lasciando che, per così dire, questa si raccontasse da sola. In "Democracy in America" la realtà riempie l'inquadratura. Gianni Troilo è riuscito a realizzare un doc bello come un film e interessante come un libro, “Il Texas è uno stato mentale”, disse una volta John Steinbeck. Un altro scrittore, Joe Lansdale, è nato proprio a Gladewater. Leggete qua: “Potreste pensare che questa non sia una storia vera, perché una parte di essa contiene cose a cui è difficile credere, ma vi assicuro che non c’è niente di inventato, dall'inizio alla fine”. Non parlava di “Democracy in America”, ma è come se.

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Democracy in America: la vittoria di Trump, un attimo prima