L’Estonia al voto, con il cuore in Europa e la minaccia russa al di là del fiume
MondoIl nostro viaggio in Europa, verso le elezioni di giugno, fa tappa in Estonia
È uno strano destino quello della Generazione Z estone. Sono gli unici nel Paese a non essere mai vissuti sotto l’Unione sovietica, parlano le lingue, viaggiano e si sentono pienamente europei. Ma rischiano di diventare i primi a essere chiamati a combattere nell’ipotesi di un conflitto con la Russia. Ipotesi che, dopo l’invasione dell’Ucraina, qui non è più considerata così remota. Perché l’Estonia è un Paese piccolo, periferico all’interno dell’UE, ha un’importante minoranza russofona (circa il 25% della popolazione) e un confine terrestre con la Russia di oltre 200 chilometri. Se insomma Mosca volesse testare le reali volontà della NATO di attivare l’articolo 5 del Trattato, ripetono preoccupati gli estoni, questo sarebbe il Paese ideale da attaccare per primo. È per tale motivo che le spese militari sono in costante aumento. “È come portarsi dietro l’ombrello anche se non piove – spiega l’ex ministra dell’Interno Katri Raik -. Magari non ti serve, ma se è nuvoloso è meglio averlo”.
Alle spalle una storia dolorosa
L’Estonia è diventata indipendente nel 1918, poi è tornata sotto Mosca nel 1940 fino al 1991, quando – secondo gli estoni – non è avvenuta una seconda indipendenza ma una liberazione dall’occupazione sovietica. Membro dell’Unione europea e della NATO da vent’anni, il Paese ha alle spalle una storia dolorosa, con circa il 10% della popolazione deportato in Russia. Un passato che ancora spacca le comunità dove la presenza russofona è maggiore. Il caso limite è Narva, il Comune che prende il nome dal fiume che segna il confine dell’Estonia, dell’UE e della NATO con la Russia di Putin. La nuova cortina di ferro, insomma. Prima della guerra in Ucraina i contatti con Ivangorod, dall’altra parte del fiume, erano continui, quasi un modello di convivenza. Oggi il confine si può attraversare solo a piedi e solo con il passaporto russo. A Narva il 95% della popolazione è russofona, anche se in maggioranza con cittadinanza europea. Ma la vera spaccatura è generazionale. I giovani sono europeisti, gli anziani guardano la tv di Mosca e sentono la nostalgia dell’URSS. Ormai nelle famiglie nonni e nipoti litigano di continuo o hanno smesso di rivolgersi la parola.
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Il Paese si arma
Nel frattempo il Paese si arma. Nel 2021, prima dell’invasione dell’Ucraina, le spese militari erano il 2,2% del PIL estone, comunque ben al di sopra dell’obiettivo minimo del 2% chiesto dalla NATO a tutti i suoi membri. Nel 2024 la cifra è aumentata fino al 3,2% e si ragiona su come incrementarla ulteriormente. “Osserviamo con preoccupazione che la Russia riesce a combattere in Ucraina e contemporaneamente potenziare il suo arsenale, ormai produce più armi dell’Europa”, spiega la sottosegretaria alla Difesa Susan Lillevali. I servizi segreti estoni ritengono che Mosca si stia preparando per una guerra con la NATO nei prossimi decenni e intenda nel frattempo raddoppiare il numero delle truppe lungo il confine con i baltici. Ma Tallinn rischia di finire nel mirino anche di una guerra ibrida. Nel 2007, in risposta alla rimozione di alcune statue dedicate ai soldati sovietici, l’Estonia subì uno dei peggiori cyberattacchi della storia che paralizzò il Paese. Per questo la NATO decise di installare qui il Centro di eccellenza per la cooperazione nella cyberdifesa (CCDCOE) e ora la capacità di respingere gli attacchi informatici, ancora all’ordine del giorno, è stata potenziata così tanto che la quasi totalità fallisce. Si stima che l’80% di essi provenga direttamente dalla Russia.