Venezuela: terzo mandato per Maduro, tra repressione e isolamento

Il Venezuela si avvia al terzo mandato presidenziale di Nicolas Maduro in un clima di crescente repressione interna e di isolamento internazionale. Venerdì 10 gennaio il presidente si insedierà ufficialmente con una cerimonia disertata dai dignitari internazionali e che giunge dopo un giro di vite sulle opposizioni. L’incarcerazione di centinaia di dissidenti nelle ultime settimane è stato infatti il preludio al mandato d’arresto spiccato dalle autorità venezuelane e confermato dal ministro dell’Interno Diosdado Cabello, stretto alleato di Maduro, contro Eduardo Gonzalez Urrutia, candidato delle opposizioni alle ultime presidenziali che ora si trova in Spagna, mentre la leader politica delle forze anti-regime, Maria Corina Machado, ha invitato la popolazione scendere in piazza. Maduro si arrocca sull’esercito Ciononostante, Maduro tira dritto e punta sull’alleanza con l’esercito e al rapporto di clientele e relazioni costruito coi militari attraversi prebende e incarichi dirigenziali nell’industria nazionale, specie quella petrolifera, pur di restare al potere. Non a caso Gonzalez Urrutia ha esortato proprio le forze armate a riconoscerlo come presidente, anche se finora il suo appello è caduto nel vuoto. Il capo di Stato, in carica dal 2013, è accusato dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea e dall’Organizzazione degli Stati Americani di aver falsato con brogli e manipolazioni il voto del 28 luglio, in cui è stato proclamato vincitore col 52% del suo Partito Socialista Unito Venezuelano contro il 43% della Piattaforma unitaria democratica di opposizione che sosteneva Gonzalez. Diverse testimonianze sembrerebbero indicare il fatto che in realtà sia stata la coalizione pro-Gonzalez Urrutia a vincere le elezioni, con uno schiacciante 67% contro il 30% del presidente. Conseguenze regionali La crisi non poteva non riverberarsi anche sulla politica regionale. Molti Paesi, dagli Usa all’Argentina di Javier Milei, passando per Perù, Guatemala e Paraguay, sono arrivati a riconoscere ufficialmente Gonzalez Urrutia come capo di Stato legittimo e a ritenere Maduro un usurpatore. Il Brasile di Luis Inácio Lula da Silva e la Colombia del presidente Gustavo Petro hanno chiesto invece la ripetizione delle elezioni, e manderanno gli ambasciatori a Caracas alla cerimonia di inaugurazione per dimostrare la volontà di proseguire una mediazione politica rivelatasi finora inefficace. Maduro può contare, invece, sul riconoscimento politico e sul sostegno di molti storici alleati: Cuba e Nicaragua hanno appoggiato la sua riconferma, unitamente a molte nazioni caraibiche che vogliono buoni rapporti con Caracas. Anche Cina, Iran e Russia hanno appoggiato la riconferma di Maduro, e un’apertura esplicita è arrivata anche dall’India. Alla cerimonia d’inaugurazione, però, non sono annunciati capi di Stato e di governo stranieri, e il dignitario più rilevante di cui si prevede la presenza è Viacheslav Volodin, presidente della Duma , che rappresenterà la Russia a Caracas. Sei anni dopo, sembra che il Venezuela sia fermo al gennaio 2019, mese in cui iniziò la prima crisi presidenziale tra Maduro e il presidente dell’Assemblea Nazionale Juan Guaidò, che per quasi tre anni ne ha sfidato la leadership proclamandosi legittimo capo di Stato e disconoscendo la vittoria del capo di Stato al voto del 2018. Mentre la repressione si fa sempre più dura, la sensazione è quella di un Paese bloccato, privo di prospettive reali di uscire da una crisi oltre la quale molti attori vedono la minaccia di ben più gravi problematiche sociali e umanitarie. L’incubo dei Paesi della regione è che le tensioni latenti possano sfociare in una guerra civile e all’esodo di milioni di cittadini, su una scala più grande della già consistente emergenza umanitaria dell’ultimo decennio. Il Paese appare paralizzato in una crisi senza fine, tra un regime sempre più arroccato attorno al suo potere e un’arbitraria compressione della democrazia interna a cui in pochi fanno finta di credere ancora.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Venezuela: terzo mandato per Maduro, tra repressione e isolamento