In Iran continuano le proteste delle donne contro il regime

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Rolla Scolari

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A oltre un anno dallo scoppio delle proteste nate dalla morte di Mahsa Amini, le autorità si muovono verso una legge ancora più rigorosa sull’uso del velo

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In Iran, le donne che non indossano il velo rischiano di non avere accesso al posto di lavoro, a scuola, all'ospedale. Le leggi iraniane figlie della Rivoluzione islamica del 1979 dell’ayatollah Ruhollah Khomeini penalizzano inoltre le donne sull'eredità, la custodia dei figli in caso di divorzio, e l'età legale – estremamente bassa - del matrimonio. Per richiedere il passaporto, le iraniane devono avere l’assenso di un tutore maschio, non è consentito loro di intraprendere la carriera di magistrato, tra le altre professioni, o di diventare presidente della Repubblica. Non è permesso loro neppure di andare in bicicletta, di ballare o cantare in pubblico.

La potente protesta iraniana nata nel settembre dello scorso anno dopo la morte di Masha Amini, però, continua oggi a destabilizzare il regime proprio attraverso gli strumenti della musica, del canto, del ballo e la attraverso la sfida sempre più sfacciata – online e per le strade del Paese - di una nuova generazione di donne e uomini che riconoscono come la via per la democrazia passi inequivocabilmente attraverso la piena libertà della donna.

La lotta delle donne iraniane

È passato oltre un anno da quando la giovane Mahsa Amini è morta dopo essere stata arrestata a settembre 2022 dalla famigerata polizia morale della Repubblica islamica per non aver indossato il velo nella maniera corretta, lasciando sfuggire qualche ciocca di cappelli con un gesto di ribellione comune a moltissime ragazze nel Paese. Da quei giorni di dissenso, innescati dalla notizia del suo decesso, le donne iraniane non hanno mai smesso di lottare contro violenza e discriminazioni. Per mesi, le proteste al grido di Donna Vita Libertà hanno attraversato l’Iran intero, contagiato province remote, unito diverse classi sociali o comunità etniche e religiose in un’opposizione unica e compatta contro le élite politiche, il clero al potere, guardiano della severa visione religiosa e ultra-conservatrice della società. Nelle manifestazioni di quei giorni, donne di ogni generazione e classe sociale hanno bruciato i veli che sono costrette a indossare, hanno tagliato ciocche dei loro capelli, in un gesto diventato simbolo della loro rabbia, adottato ovunque nel mondo durante i cortei a sostegno alla loro causa.

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Verso una legge ancora più rigida

Se in quei giorni di ribellione e repressione, in cui oltre 20mila persone sono state arrestate e 500 uccise, la polizia morale sembrava aver abbandonato le strade, oggi i temuti agenti sono tornati nelle città. Le autorità iraniane contrastano ora la protesta, mai scomparsa, pensando a una legge contro chi non indossa il velo ancora più rigida rispetto alla presente. Il Parlamento ha approvato un disegno di legge: fino a dieci anni di carcere e multe ancora più elevate per chi non rispetta le rigorose norme. Manca ancora l’approvazione del Consiglio dei Guardiani prima che la proposta diventi legge. Nel frattempo, però, sono ormai troppe le donne, soprattutto nella capitale, a sfidare apertamente il regime e uscire di casa ogni giorno senza coprire il capo.

FILED - 17 August 2022, Iran, Teheran: Journalists Nilufar Hamedi (l) and Elaheh Mohammadi (r). The women were among the first to report on the death of Amini, a Kurdish woman, which sparked a massive wave of protest in Iran. They were arrested and branded enemies of the state. Now the trials are to begin. (to dpa-Korr "Female journalists as enemies of the state - Iran's judiciary indicts") Photo: Mehrdad Aladin/dpa (Photo by Mehrdad Aladin/picture alliance via Getty Images)

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