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Elezioni in India, al voto una democrazia malata?

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Jacopo Arbarello

Jacopo Arbarello

La madre di tutte le democrazie, come l’ha definita il premier Modi, sembrerebbe in cattiva salute. Almeno stando alle accuse delle opposizioni, che danno la colpa proprio al primo ministro e al suo partito

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Le elezioni parlamentari indiane del 2024 per il rinnovo della Lok Sabha, spalmate su sei settimane, 44 giorni, le più lunghe dal 1951-52, sono e saranno il più grande esercizio nella storia della democrazia elettorale. Quasi 1 miliardo di persone sono chiamate a votare. Eppure, per la prima volta, queste elezioni saranno attentamente monitorate dalla comunità internazionale per vigilare che siano fair and free, giuste e oneste. I dubbi sono molti e sono tutti legati al partito al potere dal 2014, il BJP (Bharatiya Janata Party), il partito conservatore, fautore di una politica nazionalista religiosa e della difesa dell’identità induista. E’ il partito di Narendra Modi, primo ministro plenipotenziario, che si candida per ottenere un terzo mandato consecutivo che lo renderebbe il premier più longevo subito dopo Jawaharlal Nehru, padre della patria ed eroe dell’indipendenza. Tutti i sondaggi danno Modi per grande favorito. Anche perché le opposizioni non sono riuscite a mettersi d’accordo e presentare un candidato unitario. E perché il BJP ha occupato quasi tutto lo spazio politico e mediatico a disposizione.

Foto di Jacopo Arbarello

Il nazionalismo indu

Fin dal suo arrivo al governo, Narendra Modi ha attaccato la tradizione indiana di una democrazia secolare, cercando di imporre l’ideologia del nazionalismo indu, l’Hindutva, propugnata dal suo partito a anche dall’Rss (Rashtriya Swayamsevak Sangh), l’organizzazione paramilitare  di destra fondata negli anni 20 per rafforzare la comunità Hindu e promuovere la supremazia Hindu, spesso accusata di intolleranza verso le minoranze e di attività anti musulmane. Un suo membro fu anche responsabile dell’assassinio del mahatma Ghandi, ragion per cui l’organizzazione fu anche bannata dalla società per un anno. Adesso gode di ottima salute. 

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Il tempio di Rama ad Ayodhya

L’inaugurazione del tempio di Rama a Ayodhya, in Uttar Pradesh, sulle ceneri di una moschea del XVI secolo rasa al suolo dagli integralisti Hindu nel 1992, è stata l’apogeo della politica Hindu first di Modi, presente alla cerimonia trasmessa in diretta Tv con cui il premier a gennaio ha di fatto iniziato la sua campagna elòettorale per le elezioni parlamentari. Con la costruzione del tempio Modi ha compiuto una vecchia promessa fatta al suo elettorato. Per l’opposizione tutto questo compromette invece la laicità dello stato. Ma anche dire la propria opinione non è più così semplice in India.

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La stretta su opposizioni e libertà di stampa

Soprattutto a partire dalla seconda vittoria elettorale del 2019 il governo Modi ha imposto una decisa stretta alle critiche, alle opposizioni e in parte anche alla libertà di stampa. Innanzitutto cercando di accentrare quanto più possibile i grandi media nelle mani di pochi investitori, favorevoli al governo. Ad esempio NDTV, una volta voce dell’opposizione, è stata acquistata dal magnate Adani, ed è diventata favorevole al governo. In generale l’India negli anni di Modi è precipitata nell’indice di libertà di stampa, e nel 2023 era al 161esimo posto sui 180 paesi analizzati dal World Press Freedom Index.

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Il documentario vietato

Altra pietra dello scandalo che ha fatto gridare all’attacco alla libertà di stampa è stato il divieto di pubblicazione in India di un documentario della BBC che investigava sul ruolo avuto da Modi durante le violenze del 2022 in Gujarat, regione di cui è stato governatore dal 2000 al 2014. Nell’occasione morirono oltre 1.000 persone, quasi tutti musulmani, e diverse inchieste hanno coinvolto l’attuale primo ministro, accusato di complicità con i pogrom o quantomeno di non averli voluti impedire. Una accusa in base alla quale il Dipartimento di Stato americano ha vietato a Modi di visitare il paese per quasi un decennio.

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L’arresto di un leader dell’opposizione

Più in generale, le voci critiche del governo, che si tratti di think tank, partiti politici o media indipendenti, vengono attaccati per motivi legali o finanziari, cercando di metterli a tacere. E’ il caso di uno dei più importanti leader dell’opposizione, il governatore dello stato di Delhi, Arvind Kejriwal, leader del partito AAC, incarcerato a poche settimane dalle elezioni per un presunto scandalo legato alla vendita di alcol. Il suo arresto ha indotto i partiti dell’opposizione a organizzare una grande manifestazione di protesta che non è servita a impedire il prolungamento della detenzione di Kejriwal.

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I fondi bloccati all’Indian national congress

Ma anche il principale partito di opposizione, l’Indian national congress, ha fatto sapere che i suoi conti bancari sono stati bloccati per settimane per una disputa sulle tasse. Rahul Ghandi, la figura preminente del partito, ha spiegato come il partito non abbia così potuto pagare le pubblicità per la campagna elettorale e neanche gli stipendi e i viaggi a chi lavorava per le elezioni. Lo stesso Ghandi lo scorso hanno ha dovuto subire una condanna a due anni di carcere per diffamazione, da molti vista come una condanna “politica”. Per il partito di Modi questi arresti e queste misure non hanno motivazioni politiche ma sono il risultato della campagna contro la corruzione del premier. L’opposizione ribatte che praticamente nessun membro di alto livello del BJP e nessun alleato di Modi è stato finora arrestato. Stando ad alcuni report, dal 2014 il 90% dei casi aperti contro leader politici sono stati contro quelli che appartenevano ai partiti di opposizione.

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Il predominio del BJP, il più grande partito del mondo

Da quando è salito al potere, predicando il modello dell’efficienza del mercato, oltre che il nazionalismo indu, il BJP non ha fatto cha allargare i propri consensi e il proprio potere. Attualmente, con oltre 180 milioni di tesserati, si vanta di essere il primo partito al mondo per numero di iscritti. Di certo, dal 2017 al 2023 il partito al governo ha fatto la voce del padrone anche sul fronte dei finanziamenti, accaparrandosene più della metà: 800 milioni di dollari sugli 1.45 miliardi di dollari di fondi ottenuti da tutti i partiti messi insieme. Il 58% di questi fondi viene dai super ricchi, una oligarchia ristretta che in questi anni di governo Modi ha visto aumentare le proprie entrate e il proprio patrimonio.

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Economia in crescita, disuguaglianza anche

La grande carta che il governo Modi può giocarsi è quella delle tante infrastrutture costruite, strade autostrade e aeroporti, ma sopratutto della crescita economica. Dal 2014 al 2022 l’economia del paese è cresciuta del 52%, facendone una delle economie in più rapida espansione del pianeta, e anche per il 2024 la crescita è prevista oltre il 7%. Il problema è che questa crescita non si trasforma in minori diseguaglianze ma in maggiori differenze economiche e sociali tra i più ricchi e i più poveri, che continuano ad essere tantissimi, troppi per una economia in così rapida espansione.

Secondo le opposizioni il governo ha tagliato gli investimenti su sanità e istruzione, ma anche l’accesso all’acqua potabile è rimasto problematico.

In sostanza, mentre in questi anni le disuguaglianze nel paese sono cresciute, le entrate e il patrimonio dell’1% più ricco della popolazione sono al massimo storico e tra le più alte del mondo. Il regno di Modi sembra aver favorito soprattutto i più ricchi.

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