Google, licenziati 28 dipendenti per proteste contro l'accordo con Israele

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Martedì 16 aprile a New York e in California si erano svolte alcune manifestazioni contro il progetto Nimbus. Lo stesso giorno 9 dipendenti erano stati arrestati

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Manifestano, e vengono licenziati. È successo a 28 dipendenti di Google che, martedì 16 aprile, avevano protestato con un sit-in in due uffici dell’azienda statunitense. La decisione è arrivata dopo che, nello stesso giorno delle proteste, 9 tra i manifestanti erano stati arrestati. A generare la reazione dei lavoratori è stato il coinvolgimento di Google nel Progetto Nimbus: il governo israeliano ha pagato 1,2 miliardi di dollari all’impresa statunitense e ad Amazon per poter utilizzare dei servizi legati al cloud computing. Secondo il Time l’accordo servirebbe al ministero della difesa di Israele.

Le proteste

Durante i sit-in, come riporta il The Verge, martedì pomeriggio i dipendenti del campus di Sunnyvale (California) hanno occupato l'ufficio del CEO di Google Cloud Thomas Kurian, mentre i lavoratori di New York hanno protestato nell'area comune del decimo piano dell'ufficio del quartiere Chelsea. Come racconta sempre The Verge, intorno alle 21:45 di martedì, quasi otto ore dopo l'inizio della protesta, un gruppo di agenti di polizia e un uomo che sembra lavorare presso Google si sono avvicinati ai quattro lavoratori rimasti nell'ufficio di New York e hanno chiesto loro di uscire dall'edificio: “Vi chiediamo di uscire di nuovo per l'ultima volta” avrebbe detto l'uomo dopo averli informati che erano messi in congedo amministrativo e che il loro accesso all'edificio era stato revocato. Dopo il rifiuto di allontanarsi da parte dei dipendenti, la polizia li ha arrestati. Il mese scorso, sempre per lo stesso motivo delle proteste, Google aveva licenziato un altro lavoratore.

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La posizione di Google

Come riporta The Verge, Chris Rackow, responsabile della sicurezza globale di Google, in una nota inviata via mail a tutti i dipendenti dell’azienda ha affermato che “comportamenti come questo non hanno posto nel nostro posto di lavoro e non lo tollereremo”. Rackow ha infine avvertito che l’azienda intraprenderà ulteriori azioni se necessario.

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