Chi fornisce armi alla Russia?

Nei notiziari e sui giornali sentiamo sempre parlare degli aiuti economici, umanitari e militari inviati dai governi occidentali all’Ucraina. Ma quali sono i Paesi che aiutano il fronte opposto, ovvero la Russia di Putin? I principali supporter del Cremlino sono ben noti: tra di loro ci sono Iran, Corea del Nord, Bielorussia e Cina. Nonostante Russia e Iran non siano formalmente alleati, l’anno scorso i due Paesi hanno firmato un accordo di libero scambio, e a partire dall’inizio della guerra Teheran ha fornito a Mosca centinaia di droni e missili balistici a corto raggio. L’estate scorsa, Russia e Corea del Nord hanno stretto ufficialmente un’alleanza strategica e secondo quanto riportato dal governo ucraino, qualche settimana fa Kim Jong Un avrebbe addirittura iniziato a schierare soldati nordcoreani sul fronte russo-ucraino. La Bielorussia, di fatto uno stato vassallo della Russia, è il suo l’alleato più stretto e fin dall’inizio della guerra le ha fornito supporto logistico e militare. La Cina ha sempre difeso la legittimità dell’invasione russa, adducendo la motivazione che il Cremlino sarebbe stato provocato dall’occidente. I due Paesi l’anno scorso hanno commerciato beni per la cifra record di 240 miliardi di dollari e recentemente un’inchiesta della CNN ha rivelato che il governo di Pechino starebbe fornendo alla Russia un’enorme quantità di cosiddetti beni “a doppio uso”: microprocessori e altri strumenti che possono essere impiegati nella produzione e l’utilizzo di armi. Tuttavia, quantificare gli aiuti economici e militari inviati alla Russia da parte di questi e altri Paesi è un compito arduo, poiché sono pochi i dati ufficiali come quelli pubblicati dai governi occidentali. Oltretutto, come abbiamo visto, il supporto può assumere diverse forme: dall’invio diretto di armamenti al prestito di denaro, agli accordi commerciali. C’è una statistica, tuttavia, che può aiutare a comprendere in maniera chiara – anche se parziale – quali siano i Paesi che esportano direttamente in Russia. Questa riguarda i cosiddetti “beni ad alta priorità”, ovvero quei beni di produzione occidentale che Stati Uniti, Regno Unito, Unione Europea e Giappone hanno identificato come cruciali per la Russia e la sua industria militare. Secondo il Financial Times, il principale fornitore di questi beni è la Cina, che nel luglio 2024 ne ha esportati in Russia un volume del valore di 377 milioni di dollari. A fine 2023 ne esportava quasi il doppio, ma con l’espansione delle sanzioni americane il volume è gradualmente diminuito. Le esportazioni dell’India – che ufficialmente non è un alleato della Russia, ma la supporta per ragioni geopolitiche – sono salite dai circa 30 milioni di dollari di fine 2023 a quasi 100 milioni di dollari in luglio. La Turchia di Erdogan, un membro della NATO, ha provato fin dall’inizio del conflitto a giocare il ruolo di principale mediatore tra Russia, Ucraina e i rispettivi alleati, mantenendo un atteggiamento cauto nei confronti di Putin e fungendo da bypass per le sanzioni occidentali. Questo comportamento a tratti ambiguo aveva portato le esportazioni turche di beni ad alta priorità a subire un'impennata all'indomani dell'invasione russa, passando da circa 3 milioni di dollari al mese all'inizio della guerra a un picco di circa 38 milioni di dollari nel dicembre 2022. Ma secondo un’inchiesta del Financial Times, sotto le pressioni di Washington la Turchia avrebbe recentemente vietato l’esportazione verso la Russia di questi beni, che in agosto sono diminuite fino a 4,1 milioni di dollari. Tra gli altri Paesi, a luglio 2024 il Kazakistan ha esportato in Russia quasi 18 milioni di dollari in beni ad alta priorità, la Malesia quasi 14 e la Thailandia 4.