Svezia, donarono sperma a ricerca: ora scoprono di essere padri

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La denuncia è stata possibile grazie ai test del Dna effettuati dal team investigativo della Tv pubblica del Paese su individui che avevano prestato servizio militare e persone nate da inseminazione artificiale

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Sono diventati padri senza saperlo. È quanto accaduto ad alcuni militari di leva svedesi che, tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, donarono lo sperma per sostenere la ricerca scientifica. In cambio ricevettero un compenso di 50 corone, equivalente a due giornate di lavoro. Oggi, tra i 17 uomini che parteciparono al programma di ricerca tre hanno scoperto di essere diventati padri a loro insaputa, con donne che non hanno mai incontrato e senza aver dato il loro consenso. La sorprendente rivelazione è emersa da un documentario investigativo trasmesso dalla televisione di servizio pubblico svedese, Svt. 

Dichiarazioni delle persone coinvolte

"Lo trovo abbastanza sconvolgente. Non so come reagire", ha dichiarato un ex militare che ha preferito rimanere anonimo. "Pensavamo fosse solo per la ricerca scientifica sulla fertilità. Se avessi saputo che il mio sperma sarebbe stato utilizzato in modo diverso, non avrei mai dato il mio consenso", ha aggiunto. Anche Jan Lundblad era stato coinvolto a sua insaputa nello stesso esperimento e, pur non avendo avuto figli, è rimasto molto amareggiato: "Sembra quasi che ci abbiano trattato come animali da allevamento. Ci hanno sfruttato".

Test del Dna

La scoperta dell'esperimento, condotto presso l'ospedale universitario di Uppsala, è stata possibile grazie ai test del Dna effettuati dal team investigativo di Svt su individui che avevano prestato servizio militare e su persone nate da inseminazione artificiale. Una delle donne nate dall'esperimento ha detto di essere felice di aver scoperto di avere due mezze sorelle della stessa età, ma allo stesso tempo ha espresso le sue preoccupazioni: "In pratica, hanno rubato il loro sperma, e questo non è giusto", ha dichiarato. Anna Karin Vikstrom, direttrice attuale della ricerca presso l'ospedale universitario di Uppsala, ha sottolineato il suo sdegno per gli esperimenti fatti 50 anni fa: "Ci sentiamo moralmente responsabili di questa situazione" ha dichiarato ad Svt.

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