L'omicidio a New York e la rabbia contro le assicurazioni sanitarie

Deborah Copaken scrive sull'Atlantic e su Substack, con il nickname di Ladyparts. Dopo l'uccisione a sangue freddo di Brian Thompson, CEO di una delle più importanti compagnie assicurative sanitarie degli Stati Uniti, ha descritto in un articolo i sentimenti contrastanti provati appena appresa la notizia. "Mi sono ricordata di come mi sono sentita pochi minuti prima dell'inizio di un intervento chirurgico alle orecchie, con il medico già pronto a operare per cercare di guarire l'improvvisa sordità scatenata dal Covid: in quel momento mi sono sentita dire che la UnitedHealtcare aveva ritenuto il mio intervento "non necessario dal punto di vista medico", e dunque aveva negato il rimborso A quel punto sono stata rispedita a casa a soffrire in silenzio. Letteralmente. E per più di un anno". A questa brutta esperienza Copaken aveva dedicato nel 2022 un articolo sul Daily Beast. Il titolo è eloquente: "Ho imparato a mie spese quanto sia barbara l'assistenza sanitaria americana". Sgombriamo subito il campo da un equivoco. Nulla può giustificare un agguato come quello di mercoledì mattina a Midtown Manhattan, per di più compiuto contro un uomo disarmato colpito alle spalle. Sembra ovvio, ma forse non lo è, considerata la valanga di meme e commenti cinici che ha travolto la rete a partire da quando è stata resa nota l'identità della vittima. Anche liquidare questa reazione scomposta come la solita, sguaiata canea quotidianamente in scena sui social, tuttavia, sarebbe miope. "Sono piuttosto sconcertato dalla reazione del pubblico online", ha detto il direttore di Health Care Blog Matthew Holt al Washington Post, “ma non è del tutto sorprendente visto il modo in cui vengono visti gli assicuratori sanitari". Ecco, appunto: come vengono viste le assicurazioni in America? Nel 2019 KFF, un think tank no-profit impegnato nel settore sanitario, ha commissionato un sondaggio secondo il quale sei statunitensi adulti su dieci hanno avuto qualche tipo di problema con la loro assicurazione nei dodici mesi precedenti. In genere si era trattato di fatture impreviste o prestazioni negate, come nel caso di Copaken. Dallo stesso sondaggio, tuttavia, emerge un altro dato rilevante: il numero di chi nutre sfiducia nel sistema sanitario americano è superiore a quello di chi si ritiene insoddisfatto della propria polizza assicurativa. Il meccanismo generale suscita rabbia e frustrazione più di quanto non facciano le singole compagnie, alcune delle quali, evidentemente, funzionano meglio di altre. Gli americani, e in particolare quelli più fragili, sono obbligati a muoversi tra gli ingranaggi di un meccanismo fatto apposta per mettere le esigenze del business davanti a quelle dei cittadini. "Gli americani sono stanchi di lottare per sopravvivere", scrive Copaken, "siamo stanchi di sapere che l’assistenza sanitaria è un privilegio e non il diritto umano fondamentale che tutti gli altri paesi ritengono sia. Siamo stanchi di morire perché gli altri possano riempirsi le tasche con la nostra sofferenza". UnitedHealthcare Group, secondo Copaken, è "il peggio del peggio". Sotto indagine per questioni di antitrust, l’anno scorso ha speso quasi sei milioni di dollari in attività di lobbying volte a evitare cambiamenti del sistema sanitario, sistema nel quale, a detta di molti, si trova perfettamente a suo agio. Secondo il New York Times l'anno scorso l'azienda, che ha circa 140.000 dipendenti, ha registrato oltre 16 miliardi di profitti. Nel 2019 STAT, una testata giornalistica americana dedicata ai temi della sanità, ha scoperto che UnitedHealtcare Group interrompeva i pagamenti delle spese di convalescenza in base al calcolo di un algoritmo, anche se questo calcolo era in contrasto con le raccomandazioni dei medici. La compagnia nega, sostenendo che le risposte dell'algoritmo vengono utilizzate solo come indicazioni non vincolanti, ma dipendenti protetti da anonimato hanno raccontato a STAT che per loro ignorare queste indicazioni può voler dire incorrere in sanzioni disciplinari. L'inchiesta ha portato all'avvio di una class action. All'inizio del 2024 un'indagine avviata in Senato ha concluso che tre delle principali compagnie assicurative americane, tra cui la UnitedHealthcare, negavano scientemente i rimborsi per le cure post-ospedaliere con l'intenzione di aumentare i profitti. La compagnia di Thompson rifiutava questo tipo di prestazioni tre volte più frequentemente di quanto non facesse con altri servizi. Secondo il New York Times il tasso di diniego per la "post-acute care" è passato dal 10,9% del 2020 al 22,7% del 2022. Gruppi di difesa dei cittadini hanno documentato l’utilizzo da parte delle aziende di una tattica conosciuta come “autorizzazione preventiva”, cioè la richiesta insistente e ripetuta rivolta ai medici di ulteriore documentazione che giustifichi trattamenti e prescrizioni. Altre tattiche suonano talmente stonate fin dall’inizio che le compagnie sono costrette a fare marcia indietro prima ancora di riuscire ad applicarle. Recentemente la Anthem Blue Cross Blue Shield ha dovuto rinunciare all’ipotesi di coprire le spese per le anestesie solo entro certi limiti di tempo. Se il principio fosse stato applicato, un paziente che fosse rimasto vittima di complicazioni nel corso di un intervento avrebbe corso il rischio di vedersi fatturare, una volta che si fosse svegliato, le spese per i minuti di anestesia eccedenti il limite prefissato. La compagnia liquida la polemica come frutto di disinformazione, ma la spiegazione fornita non è particolarmente chiarificatoria: “L’aggiornamento proposto alla policy è stato concepito esclusivamente per chiarire l’adeguatezza dell’anestesia in linea con le linee guida cliniche consolidate”. Ora che il sangue di Brian Thompson è stato versato su un marciapiede di Midtown Manhattan, e che in Minnesota ci sono due orfani in più, la parola più citata sui social è “karma”, e suona agghiacciante. I dirigenti delle imprese assicuratrici temono per la propria sicurezza, adottano precauzioni e assoldano guardaspalle. Più che altro, però, sentono il bisogno di difendersi da un’ondata di odio che pensano di non meritare. “Le persone nel nostro settore”, ha scritto il presidente Dell’America’s Health Insurance Plans su Linkedin, “sono professionisti dediti a una missione, che lavorano per rendere la copertura e l’assistenza quanto più accessibili possibile” Le compagnie, sembra dire Michael Tuffin, patiscono esse stesse un sistema perverso che non hanno contribuito a mettere in piedi. Calvin Bagley, un imprenditore del settore, è entrato nello specifico parlandone al Washington Post: “il costo dell’assistenza sanitaria è alle stelle e i responsabili di questi aumenti si nascondono dietro persone come Brian Thompson, che ci ha rimesso la vita”. “I’m an ER nurse and the things I’ve seen dying patients get denied for by insurance makes me physically sick.

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